È morto Giuliano Zuccoli, tre giorni fa le dimissioni da A2a

È morto Giuliano Zuccoli, tre giorni fa le dimissioni da A2a

A pochi giorni dalle dimissioni dalla presidenza del consiglio di gestione di A2a e di Edison, si è spento Giuliano Zuccoli. Soffriva da tempo per una malattia. Il manager valtellinese ha guidato Aem Milano dal 1997 e poi il gruppo A2a, nato nel 2008 dalla fusione fra la storica azienda elettrica milanese e l’Asm Brescia. L’8 febbraio si era dimesso da tutti gli incarichi adducendo come motivazione l’esistenza di «importanti motivi personali». Si era detto «amareggiato per gli attacchi subiti negli ultimi mesi» ma guardava «con orgoglio» alla crescita dell’azienda, quotata alla Borsa di Milano. È rimasto al lavoro finché ha potuto per seguire fino all’ultimo l’operazione che separa Edison da Edipower: la prima ai francesi di Edf, la seconda alla holding Delmi, di cui A2a è il primo azionista.

L’uscita di scena di Zuccoli è destinata ad anticipare il cambiamento della governance e degli equilibri politici in A2a, che è oggi controllata pariteticamente dal Comune di Milano e da quello di Brescia. Fino al prossimo aprile, quando sarà approvato il bilancio 2011, sembra che non ci saranno stravolgimenti nel management, ma un interim guidato da un amministratore interno all’utility lombarda. Intanto, comunica una nota societaria, i poteri gestionali saranno attribuiti ai due direttori generali Renato Ravanelli e Paolo Rossetti. Una fonte interna, leggendo la lettera di dimissioni di Zuccoli, ha commentato all’Ansa: «È una lettera orgogliosa», aggiungendo: «abbiamo contattato gli azionisti per capire cosa pensano, ma spetterà comunque a Milano dare un’indicazione sul successore». 

Spesso in contrasto con il numero uno del consiglio di Sorveglianza, Graziano Tarantini, il manager valtellinese nei mesi scorsi ha curato in prima persona il delicato passaggio in mani transalpine di Edison, seconda società elettrica in Italia dopo Enel. È sulla base del cosiddetto “Lodo Zuccoli”, cioè la costituzione di una cordata italiana per rilevare l’intera Edipower – elaborato con l’advisor Banca Imi – che alla fine è stata trovata una quadra soddisfacente sia per la società transalpina guidata da Henri Proglio che per i soci italiani riuniti nella holding Delmi (A2a, Iren, Dolomiti Energia, Sel, Mediobanca, Bpm, Fondazione Crt). Una soluzione che non aveva mai convinto il neoassessore al Bilancio del Comune di Milano, Bruno Tabacci. Il quale oggi sta puntando con forza, insieme al sindaco di Torino, Piero Fassino, ad un’integrazione con la torinese Iren, e poi con Hera, per creare la superutility del Nord Italia.

Un’ipotesi che, allo stato attuale, non è nulla più che un semplice desiderata di Fassino e Tabacci. Alcune fonti del Comune di Torino confermano a Linkiesta che in consiglio comunale non sia mai stata presentata una proposta in questo senso. È infatti prematuro, fanno sapere dal capoluogo piemontese, parlare di sinergie con A2a quando è ancora in fieri il processo di fusione in un’unica holding di tutte le partecipate. 

Proprio i vertici di Iren, secondo azionista di Edipower dopo A2a con il 25%, avevano puntato i piedi per contare di più in termini di governance su dismissioni, investimenti e piano industriale, ottenendo da A2a il potere di veto su investimenti superiori a 200 milioni di euro. Un altro motivo di profonda divisione riguarda la cosiddetta tolling fee, cioè l’obolo pagato a Edipower per prelevare energia da rivendere sulla rete nazionale

Ancora nebulosa, invece, la strategia di A2a sul gas, che acquisterà da Edipower via Edison, con la quale, nell’ambito del passaggio in mani francesi, ha siglato un accordo per la fornitura “a prezzi di mercato” per i prossimi sei anni. Un prezzo dal quale dipenderanno i margini dell’utility lombarda, e di conseguenza i dividendi da erogare ai Comuni. Un business che i consiglieri comunali leghisti di Brescia, azionista di A2a al 27,5%, vogliono abbandonare attraverso uno spin off in cui conferire le attività più remunerative, legate al teleriscaldamento, ai servizi ambientali e ai servizi regolati – pur rimanendo nel perimetro di A2a – attraverso una subholding chiamata “A2a Industries”.

«Un’esigenza che nasce dai mancati dividendi per il Comune, che sarà costretto a ridurre i servizi essenziali erogati al territorio», spiega a Linkiesta uno dei firmatari della mozione presentata lo scorso 30 gennaio, Nicola Gallizioli, che prosegue: «Brescia ha vocazione industriale, Milano finanziaria. A noi andrebbero i servizi industriali, a loro la vendita di energia». Una mossa che, dicono, abbia irritato non poco il sindaco in quota Pdl Adriano Paroli, sempre più legato al progetto di Tabacci. Anche se Gallizioli afferma: «Dal Pdl non abbiamo avuto nessuna reazione, mentre il Pd presenterà una contro mozione». L’idea è quella di arrivare all’assemblea del prossimo aprile, quando sarà rinnovata la governance, con un indirizzo preciso da parte della municipalità bresciana. Secondo gli accordi con Palazzo Marino, infatti, la gestione toccherebbe a Brescia. 

Questa primavera, infatti, si dovranno misurare i pesi delle varie correnti politiche sul territorio, dopo la vittoria del centrosinistra nel comune di Milano. E soprattutto dopo i venti di spaccatura tra Pdl e Lega Nord, con Umberto Bossi e Silvio Berlusconi che non saranno alleati alle prossime elezioni amministrative. Nel mezzo, in questo grande risiko politico economico, potrebbe persino rientrare il nuovo consiglio di amministrazione della società Expo 2015 Spa, che gestisce la macchina organizzativa dell’evento che coinvolgerà tra tre anni il capoluogo lombardo: anche questo va in scadenza alla fine di aprile. Del resto, il consiglio di gestione di A2a è espressione della precedente giunta di centrodestra Letizia Moratti, in accordo anche con la varie componenti pidielline, tra cui quella del governatore lombardo Roberto Formigoni e persino quella dell’ex ministro della Difesa Ignazio La Russa.

Nel consiglio di gestione spicca appunto la presidenza di Tarantini, già numero uno della Compagnia delle Opere di Brescia, braccio economico di Comunione e Liberazione. Oppure c’è Francesco Randazzo, di Paternò, stesso paese dei  Ligresti e dei La Russa, fratello di Salvatore che è vicepresidente in Ferrovie Nord Milano. C’è anche Giuseppe Sala, direttore generale di Expo 2015 Spa, professionista stimato sia dal centrosinistra sia del centrodestra. Delicato il ruolo nel consiglio di sorveglianza di Bruno Caparini, bossiano di ferro e proprietario dell’Hotel Mirella di Ponte di Legno, dove spesso il Senatùr andava d’estate.

In sostanza, l’uscita di Zuccoli precede solo una partita a scacchi su cui la politica lombarda dovrà confrontarsi sin dalle prossime settimane. E il punto sarà fatto alla fine di aprile, a pochi giorni dalle elezioni comunali e provinciali. Non è detto che quindi tra Lega e Pdl possano crearsi nuove spaccature, dovute soprattutto al ridimensionamento della quota di Palazzo Marino.

(pubblicato l’8 febbraio, ultimo aggiornamento l’11 febbraio)

mozioneLegaA2a30gen2012

Twitter: @antoniovanuzzo @aroldering 
 

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