Bossi-Maroni, chi è il capo della Lega? Primo round, il nuovo capogruppo

Bossi-Maroni, chi è il capo della Lega? Primo round, il nuovo capogruppo

Rompicapo Marco Reguzzoni nella Lega Nord di Umberto Bossi. Cerchio magico e barbari sognanti se le danno di santa ragione sul destino del nuovo capogruppo a Montecitorio. E la battaglia non è delle più semplici, anche perché quello che deciderà il Senatùr sarà la cartina di tornasole sul peso specifico delle forze interne del Carroccio.

Certo Roberto Maroni sembra in vantaggio. I suoi fedelissimi – ma non è la prima volta – ormai considerano la partita già vinta. Due giorni fa a Varese, durante la Maroni night, l’ex ministro dell’Interno ha chiesto la testa di Reguzzoni, invitando il Capo a «cacciare chi lo vuole cacciare». Ma tra le urla dei 2mila militanti accorsi al teatro varesino che urlavano «Reguzzoni fuori dai coglioni», Bossi ha fatto quasi finta di non sentire, limitandosi a spiegare che «chi parla troppo, parla anche male». Si riferiva proprio a Reguzzoni o forse a Giancarlo Giorgetti, con cui il Capo ha avuto un battibecco sulla vicenda dei soldi per i pullman che arriveranno domenica alla manifestazione di Milano?

La sensazione in via Bellerio è che possa cambiare tutto come niente. Anche perché è dall’estate del 2011 che il Senatùr va promettendo ai suoi di far diventare capogruppo il bergamasco Giacomo Stucchi. Non è mai successo. Stucchi non ha mai fatto richieste, ma alle sue spalle in tanti hanno iniziato a scalpitare. E in queste ore concitate per il gruppo leghista a Montecitorio i nomi che circolano tra i deputati sono i più disparati. C’è Nicola Molteni, comasco, che ebbe con Reguzzoni uno screzio in ottobre. All’ipotesi della sua candidatura si sarebbe opposto direttamente il capogruppo in un recente incontro con il Senatùr. Per bruciare Molteni – le cui quotazioni sembrano in crescita – Reguzzoni avrebbe coinvolto anche il presidente della provincia di Como Leonardo Carioni (il cui intervento avrebbe fatto surriscaldare la base maroniana del territorio). E poi c’è Daniele Molgora, presidente della provincia di Brescia e fidato di Bossi. Sulla sua candidatura pesa però la doppia «cadrega», che in tempi di casta potrebbe non essere cosa gradita alla pancia padana.

In sostanza, tra gli stessi maroniani, o barbari sognanti che dir si voglia, non sono tutti sicuri che alla fine il leghista di Busto Arsizio perda il suo posto. Il sogno, per Maroni & co, è che sullo scranno più alto dei deputati leghisti possa finirci uno come il pavese Gianni Fava o meglio ancora l’emiliano Gianluca Pini. In tanti apprezzano per la preparazione anche Paolo Grimoldi, segretario nazionale dei Giovani Padani. Tutti e tre, però, nelle ultime settimane si sono esposti parecchio. Forse troppo. E sono in molti a pensare che una loro nomina alla guida del gruppo rischierebbe di spaccare definitivamente il partito. Insomma, il puzzle è in continuo stravolgimento. Solo su una cosa si dà per certa in via Bellerio: il capogruppo non sarà un veneto. A vicentini, veronesi e padovani, Bossi ha sempre preferito i lombardi. E i veneti dal canto loro hanno sempre sostenuto che il Carroccio non è «altro che il ventilatore di via Bellerio». Senza considerare che veneto è il capogruppo al Senato Federico Bricolo. E difficilmente i vertici leghisti sarebbero disposti a nominare un “doppione” a Montecitorio.

Intanto come puntello per far cadere Reguzzoni, tra le fila maronite si prova a sfruttare la mozione contro il ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera. «È stata una iniziativa del capogruppo che io considero sbagliata nel merito, non perché l’ha fatta lui, ma perché otterrà l’effetto opposto», ha detto proprio Bobo di passaggio a Milano, spiegando di averne parlato a Varese con Bossi «che non ne sapeva assolutamente nulla». Ma Reguzzoni ha replicato a stretto giro di posta: «Se non si discuterà la mozione contro il ministro dello Sviluppo, a ridere sarà Passera ed il nostro nemico che è il governo Monti».

Insomma botte da orbi, con la manifestazione di domenica in piazza Duomo e un consiglio federale straordinario dove – assicurano i leghisti – «volerà più di un coltello». Tanto che tra gli esponenti del cerchio magico circola un messaggio per il corteo anti Monti. Questo il testo. «Loro avranno Maroni, ma noi abbiamo le palle. Se fan casino in piazza, il congresso glielo facciamo fare al Niguarda». Il clima in vista dei congressi, se mai ci saranno, non è dei migliori. Bossi avrebbe in mente di spostarli a dopo l’estate, dopo le amministrative, in modo da capire quanto conta ancora la Lega Nord e quanto conta lo stesso Maroni. Perché se per la Lega sarà un bagno di sangue elettorale, dopo le bordate maroniane, il cerchio magico avrà terreno facile a scaricare la colpa solo su Bobo.  

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