Nei graffiti delle città portoghesi la paura per un futuro “greco”

Nei graffiti delle città portoghesi la paura per un futuro “greco”

LISBONA – Le storie della crisi dipinte sui muri e l’isola delle idee di Lisbona. In Portogallo temono di diventare una nuova Grecia e in questo momento il paese rischia una seconda bancarotta. Una società sospesa, con un terzo di giovani disoccupati e il governo che invita a cercare lavoro nelle ex colonie. La capitale portoghese però registra anche un altro fenomeno: arrivano giovani europei per lavorare, dall’Italia come dalla Finlandia. E nelle vecchie fabbriche, sotto il ponte della rivoluzione del 25 aprile, viene sperimentato un laboratorio anti-crisi di creativi.

Per le strade di Lisbona si possono leggere le scritte lasciate dalle persone che lanciano messaggi come «Non aspettare che cada dal cielo», «Pane», «Qui potrebbe viverci della gente», «La felicità di domani non compensa la tristezza di oggi», «Inspira» e «Lisbona resiste». L’insieme dei graffiti diventa un mosaico che dipinge il ritratto di una capitale, travolta dalla crisi economica, con un futuro sospeso. Le cronache delle proteste lasciate sui muri, si possono seguire attraverso i sentieri digitali della Dj delle storie di Lisbona.«Un giorno farò dipingere tutto» era scritto su un muro di colore rosa in Rua da Rosa nel Bairro Alto. È stata la frase che ha segnato Laura Ramos, 27 anni, fotoreporter, giornalista freelance e Dj. Da quel giorno la reporter, ha iniziato un progetto senza fine: la raccolta della street art di Lisbona con uno smartphone. I muri di Lisbona le raccontano delle storie. Lei le fotografa e poi le mette in rete nel suo blog «O que diz Lisboa?». Storie che parlano sempre di più negli ultimi due anni di crisi economica, della disoccupazione, delle paure e delle denunce della gente. «Non è solo una questione di manifestazioni spontanee. Sono proteste, dichiarazioni di odio e d’amore, un libro di storia, ironia e umorismo. Rivoluzioni. Molto di quello che dicono le persone è scritto sui muri di Lisbona», racconta Laura Ramos.

L’archivio digitale della giornalista, è diventato una continua fotografia dell’evoluzione della situazione sociale e economica portoghese. Nelle superfici urbane più diverse della città di Lisbona compongono le loro opere gli artisti più conosciuti d’Europa. Lo street artist portoghese Vhils, Alexander Farto, compone i murales con microcariche esplosive che usa per ritrarre volti e per scrivere messaggi chiari come «Love», che restano scolpiti sull’intonaco. Lo street artist di Lisbona, Dalaiama, disegna packman con il cilindro che si mangia monete da un euro, con le sue opere vuole ricordare a ciascun passante la condizione di austerità in cui sono costretti a vivere i portoghesi. L’autore Goo, attraverso gli stencil che ritraggono persone senza volto, ricorda di reagire a forza di idee, di «non aspettare che cada dal cielo», di «non restare immobili». Un murales grande come un intero palazzo, nel quartiere di Saldanha, è impossibile non notarlo arrivando dall’aeroporto verso il centro di Lisbona. L’opera diventata un simbolo di protesta è di Blu, l’artista e attivista italiano, che ha dipinto un intero edificio con l’immagine di un giovane manifestante.

Un altro sciopero generale, di cui stanno discutendo le organizzazioni sindacali, è stato programmato per il prossimo 22 marzo. Le manifestazioni in Portogallo coinvolgono sempre più cittadini, dai giovani disoccupati ai pensionati, a intere famiglie assieme ai figli. In 300mila hanno protestato contro l’austerità in Praça do Comercio a Lisbona, sabato 11 febbraio, per l’aumentare della disoccupazione, i maggiori tagli al salario minimo imposti dal governo, l’impennata delle tasse sui prodotti di prima necessità e le riduzioni di stipendio per i lavoratori statali. «I tempi che si prospettano all’orizzonte, segnati da un rigore estremo, devono assolutamente far riflettere il governo. Ieri nelle strade della capitale non ci sono stati disordini o violenze. Ma non è affatto detto che sarà così anche in futuro. L’esempio della Grecia non deve e non può essere ignorato» scriveva nell’editoriale Diario De Noticias. La manifestazione ha preceduto di quattro giorni l’arrivo degli emissari della troika (Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale) che sono arrivati a Lisbona il 15 febbraio, per la terza valutazione delle riforme necessarie al piano di aiuti da 78 miliardi di euro stanziato nel maggio del 2011. È dal giudizio dei commissari che dipende l’erogazione della tranche da 14,9 miliardi (40 sono già stati versati). «Il Portogallo non è la Grecia. Ma non è detto che tutti la pensino così. In Europa si fa strada l’idea che il Portogallo non sarà in condizione di tornare sui mercati nel 2013» scriveva nell’editoriale Expresso il giorno seguente alle proteste per l’austerità.

Il Portogallo in questo momento rischia un secondo default. Per il paese, se non rispetta gli accordi, potrebbe essere necessaria un’altra ristrutturazione del debito. Uno scenario che sarebbe tragico per la popolazione, preso in considerazione dagli investitori, dovuto al tasso dei prestiti a breve termine diventato superiore a quello a lungo termine, che a sua volta ha subito una forte impennata.

Le persone, con le misure di austerità, ricorrono sempre di più a prestiti per pagare l’affitto, le rate dell’automobile e le bollette. In base agli ultimi dati diffusi giovedì 16 febbraio dall’Ine, l’istituto nazionale di statistica portoghese, il tasso di disoccupazione in Portogallo è aumentato fino al 14 per cento. Nel paese ci sono 771mila disoccupati, se si includono quelli che stanno cercando lavoro per la prima volta, si supera il milione. Inoltre il tasso di disoccupati di sesso maschile (13,9 per cento) sta raggiungendo quelle delle donne (14,1 per cento) licenziate nei posti di lavoro più degli uomini.

La disoccupazione a lunga durata è passata al 7,4 per cento, significa che 407 mila persone sono disoccupate da più di un anno. La disoccupazione giovanile registra il dato più drammatico: ha superato la quota del 30 per cento in sei mesi. In particolare, tra ottobre e dicembre, i giovani fino ai 24 anni senza lavoro sono arrivati a quota 35,4 per cento. In questo contesto è lo stesso governo portoghese che consiglia ai disoccupati di emigrare e cercare lavoro nelle ex colonie come Angola, Mozambico e Brasile. I dati parlano chiaro sono stati 156 i portoghesi, nel 2007, che hanno chiesto un visto per l’Angola. Nel 2010 il numero è salito in maniera esponenziale fino a più di 23 mila richieste. Perché, per esempio, un ingegnere che non raggiunge i mille euro al mese in Portogallo può arrivare a guadagnare quattro volte tanto in Angola, dove sono ricercati professionisti, tecnici, docenti e operai specializzati. L’Angola è paese con una economia in forte crescita, le cui aziende hanno comprato buona parte del debito portoghese e in cui il governo sta pensando di inserire delle quote per l’immigrazione europea, come spiega l’analisi pubblicata da Linkiesta.

C’è da registrare anche un altro fenomeno in controtendenza, di una migrazione alternativa, che riguarda disoccupati e lavoratori che hanno come meta Lisbona. Sono soprattuto i giovani europei, con una laurea o un alto livello di formazione e esperienza, che scelgono di vivere in una capitale in piena crisi economica.

Come racconta la storia di Ilaria Federici, 32 anni, grafica e web designer, della provincia di Ravenna, che in periodo di disoccupazione dilagante per i portoghesi ha trovato lavoro a Lisbona senza nemmeno conoscere la lingua. Ilaria è dovuta passare da Berlino per arrivare in Portogallo, adesso lavora nella sede della multinazionale francese Teleperformance che ha delocalizzato i call center in Portogallo e Albania, chiudendo alcune linee di produzione in Italia e Spagna. «Dalla fiera per il recruitment di Berlino sono finita a Lisbona – racconta Ilaria Federici – avevo lasciato il curriculum e sono stata contattata lo scorso novembre. Dal primo gennaio vivo a Lisbona, assieme ad altri ragazzi portoghesi, in appartamento messo a disposizione dall’azienda che ci paga anche l’affitto. Lavoro parlando in italiano, rispondo alle chiamate degli utenti che chiamano dall’Italia e hanno bisogno di assistenza per le operazioni online». Ilaria ha un contratto di sei mesi, deve ancora riceve il primo stipendio e spera di arrivare a guadagnare 900 euro. «Ho vissuto per un anno a Malta dopo la laurea, dove ho lavorato in uno studio di grafica – racconta – quando sono tornata in Italia, sono stata costretta a vivere a casa dei miei, era un dramma fatto di lavori part time precari che mi obbligavano a trasferirmi in un capoluogo di provincia. Una sistemazione che in ogni caso non mi sarei potuta permettere».

Il paradosso che sta vivendo Ilaria è che si ritrova a vivere in un paese in profonda crisi, in condizioni economiche più gravi della situazione italiana, eppure dice di «stare meglio e guadagnare come prima, anzi in proporzione di più». «Mi sono dovuta adattare ad un lavoro che non era il mio, in cui sono molto rigidi e fiscali sugli orari, però mi sento una privilegiata. Rispetto alle condizioni in cui mi trovavo in Italia e per la situazione dei lavoratori nel resto del Portogallo, perché qui lo stipendio arriva da azienda multinazionale solida, in più ho affitto e bollette pagate dall’azienda – spiega Ilaria – Spero di prendere novecento euro al mese, soldi che hanno più valore qui perché la vita costa meno, faccio la spesa con quaranta euro a settimana. Nell’aria di Lisbona si respira moltissima incertezza, come in Italia si vive alla giornata, spero non si arrivi ai livelli della Grecia perché altrimenti mi tocca tornare. Preferisco restare qua».

Ilaria Federici sta anche pensando a realizzare un progetto culturale assieme a un collega arrivato da Milano, che consente di mettere in collegamento gli italiani a Lisbona «per fare qualcosa che so fare bene e rientra nel mio campo». Nelle sue giornate intanto, Ilaria, assiste «all’aumento dei prezzi e dei costi dei mezzi pubblici, che riducono le corse» e si allena con la lingua assieme ai suoi amici e colleghi portoghesi, anche loro laureati «che provengono, come me – racconta la grafica italiana – da paesi di provincia fuori dalla città, in cui le situazioni sono più difficili e non si trova lavoro. Una mia coinquilina, avrà la mia età, lavora con me nel call center, era insegnante e laureata in portoghese. Un altro mio compagno di appartamento è un giornalista sportivo, patito del Benfica. Entrambi lavorano rispondendo al telefono in tedesco. Con me vive un altro collega portoghese, che lavora parlando l’olandese. C’è anche una ragazza finlandese, che ha scelto di venire a vivere a Lisbona, perché molte persone dei paesi scandinavi hanno scelto di venire a vivere qui per il clima e studiare la lingua».

Imparare il portoghese a Lisbona, potrà servire poi per trovare lavoro nelle economie in forte crescita come il Brasile e appunto Angola e Mozambico, dove adesso stanno arrivando molti portoghesi disoccupati che non devono scontrarsi con problemi di barriere linguistiche. Ilaria sta vivendo un sogno europeo in Portogallo: «La cosa che ho notato di più in giro per Lisbona – spiega – è la babele di lingue che si sente parlare in giro per la città e il suo carattere multiculturale, lo dico dopo avere vissuto a Malta che è crocevia dei flussi migratori. Sono contenta di vivere a Lisbona, anche per l’aria internazionale e giovane che si respira. Come per le attività che può offrire la città, ad esempio le serate jazz al centro culturale Bacalhoeiro, gestito da giovani e ricavato in un appartamento su due piani. Spero solo di resistere e di non tornare in Italia se non per le ferie».

Le discoteche del porto a Cais do Sodré si chiamano con nomi come «Europa», «Jamaica», «Tokyo», «Oslo»,«Copenhagen». I giovani si incontrano per le strade della capitale del Portogallo, si trovano assieme all’Erasmus corner, un luogo tra rua d’Atalaia e rua Diario De Noticias nel Bairro Alto. I posti più animati del centro sono piazza Camoes, Rua da Bica tra le rotaie del tram e il Miradouro di Santa Catarina da cui si può scorgere il panorama di tutto il porto. I giardini del quartiere di Principe Real dove ragazzi e ragazze, la sera, si ritrovano sopra le fronde di un albero secolare. Lisbona, in riva al fiume Tago, si trova a pochi minuti di treno dalle spiagge sull’oceano, i musei e i centri culturali sono gratuiti la domenica, i mezzi pubblici collegano tutta la città, un caffè costa 65cent e nei ristoranti si può cenare con 10 euro a testa.

C’è un movimento di giovani che non si sentono stranieri in terra portoghese ma dei cittadini europei, si concentrano nell’isola creativa di Lisbona. Un grande spazio industriale condiviso, nel quartiere Alcantara, ricavato nelle vecchie fabbriche, sotto il ponte della rivoluzione del 25 Aprile. L’Lx Factory è uno spazio aperto e un incubatore di tutte le forme di sperimentazione di Lx, la sigla con cui viene chiamata Lisbona. La vitalità massima viene raggiunta durante le giornate dell’open day in cui vengono aperte tutte le attività in contemporanea. Si cena in una tipografia, tra le macchine da stampa, circondati dalle pareti di una libreria. C’è il lounge bar, con al piano superiore un’art gallery, passando per saloni di hair stylist, istallazioni urbane e live painting di graffiti. Per dare una dimensione basta pensare al buco creato su una parete da cui potrebbe essere spinta di sotto un’automobile, che fa parte dell’opera di un’artista portoghese. Le serate permettono di esplorare i più diversi panorami sonori e visuali, con sperimentazioni di musica, dalla classica all’elettronica e proiezioni di video. E’ un intero quartiere di ex fabbriche diventate terra per creativi in cui nascono innovazioni di design e architettura digitale. Negli stessi spazi, viste le dimensioni, si era potuta riunire l’assemblea europea dei movimenti Occupy e Acampada, per affrontare le le azioni di protesta per la crisi economica. Uno degli esempi di come Lx Factory può essere un laboratorio anticrisi è l’ufficio di co-working, in cui un grade salone fornito di computer e attrezzature informatiche, viene messo a disposizione di professionisti freelance, che non si possono permettere un ufficio proprio e in questo modo condividono gli spazi e le spese, oltre che allentare la solitudine che affligge spesso chi lavora da solo a casa. Lavorano assieme architetti, designer, giornalisti, fotografi, illustratori, traduttori e tutti quei professionisti che hanno bisogno di un ufficio quando è più utile, anche di notte. Le storie di austerity con ricette e laboratori anticrisi, spesso arrivano dal Portogallo.

L’ultimo studio Green City Index realizzato da Siemens posiziona la città di Porto in testa alla classifica delle performance energetiche degli edifici residenziali, che consumano il 30 per cento di energia in meno rispetto alla media europea. Con l’operazione Escudos, simile a quella di una commerciante spagnola, un negoziante di Lisbona ha messo una insegna fuori dal suo negozio, i cui avvisava i clienti che «si accettano anche banconote della vecchia valuta nazionale così la gente ha la possibilità di comprare, utilizzando monete che magari aveva in casa per ricordo».

Il Jornal de nogòcios ha pubblicato un articolo in cui si racconta di come i portoghesi hanno cambiato le loro abitudini di consumo, affinando l’ingegno per risparmiare il più possibile. Si legge delle piccole azioni quotidiane di Mariana Tàvora, avvocato di 39 anni, che spiega come evita di «andare al supermercato all’ora di pranzo perché ho sempre fame e compro qualcosa di goloso». Francisca Lourenço, 38 anni, ha deciso di smettere di usare la carta di credito «ogni giorno prelevo 20 euro e cerco di farmeli durare il più possibile – spiega – In questo modo gestisco il mio budget più facilmente e resisto alla tentazione di comprare cose inutili». «Ho scoperto che posso guadagnare molto se vendo su internet vecchi abiti e cianfrusaglie»racconta Diana Ralha. Inés Custòdio ha deciso di rischiare l’avventura di diventare imprenditrice, ha venduto casa si è sbarazzata dell’ipoteca e ha fondato una startup «è stata una scelta un po’ avventata ma ho tirato la cinghia al massimo, ho preso in affitto un appartamento economico e con i soldi della casa ho fondato una mia società». La forza dell’ingegno quotidiano dei portoghesi e l’innovazione dei giovani da tutto il mondo, si incontrano a Lisbona. Un’isola delle idee. 

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