Il presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino, rilancia il suo allarme: la corruzione nel settore pubblico e para-pubblico dilaga, costa al Paese qualcosa come 60 miliardi di euro e rappresenta uno dei principali fattori che inducono gli investitori esteri a stare alla larga dall’Italia.
A fronte di questo, il Ministro della Giustizia, Paola Severino, prende tempo, annunciando che, sì, il disegno di legge anticorruzione da tempo in sospeso andrà avanti, ma c’è bisogno di approfondire la materia per non far uscire testi affrettati.
Questo governo ha più di qualche merito che deve essergli riconosciuto. Non ultimo il secco “no” all’assurdo e dispendioso progetto olimpico che, tanto più per le persone in faccia alle quali è stato detto (basta scorrere i nomi del comitato promotore), vale più di mille altri discorsi come segno tangibile di sobrietà, indipendenza, coerenza e discontinuità.
Non si può però fare a meno di notare un pauroso e francamente preoccupante doppiopesismo tra l’agile disinvoltura con cui è incline a intervenire nei confronti del settore privato e i piedi di piombo con cui procede invece sul fronte del settore pubblico.
Sul fronte della lotta all’evasione fiscale, nel cosiddetto Decreto “Salva Italia” non si è esitato un secondo ad introdurre norme draconiane, senza andare tanto per il sottile.
Stessa cosa per quanto riguarda le cosiddette liberalizzazioni del settore privato.
Nella fretta di abolire le tariffe delle libere professioni, ad esempio, non si è nemmeno prevista una norma transitoria che spieghi ai tribunali come regolarsi per le liquidazioni giudiziali dei compensi, in attesa dell’approvazione degli appositi parametri ministeriali.
Risultato? Il caos.
Sempre per rimanere in questo ambito, la fretta ha poi dato vita a costruzioni normative esilaranti, quale ad esempio quella che vieta al professionista di fare riferimento ai (futuri) parametri ministeriali per la contrattazione del suo compenso con i clienti, persone fisiche e micro-imprese, pena la nullità della clausola di incarico professionale concernente il corrispettivo della prestazione.
Peccato che tale nullità imporrà allora di rivolgersi al giudice affinché provveda a liquidare il compenso. E il giudice, inevitabilmente, procederà sulla base di quei medesimi parametri che, se assunti come riferimento dal libero professionista, cagionano la nullità. Robe da pazzi.
Il Governo non ha esitato a intervenire a colpi di decreti legge anche su materie estremamente complesse dal punto di vista tecnico, oltre che delicate dal punto di vista socio-economico, quali quelle concernenti i controlli societari.
Salvo auspicabili revisioni da parte del Parlamento in sede di conversione in legge, il risultato è che oggi possiamo avere una medesima azienda con 100 e passa milioni di euro di fatturato che, se assume la forma di S.p.A., è tenuta a sottoporsi a controlli di un certo tipo, mentre, se assume forma di s.r.l, può evitarne alcuni, nonostante attribuisca ai soci il medesimo beneficio della limitazione della responsabilità patrimoniale verso i terzi per le obbligazioni sociali.
Razionalità e adeguatezza del prodotto finito? Anche in questo caso nessuna, come spesso accade quando si agisce in fretta.
Come per magia, però, la fretta scompare quando arriva il turno del settore pubblico, dei suoi dirigenti e della politica.
Per le norme contro la corruzione e gli sprechi, i decreti legge non vanno bene e anche i disegni di legge necessitano di tempi maggiori, per opportuni approfondimenti e riflessioni.
E se la Corte dei Conti lancia e rilancia i suoi allarmi, pazienza: può tranquillamente aspettare tutto il tempo che occorre.
Mica è l’Agenzia delle Entrate.
Mica si corre il rischio di mettere in difficoltà gli inutili sudditi di questo Paese: cittadini, liberi professionisti, imprese e settore privato.
Quando si rischia di mettere in difficoltà i sovrani, il tempo per riflettere non manca mai.
*Direttore di Eutekne.info