MADRID – Tra le misure più discusse appena approvate in Spagna dal governo Rajoy, al primo posto c’è l’aumento dell’Irpef fino a 7 punti percentuali. L’aumento è progressivo e va dallo 0,75% (da 24% ai 24,75%) in più per i redditi inferiori ai 17mila 700 euro annui ad un massimo di 7% in più per i redditi dai 300mila euro in su (da 45% a 52% di prelievo sul reddito). L’accoglienza negativa ha addirittura costretto il capo del governo, insediatosi da un mese e finora mai comparso in alcuna conferenza stampa, ad uscire allo scoperto e a rilasciare un’intervista a riguardo all’agenzia nazionale Efe nella quale ha difeso «come necessaria» la misura più impopolare della prima manovra economica del suo governo.
A fare scalpore, più ancora dell’aumento dell’imposta, è l’esenzione dalla nuova tassa per i cittadini non residenti in Spagna, nei primi sei anni di lavoro nel paese iberico. A proteggerli dai rincari è la “legge Beckham”, approvata nel 2004 dal precedente governo di José Maria Aznar, pensata per attrarre i professionisti stranieri altamente qualificati sul mercato del lavoro spagnolo e che prevede che nei primi sei anni in Spagna i lavoratori non residenti paghino la percentuale minima di Irpef (24,75%), allo stesso livello dei redditi minimi inferiori ai 17mila euro anni. Ma, come dice il nome stesso, il primo ad usufruirne fu proprio il calciatore inglese David Beckham e le luci oggi si accendono sul suo successore, Cristiano Ronaldo, la cui Irpef aumenterebbe solo dello 0,75%.
Le intenzioni di Aznar quando approvò la legge per i lavoratori stranieri erano altre e la situazione economica spagnola nel 2004 di tutt’altro tenore. Il paese iberico si avviava ad una crescita senza precedenti, da lì a poco il tasso di occupazione sarebbe salito alle stelle (a fine 2004 il tasso di disoccupazione è del 10,74% per passare all’8,03% dell’ultimo trimestre 2007 e risalire all’11,33% a fine 2008) e la Spagna avrebbe superato anche l’Italia in termini di crescita percentuale del Pil. Lo stesso non si può dire oggi che Rajoy nell’intervista appena rilasciata è costretto a difende la sua scelta di aumentare l’Irpef per mancanza di alternative alla difficile situazione di deficit in cui imperversa la Spagna.
Ma la notizia dell’esenzione degli stranieri dagli aumenti dell’Irpef lascia perplessi gli spagnoli forse perché decisa a poche ore dalla pubblicazione degli ultimi dati della Commissione Europea sulla disoccupazione: i disoccupati in Spagna si sono quintuplicati dall’inizio della crisi nel 2008 e sono circa il 40% della popolazione attiva. Il dato più preoccupante è però il tasso di disoccupazione a lungo termine: l’8,6%, il terzo più alto d’Europa, superato solo dalla Slovacchia e dalla Lettonia e il doppio della media comunitaria. E le previsioni per il 2012 parlano della distruzione di altri posti di lavoro. Motivo? Anche l’abbandono del Paese da parte proprio dei lavoratori immigrati, si legge nel rapporto, cioè di parte di coloro che la legge Beckham voleva agevolare.
L’uscita dal mondo del lavoro spagnolo degli stranieri era un fattore già emerso dagli ultimi dati di novembre, secondo cui l’iscrizione alla previdenza sociale in Spagna da parte degli immigrati ha segnato un calo del 4,21% rispetto all’anno precedente. L’unica regione autonoma che invece ha visto un incremento di affiliati stranieri è la comunità di Madrid, dove oltretutto e contro qualsiasi dettame del governo centrale, la governatrice del Partito Popolare Esperanza Aguirre ora sarebbe intenzionata a non aumentare l’Irpef, non nelle addizionali regionali.
Ad oggi, insomma, dell’epoca Aznar e soprattutto della Spagna pre-crisi sembra restare solo la “legge Beckham”, e mentre i cittadini iberici, anche quelli ricchi dovranno fare i conti con un Irpef del 52% per i redditi superiori ai 300mila euro, la percentuale più alta dall’inizio della democrazia, i calciatori come Cristiano Ronaldo o Kaká, presi a bersaglio dalla stampa, pagheranno solo uno 0,75% in più di tasse sul reddito, la stessa percentuale che toccherà i redditi non superiori ai 17mila 702 euro annuali.
La Beckham insomma doveva essere una legge “per stranieri” i cui effetti aveva tentato di modificare il governo socialista di Zapatero, modificando il cosiddetto “regime dei non residenti” e limitando la possibilità di lavorare in Spagna e pagare le tasse come non residenti solo per i contribuenti con un salario inferiore ai 600mila euro annuali. Ma la misura socialista non aveva carattere retroattivo, il che significa che tutti coloro che sono arrivati in Spagna prima del 2010 possono usufruire del “regime speciale”.
C’è da dire però che la legge tanto discussa potrebbe anche avere come effetto quello di attrarre lavoratori specializzati sul mercato del lavoro spagnolo, vista la crisi globale e gli aumenti sulle imposte del lavoro messi in atto contemporaneamente in altri paesi europei.