No ai soldi di Mister Eternit Stephan Schmidheiny: alla fine il Comune di Casale Monferrato ha deciso di rifiutare il risarcimento proposto dal manager svizzero dell’azienda. Schmidheiny, imputato a Torino con il magnate belga Louis De Cartier per disastro doloso e omissione volontaria di cautele antinfortunistiche in merito alla gestione degli stabilimenti Eternit, aveva proposto a diversi comuni coinvolti un risarcimento da 18 milioni di euro per poi ottenere l’uscita dei comuni dalle parti civili del processo e la rinuncia a ulteriori cause future contro l’azienda.
La proposta è arrivata in consiglio comunale a Casale Monferrato lo scorso dicembre e la maggioranza di centrodestra guidata dal sindaco Giorgio Demezzi aveva dato parere positivo. 19 voti favorevoli e 11 contrari che fecero montare la protesta dei cittadini di Casale che dall’inizio del processo avevano invece visto il comune sempre al loro fianco tra le parti civili.
Una decisione che sollevò le perplessità dei casalesi e aprì in città un dibattito dai toni piuttosto accesi. Inizialmente la scelta sull’accordo sembrava irreversibile e lo stesso sindaco Demezzi ne ha più volto tessuto le lodi sul sito del comune e nelle dichiarazioni rilasciate. «Accettare la transazione – scriveva Demezzi in una nota apparsa sul sito del comune immediatamente dopo la delibera che dava parere positivo all’accordo con Schmidheiny – non vuol dire far saltare il processo o perdonare». Per il sindaco di Casale significa «ottenere adesso il risarcimento, anziché aspettare la fine del processo che potrebbe richiedere molti anni». Il denaro, garantisce Demezzi, «sarà investito nella bonifica e nella ricerca».
L’adesione alla ormai nota, almeno a Casale, “proposta Schmidheiny” sembrava irreversibile, e il comitato vertenza amianto metteva inoltre in evidenza i rischi derivanti da quella decisione, che avrebbe di fatto indebolito la posizione a livello giudiziario, ma anche economico. Bruno Pesce, responsabile del Comitato Vertenza Amianto, dichiarava che «la scelta di non intraprendere future azioni legali ci darà meno forza per richiedere risarcimenti, bonifiche e così via, anche perché stiamo seguendo altri casi analoghi e i processi non finiranno qui». Secondo Pesce, dando il via libera a questo accordo si stavano «fornendo oggettivamente delle attenuanti alla Eternit, una cosa quindi ingiustificabile per chi ha dovuto piangere dei morti».
Alla vicenda si è immediatamente interessato anche il Ministro della Sanità, Renato Balduzzi, anch’egli piemontese, che con una telefonata immediatamente successiva al disco verde del comune aveva chiesto allo stesso sindaco di riconsiderare il sì al risarcimento di Schmidheiny. Balduzzi si era fatto a vedere a Casale Monferrato per un incontro il primo giorno dell’anno con cui convocava il tavolo tecnico che si è tenuto pochi giorni fa a Roma.
L’intervento del ministro ha aggiunto forza alle perplessità dei cittadini di Casale e la giunta Demezzi ha fatto un passo indietro proprio poche ore fa, anche sull’onda del rifiuto di altri piccoli comuni piemontesi: il Comune, a dieci giorni dalla sentenza del processo che vede imputati i vertici di Eternit, ha quindi rifiutato l’offerta del manager svizzero dell’azienda e rimarrà tra le parti civili. «L’amministrazione comunale – spiega una nota – ha deciso di rifiutare la proposta presentata dalla Becon A.G. (qui il testo integrale) per conto di Schmidheiny e di proseguire lungo il percorso delineato a livello istituzionale con il ministro della Salute, Renato Balduzzi, e con il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, nel corso dell’incontro tenutosi a Roma lo scorso 26 gennaio».
Proprio al tavolo tecnico di Roma il comune di Casale ha presentato un piano di bonifica da 47 milioni di euro, che il ministero dell’ambiente valuterà prossimamente. Intanto dal governo sono già arrivati fondi immediati per 9 milioni. «L’impegno sottoscritto oggi – commentava Demezzi a margine dell’incontro di Roma – apre una nuova fase per Casale e fissa azioni destinate sia a rimuovere l’amianto ancora presente sul territorio di Casale, e tutt’ora causa di inquinamento ambientale, sia a progredire nella ricerca, nella prevenzione e nella terapia del mesotelioma».
Dagli incontri di Roma a oggi. Questa mattina la Giunta di Casale Monferrato ha messo la parola fine alla transazione Schmidheney dopo una riunione durata circa due ore. “Ora andiamo avanti con lo Stato al nostro fianco”, titola il comunicato stampa rilasciato dal comune. Dall’accettazione incondizionata della transazione al rifiuto fermo in poco meno di un mese. A Casale qualcuno fa notare la scarsa coerenza della Giunta «che adesso scrive anche siamo coerenti con noi stessi e con i cittadini che rappresentiamo». Ovviamente il rifiuto è stato accolto con favore dalla cittadinanza che però riconosce «l’apertura di una frattura insanabile con la Giunta e il sindaco dopo questo tira e molla».
Quindi, almeno formalmente, cittadinanza e comune andranno insieme alla sentenza del processo prevista a Torino il prossimo 13 di febbraio. Per i due imputati il pool di pm guidato da Raffaelle Guariniello ha chiesto due condanne a vent’anni. «Nella mia carriera di pubblico ministero – dichiarò lo scorso novembre lo stesso Guariniello al termine della requisitoria – non avevo mai chiesto condanne tanto elevate. Questa volta l’ho fatto per l’intensità dell’elemento soggettivo e per il prolungamento del comportamento degli imputati nel tempo». La procura di Torino ha inoltre richiesto per i due imputati tre pene accessorie: l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, l’incapacità di trattare con la Pubblica Amministrazione per tre anni e l’interdizione temporanea dalla direzione di imprese per dieci anni.
Dopo il no all’offerta Schmidheiny, è ovviamente soddisfatto Bruno Pesce, responsabile del Comitato Vertenza Amianto, che a Linkiesta, con un occhio già all’udienza del 13 febbraio dichiara «siamo ottimisti. I nostri legali e i periti hanno dimostrato e documentato in aula il dolo permanente e continuato nel tempo da parte degli imputati. Imputati – precisa Pesce – che da quanto emerso anche al processo si sono avvalsi di veri e propri sistemi di dossieraggio e diciamo anche di spionaggio (attività di spionaggio e disinformazione nei confronti della procura e delle attività dei Comitati della vertenza Amianto sono tra le carte raccolte dai pm, nda) per continuare a difendere e a raccontare menzogne riguardo la tossicità della fibra di amianto e alle scarse o inesistenti misure di sicurezza di Eternit S.p.A.».
Una sentenza che probabilmente, visti i tempi per i tre gradi di giudizio, se gli imputati dovessero venire condannati non sconteranno visto che De Cartier è 90enne e Scmidheiny 66enne, ma che potrebbe creare un precedente applicabile a livello mondiale viste le cause che in altre parti del mondo si stanno cercando di avviare proprio nei confronti dell’azienda regina dell’amianto. Dall’inizio del processo infatti gli occhi di tanti giornali e tv straniere sono puntati proprio su quello che accade nelle stanze del tribunale di Torino riguardo a quello che è stato, e sarà, uno dei processi ambientali più importanti della storia.