Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama non ha messo piede in Cina durante il suo tour dell΄Asia-Pacifico, ma i suoi pensieri più critici sono sempre rivolti a Pechino. Dal vertice dell΄Apec alle Hawaii ha apertamente accusato i cinesi di un apprezzamento troppo lento dello yuan avvertendo che la pazienza sta per finire: «Quando è troppo, è troppo», ha detto di fronte al suo omologo Hu Jintao. E da ultimo il rafforzamento dell΄alleanza militare con l΄Australia, uno dei principali fornitori di materie prime della Cina, ha provocato crescenti tensioni con i vertici del Partito comunista che si catalizzano in questi giorni a Bali (Indonesia), dove gli Stati Uniti prenderanno parte per la prima volta all΄East Asia Summit.
Obama intende mettere sul tavolo la questione del Mar Cinese Meridionale, acque ricche di idrocarburi e contese in primis tra Cina, Vietnam, Filippine, Malaysia e Taiwan, un problema strategico di cui Linkiesta si è occupata diversa volte. Nei giorni precedenti il Global Times, un quotidiano governativo cinese, aveva avvertito sull΄intento di Stati Uniti e Filippine di “mettere le mani” sulle risorse cinesi nell΄area. E il vice ministro degli Esteri Liu Zhenmin si è detto “speranzoso” che le dispute territoriali non saranno tema di dibattito, visto che non sono nell΄agenda di un forum solitamente economico.
«Non so quanto questo vertice possa gestire le dispute nel Mar Cinese Meridionale – spiega a Linkiesta Suisheng Zhao, Executive Director del centro “China-US Cooperation” di Denver (Co.) in un΄intervista telefonica prima dell΄inizio degli incontri – perché anche la Cina è membro del gruppo, e si è opposta fortemente all΄uso di un approccio multilaterale per redimere la questione. Inoltre non so quanti altri paesi siano favorevoli a questo approccio perché solo quattro di essi sono coinvolti nelle dispute territoriali con la Cina. Non tutti hanno questo “conflitto” aperto con i Cinesi».
Il segretario di Stato Hilary Clinton aveva preparato il terreno con cura. In visita a Manila, nelle Filippine, ha rassicurato il suo omologo filippino, Albert del Rosario, sull΄intenzione di fornire sostegno alle difese navali del paese asiatico siglando una dichiarazione di intenti a bordo della nave da guerra Uss Fitzgerald ancorata nel porto di Manila Bay. Ad avere creato maggiore sconcerto tra gli invitati all΄East Asia Summit è però l΄annunciato accordo stretto dagli Usa nelle stesse ore con il premier australiano Julia Gillard: dall΄anno prossimo un contingente di Marines sarà di stanza a Darwin (nord Australia) per arrivare a 2.500 uomini nel 2016. Inoltre gli Stati Uniti intensificheranno la propria presenza militare nella base di Tindall dispiegando bombardieri, caccia, carri armati e aerei spia. Per poi utilizzare la base navale nei pressi di Perth (Sterling Naval Base) come approdo per navi e sottomarini.«Siamo qui per restare, questa è una regione di importanza strategica per noi», ha detto Obama. «Probabilmente non è appropriato intensificare ed espandere le proprie alleanze militari, e non sarebbe nell΄interesse dei paesi di questa regione», ha risposto Liu Weimin, un portavoce del ministero degli Esteri cinese.
Per capire perché gli Stati Uniti abbiano concentrato i loro sforzi nel Pacifico bisogna guardare ai piani del Pentagono che prevedono un graduale spostamento verso il concetto strategico di battaglia aerea e navale e al documento “American΄s Pacific Century” stilato un anno fa dalla Clinton e foriero di polemiche, senza dimenticare che il budget per la Difesa si sta significativamente riducendo (450 miliardi di dollari in dieci anni). «Il messaggio è molto chiaro – spiega Axel Berkofsky, ricercatore dell΄Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) – gli Stati Uniti rimangono nella regione e la crisi economica non avrà un impatto sul ruolo americano».
L΄offensiva diplomatica statunitense di questo novembre è stata insomma combattuta su più fronti. Si assiste a un ri-posizionamento americano che non a caso comincia dall΄Australia dal momento che Washington già conta sulle allenze con Giappone e Corea del Sud nel Mar Cinese Orientale. E la Cina si sente assediata. «Da una prospettiva cinese sembra una strategia per circondare la Cina passando per i paesi dell΄Asia-Pacifico – spiega a Linkiesta Suisheng Zhao –. La Cina è costantemente all΄erta. Ma credo anche che per gli Stati Uniti sia importante mantenere la capacità di contenere le velleità di espansione cinesi perché la Cina ha un grande potenziale da sviluppare».