Sovraffollamento, carenza di personale, programmi di rieducazione senza fondi, suicidi e morti sospette. Il nuovo Guardasigilli Paola Severino eredita un sistema carcerario vicino al collasso, causato sia dalle mancate riforme che da un enorme spreco di risorse. Oltre alle spaventose condizioni in cui vivono i detenuti, infatti, c’è il paradosso dei fondi stanziati per costruire nuove strutture nonostante le decine di carceri inutilizzate sparse per la penisola.
La legge di stabilità, ultimo atto dell’esecutivo Berlusconi, prevede la dismissione del 20% di questi penitenziari fantasma, insieme a caserme e altri immobili dello Stato. La Severino ha già detto che le carceri sono in cima alle sue priorità; resta da vedere se aprirà quelle abbandonate, facendo risparmiare milioni di euro sulla costruzione di nuovi istituti.
Il Piano Carceri Berlusconi-Alfano
Se Mastella aveva fatto ricorso a un molto discusso indulto, il governo Berlusconi ha invece puntato tutto sull’edilizia, affidando al capo del DAP (dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria) Franco Ionta un portafoglio da 661 milioni di euro e una delega in bianco per realizzare 9.150 nuovi posti letto entro il 2012. I superpoteri da Commissario Straordinario –deroghe a ogni norma vigente su gare d’appalto, procedure di affidamento ed espropri per pubblica utilità – sono valsi a Ionta il soprannome di “Bertolaso delle Carceri” ma sono serviti a poco altro: in meno di due anni il DAP ha speso quasi un milione di euro in consulenze senza però arrivare alla posa di una sola “prima pietra”.
Non solo: la corsa ai futuri cantieri sta togliendo ossigeno al resto dell’apparato carcerario. Secondo i dati del Sappe (il principale sindacato della polizia penitenziaria) per finanziare la costruzione delle nuove carceri all’inizio del 2011 sono stati prelevati settanta milioni di euro dai capitoli ordinari del bilancio del DAP, quelli necessari, per esempio, ai normali lavori di manutenzione. Altri 100 milioni sono stati prelevati a settembre del 2010 dalla Cassa delle Ammende, l’ente che finanzia i programmi di rieducazioni dei detenuti attraverso le sanzioni pecuniarie dei processi.
Otto in nove metri quadrati
Nelle carceri, intanto, la misura è più che colma: a fronte di una capienza regolamentare di 45.572 posti, al 31 ottobre (ultimo dato del DAP disponibile) i detenuti erano 67.510. Di questi, quattordicimila non sono ancora stati condannati, ma aspettano dietro le sbarre la sentenza di primo grado. Gli stranieri sono 24.458 -molti condannati per il reato di clandestinità – e circa ventimila i tossicodipendenti.
Cifre in parte già note, che parlano meglio se guardate da vicino: nel carcere di Livorno otto persone dividono una cella di nove metri quadrati. In quello di Genova un detenuto ha sporto denuncia al magistrato di sorveglianza perché la cella da quattro posti dove è rinchiuso ospita da sei a nove persone. A Rebibbia lo spazio è così poco che si fanno i turni per scendere dai letti a castello.
Quanto ai programmi di rieducazione, poi, da qualche mese non ci sono più i fondi per retribuire il lavoro dei detenuti, né quelli destinati agli sgravi fiscali per le aziende e le cooperative che li impiegano.
Solo nel 2011 i suicidi dietro le sbarre sono stati 59 (l’ultimo pochi giorni fa, nel carcere bolognese della Dozza) e le morti per altre cause 109. Rientrano in questa cifra anche due casi su cui sono aperte le indagini: quello di Cristian De Cupis, 36enne di Roma morto nel reparto penitenziario dell’ospedale di Viterbo dopo aver denunciato un pestaggio, e quello di Marcel Vitiziu, rumeno di 30 anni, morto quarantotto ore dopo il suo ingresso nel carcere di Messina.
Carenza di personale
Un ulteriore indizio – se necessario – della tensione e del disagio del sistema carcerario viene dal fatto che si suicidano anche le guardie: cinque nel 2010, sette nel 2011.
Negli ultimi anni, mentre il numero dei detenuti aumentava, quello degli agenti penitenziari è andato diminuendo per la mancata sostituzione di chi andava in pensione, lasciando in alcuni casi un solo agente a sorvegliare fino a 150 detenuti. Gli straordinari sono quasi la regola ma vengono pagati a distanza di molti mesi, non ci sono soldi per la benzina e in più di un caso sono state cancellate udienze processuali perché mancava il personale per accompagnare l’imputato.
Il Sappe denuncia una carenza di organico di almeno 7.500 unità, ma il Piano Carceri targato Alfano (oltre a ridurre da 12 a sei mesi il corso di addestramento) prevedeva l’assunzione di soltanto duemila agenti. Un mero palliativo, considerato che i pensionamenti sono quasi 800 l’anno e che il concorso è stato poi effettivamente bandito solo per 600 posti.
I nuovi penitenziari non potrebbero aprire
Un corto circuito che rende inutile continuare a costruire: “anche se fossero progettati e realizzati a tempo di record,” spiega il segretario del Sappe Donato Capece, “i nuovi penitenziari non potrebbero aprire”.
Del resto, non sarebbe la prima volta. Strutture come quelle di Rieti e Ancona sono parzialmente chiuse per mancanza di personale, e secondo la Corte dei Conti tra il 2005 e il 2010 lo Stato ha speso 262 milioni di euro per costruire otto carceri che non sono ancora operative, progettate secondo criteri a dir poco inconsueti. In Sardegna, dove i detenuti “in eccesso” sono appena una ventina, i cantieri aperti sono quattro. E gli appalti ad assegnazione diretta hanno fatto la fortuna di imprenditori indagati per corruzione nell’inchiesta sul G8 della Maddalena.
Il G8 delle carceri
Secondo l’Ufficio Studi della Camera, lo Stato ha già pagato 48 milioni di euro alla Anemone Costruzioni S.r.l. per il carcere di Sassari, dove i lavori vanno avanti dal 2007. La gara d’appalto è stata segretata, e nonostante le decine di interrogazioni parlamentari (il penitenziario sardo compare nella famosa lista Anemone, quella della casa di Scajola) né Berlusconi né Alfano hanno fornito spiegazioni.
Stessa storia a Cagliari, dove ad aggiudicarsi l’appalto è stato il Gruppo Gariazzo, che alla Maddalena costruì i depuratori: cantiere aperto dal 2006 per una spesa di 65 milioni di euro.
Lavori in corso anche a Tempio Pausania, dove ha vinto Valerio Carducci, altro nome comparso nell’inchiesta sulla “cricca”. Due anni di ritardo sulla tabella di marcia, 48 milioni di euro già spesi. E poi Oristano, ancora in corso d’opera dopo 4 anni e 43 milioni di euro. Altri 117 milioni sono stati spesi per i cantieri di Savona (aperto nel 2004, fine lavori prevista nel 2014), Rovigo (2014), Forlì (2014) e Reggio Calabria. Neanche per la struttura reggina si è svolta una gara. Dopo quattordici anni di lavori la Pizzarotti ha abbandonato il cantiere quando mancava soltanto la strada di accesso, e a nulla sono serviti 14 ordini di servizio. Il carcere è ora l’ennesima cattedrale nel deserto, con un sagrestano piuttosto costoso: per il servizio di guardiania si spendono 125.000 euro l’anno. Uno spreco che diventa ancora più incomprensibile se, come ha fatto la Corte dei Conti, si dà uno sguardo alle strutture inutilizzate. Già nel luglio 2010 la magistratura contabile ne ha chiesto un accurato censimento, bacchettando l’Amministrazione penitenziaria per aver chiuso troppo frettolosamente alcune case mandamentali di proprietà dei Comuni “senza tener conto degli effetti negativi della perdita di tanti posti detentivi”.
“È bello qua, tutto nuovo!”
Ad oggi non si ha notizia di questo documento. L’appello delle carceri abbandonate è stato fatto dai Radicali Italiani, che lo hanno trasformato in un’interrogazione parlamentare all’ex ministro Palma.
Nessuno però ha ancora spiegato perché si chiudano carceri modello come quello di Spinazzola: decoroso e tutt’altro che affollato, era stato costruito per 100 detenuti ma ne ospitava solo 40. C’erano efficaci programmi di riabilitazione e una bassa percentuale di recidività, ma per Alfano era “antieconomico”. Difficile pensare che costruirne uno ex novo a Bari, a soli 60 km, sia più conveniente.
Ci sono le strutture di Squillace e Mileto, ristrutturate e poi chiuse, di Cropani, trasformata in deposito per la raccolta differenziata, o di Minervino Murge, Bovino, Orsara e Busachi, mai nemmeno aperte.
Il carcere di Ancona invece, vanta un record di inaugurazioni. Quattro tagli di nastro e solo trentasei detenuti: i lavori per arrivare alla capienza prevista di 300 posti sono bloccati da anni.
Due inaugurazioni e altrettanti pernottamenti al penitenziario di Gela: progettato nel 1959, costruito in venticinque anni al costo di cinque milioni di euro, ospita soltanto due guardie. Centrotrenta chilometri più a ovest, a Sciacca, se ne progetta un altro.
Arredati e inutilizzati invece sono quelli di Castelnuovo della Daunia e di Pescia, vicino Pistoia, che qualche anno fa ha fatto da set per le riprese di un film, “L’aria salata”. Il protagonista è un detenuto trasferito da un carcere sardo: appena arrivato a Pescia si dà un’occhiata intorno e poi si rivolge al poliziotto che lo accompagna: “Ammazza è bello qua, tutto nuovo!”