Come sapete la manovra d’estate del governo Berlusconi ha introdotto una serie di benefici fiscali per gli investimenti in venture capital che però è stata sin da subito fortemente criticata per la sua sostanziale inapplicabilità.
A tale problema non sembra per il momento avervi rimediato il governo Monti, poiché il disegno di conversione del “Decreto-Legge Liberalizzazioni” del 24 gennaio 2012, ripropone nuovamente la norma a sostegno del venture capital, ma con le stesse problematiche della manovra estiva di Tremonti.
Purtroppo infatti, anche la nuova norma reintrodotta nel testo del decreto liberalizzazioni, attualmente in corso di esame in commissione, reintroduce i meccanismi di defiscalizzazione per gli investimenti in fondi di venture capital ma, sciaguratamente, limita tali incentivi ai soli “fondi comuni di investimento armonizzati UE”.
Tale norma pertanto rischia così scritta di restare lettera morta perché i fondi di venture capital sono per definizione non armonizzati UCITS in quanto sono fondi chiusi che non hanno liquidità né valorizzazione giornaliera per loro stessa natura. Circostanza nota al legislatore anche europeo peraltro, visto che i fondi comuni armonizzati non possono investire più del 10% dell’attivo in strumenti finanziari non quotati.
Tutto cambia niente cambia insomma: questa scarsa attenzione verso il settore del venture capital si traduce in una occasione perduta per stimolare la crescita di cui abbiamo tanto bisogno. È assodato come il venture capital contribuisca considerevolmente all’accelerazione della crescita di ogni economia: il venture capital investe in innovazione, e l’innovazione porta crescita e sviluppo. Se la si disincentiva, si rischia di penalizzare la crescita e continuare a impiegare i capitali a sostegno di settori comunque senza futuro. Da tempo altri paesi Ue e extra Ue lo hanno compreso e hanno adottato misure concrete tese a favorirne lo sviluppo. Purtroppo invece l’Italia è tra gli ultimi paesi al mondo per investimenti in venture capital in rapporto al Pil, e nessuna delle misure ad oggi adottate pare suscettibile di modificare tale situazione.
Un incidente questa norma dunque, che viene reiterato anche da questo governo.Non mancando però in questo esecutivo ne le conoscenze di macroeconomia ne la sensibilità a temi legati alla crescita, non ci si può che augurare che si tratti di una svista e che questa venga prontamente corretta.
*General Partner del fondo 360 Capital Partners