Oggi è “Il giorno dell’oscurità, il “mercoledì nero”: il 19 gennaio Wikipedia (solo quella in inglese, ma con 3,8 milioni di articoli) resta chiusa per almeno 24 ore, a partire dalle cinque del mattino. Al posto delle pagine ricercate appare un avviso che spiega i motivi della serrata: protesta contro il Sopa, cioè lo “Stop Online Piracy Act”, una proposta di legge proveniente dai Repubblicani che sarà sottoposta al Congresso Usa e votata il 24 gennaio. Il disegno prevede, nella sua sostanza, un rinforzo dei poteri di chi detiene i diritti d’autore, tanto da poter bloccare tutti i siti accusati di ospitare contenuti illegali. La protesta vale anche nelle altre lingue, solo che, dopo la lettura dell’avviso, l’utente può accedere alla lettura degli articoli.
Jimmy Wales, il fondatore dell’enciclopedia online, chiede una «sollevazione collettiva» contro una legge che, se passasse, sarebbe un «pericolo per la libertà di espressione e creerebbe un precedente preoccupante per la censura su internet nel mondo». Insieme a lui, aderiscono anche Reddit, un sito di suggerimenti per contenuti generati dagli utenti, il sito di tecnologia Boing Boing e il network Cheezburger. Anche nella rete il sostegno a Wikipedia è alto, solo gli studenti sono preccupati. Lo stesso Wales, in un tweet ironico, li ha avvisati ieri: «Ricordatevi di fare presto i vostri compiti».
Ma i segnali arrivano da tutte le parti: Google, ad esempio, ha “censurato” il suo logo, oscurandolo, ma ha tenuto attivo il suo servizio.
La questione, quindi, è seria. Linkiesta se ne era già occupata, sottolineando che, in questo caso, quello che emerge in superficie è una guerra tra lobby: da un lato l’industria musicale e cinematografica, danneggiata dalla pirateria online, dall’altro i nuovi media, che hanno cambiato il modo di utilizzare i contenuti artistici, come Google, Youtube, Facebook e Wikipedia. Ma anche Twitter, eBay, Yahoo, Flickr. Il Sopa, discusso al Congresso è solo una delle sfide, e gli Stati Uniti solo un campo di battaglia. E se da un lato le industrie tentano la via legale, gli oppositori rispondono (sperando in un sostegno della Casa Bianca) lanciando una campagna fatta di lettere e annunci sui giornali. Tra questi, New York Times, Washington Post, Wall Street Journal. E di tutti questi, a celebrare il “giorno dell’oscurità”, il capofila è Wikipedia.
La decisione di Wales non piace, com’è ovvio, ai repubblicani. Il suo creatore, Lamar Smith, ha risposto alla protesta: «È ironico che un sito pensato per dare informazioni stia, invece, fornendo disinformazione per quanto riguarda lo Stop Online Piracy Act», perché «la legge non danneggerà Wikipedia, i blog personali o i siti di social network. Questa trovata pubblicitaria è un disservizio per gli utenti, e promuove paura. E non fatti». Si augura che, durante il blackout, «gli utenti di Internet possano guardare da altre parti per capire bene cosa è il fenomeno della pirateria informatica».
E ieri, anche Dick Costolo, direttore generale di Twitter, aveva generato una leggera spaccatura nel fronte. In un tweet (ovvio) ha definito “folle” l’ipotesi di chiudere un business globale per un problema locale. Per chiarire, poi, che il riferimento era ai motivi per cui non voleva spegnere Twitter. Il sostegno a Wikipedia, ha aggiunto, è forte. Una gaffe? Forse sì, ama di fronte alla rettifica, anche Jimmy Wales lo aiuta a uscire. In questo momento per loro è necessario essere uniti. E anche in futuro.