Sigma Tau è in crisi e fa causa al programma di Iacona

Sigma Tau è in crisi e fa causa al programma di Iacona

La crisi dello stabilimento Sigma Tau di Pomezia, alle porte di Roma, si fa sempre più complessa. Ieri pomeriggio i lavoratori sono stati a Montecitorio in presidio, mentre la vertenza è bloccata, con un parziale accordo su alcuni punti e un blocco al momento totale su altri. Una storia sulla quale i riflettori sono ormai puntati da giorni: della Sigma Tau hanno parlato il Gabibbo, Servizio Pubblico, i telegiornali. E proprio in queste ore l’azienda sta facendo partire una richiesta danni a Presa Diretta di Riccardo Iacona e a Il Fatto Quotidiano. Proprio l’altro giorno un giudice ha condannto la Rai e il giornalista Corrado Formigli al pagamento di sette milioni di euro per un servizio giudicato lesivo della Fiat (in particolare della MiTo) trasmesso ad AnnoZero.   

Da un lato ci sono i 569 cassaintegrati, più di un terzo dei 1400 lavoratori dello stabilimento, dall’altro uno dei più grandi gruppi farmaceutici italiani, con 2mila 441 dipendenti e stabilimenti ormai in tutto il mondo. In mezzo presidi, interrogazioni parlamentari, la convocazione in commissione lavoro alla Camera. La Sigma Tau assicura che non c’è alternativa, oggi, alla cassa integrazione: unico strumento possibile, secondo l’azienda, per salvaguardare «nel medio-lungo periodo» il sito produttivo di Pomezia e il suo centro di ricerca.

Il gruppo non taglia solo in quello che è il suo stabilimento più grande. Chiude anche due centri di ricerca a Piana di Monte Verna, in provincia di Caserta (la Tecnogen Spa, con 63 lavoratori), e a Settimo Milanese (la Prassis, dove lavoravano 30 ricercatori e tecnici). Il centro lombardo, dicono i lavoratori, chiude dopo 22 anni «di attività di ricerca d’avanguardia nel campo dell’ipertensione e dello scompenso cardiaco»: un anno fa la stampa ne celebrava i successi dall’eco nazionale e internazionale. Tagli alla ricerca, ma anche alla rete commerciale, con 214 informatori farmaceutici (su circa 500 unità) sui quali è piombata la cassa integrazione. Peccato che la rete di vendita, secondo i lavoratori, fatturasse in salute. 

A Pomezia i dipendenti portano avanti da più di un mese una battaglia senza sosta, in presidio giorno e notte davanti allo stabilimento, con uno sciopero a oltranza che blocca la produzione. Per loro è «una condanna» («nessuno pensi che ci stiamo divertendo», tuona Vittorio Tortora della Cisl). Per l’azienda un’ulteriore perdita in una situazione già di crisi e un macigno ingiustificato, un atteggiamento «non conciliante» rispetto a una situazione che si dicono «disponibili» a risolvere. Nello stabilimento, chi si è «salvato» dalla fatidica lettera e continua a timbrare il cartellino non dorme comunque sogni tranquilli. Da un lato non mancano situazioni di tensione per la chiusura dei cancelli da parte degli stessi lavoratori. Dall’altro, chi entra ed esce dai tornelli racconta che l’azienda «era una grande famiglia». E ora il timore è quello che prima o poi vada a finire male per tutti, perché «non sembra che l’azienda sia intenzionata a rilanciare», ma anzi che «stia scaricando la crisi solo su Pomezia».

I cassintegrati dello stabilimento Sigma Tau hanno bloccato nei giorni scorsi la strada per Roma, la trafficata e pericolosa Pontina. Ancora prima si erano presentati a Trigoria per mettersi sulla strada del pullman dei giocatori della Roma, facendo scendere Francesco Totti a parlare con loro. La grande accusa dei dipendenti è che la cassa integrazione sia stata applicata in maniera indiscriminata. A monoreddito e categorie protette. E a marito e moglie (con tre figli): entrambi dipendenti dello stabilimento di Pomezia, entrambi destinatari della temuta lettera.

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La vertenza è arrivata sul tavolo dell’Unione Industriali, su quello del ministero dello Sviluppo Economico, della Regione Lazio e della Commissione Lavoro della Camera (che più che moral suasion non può). Il fondatore e presidente della Sigma Tau, Claudio Cavazza, è morto il 6 giugno dello scorso anno. Il Cda è cambiato, il timone è passato in mano ai figli, e l’azienda ha dichiarato la crisi. Per i lavoratori non è una coincidenza e non è la crisi: è «la strategia dei nuovi protagonisti». Ma la Sigma Tau rimanda l’accusa al mittente: gli oltre 35 milioni di perdita cumulata fanno riferimento al periodo tra il 2006 e il 2010. Ed era stato già lo stesso Claudio Cavazza – una “figura paterna” per i lavoratori – a decidere per il piano di risanamento.

Ora la Sigma Tau conferma l’esternalizzazione di alcuni servizi, passaggio «fondamentale» e «sbocco importante per oltre 100 dipendenti altrimenti destinati alla Cigs». E si dice «sconcertata» per l’atteggiamento dei sindacati, «nonostante la piena disponibilità dell’azienda al confronto». Un’accusa reciproca. L’azienda difende l’approccio dialogante, e la vertenza ad oggi alcuni risultati li ha ottenuti: il «principio di una mobilità incentivata» con eventuale pensionabilità e ricollocazione, nonché la rotazione, inizialmente, secondo i sindacati, completamente esclusa, ora diventata un’ipotesi concreta.

Lo scontro è ancora aperto sull’importo della cassa integrazione – 300 euro a fronte dei 500 richiesti dai lavoratori, spiega Vittorio Tortora. Il sostegno al reddito per i dipendenti in cassa integrazione è però, secondo la Sigma Tau, già di «standard ben superiori alla media delle integrazioni riconosciute dalle aziende in stato di crisi». E poi c’è il discorso della revoca della disdetta degli accordi aziendali. Secondo i lavoratori l’intento dell’azienda è di tirarli fuori dagli accordi organizzativi gestionali. «Noi invece riteniamo opportuno che ci sia un confronto pur non avendo pregiudizi sui contenuti», rilancia ancora Tortora.

Altra grande accusa piombata sulla Sigma Tau – e rigettata dal gruppo – è quella di una presunta volontà di delocalizzazione. Il bilancio, sul quale sono stati sollevati dubbi e ombre, «è un bilancio consolidato, redatto in Italia a norma di legge». E anche nuove, recenti acquisizioni – come quella dell’americana Enzon Pharmaceuticals del ramo d’azienda specializzato nelle malattie rare – non corrisponde, spiegano da ambienti aziendali, ad «alcuna volontà da parte degli azionisti di delocalizzare la produzione». Anzi: «Si è trattato di un’operazione industriale», per «diversificare il business».

La Sigma Tau, insomma, non ci sta, e sta facendo partire in queste ore una richiesta danni a Presa Diretta e a Il Fatto Quotidiano. Il nodo è la notizia riportata di accertamenti fiscali da parte dell’Agenzia delle entrate in merito all’ipotesi che il gruppo abbia spostato gli utili e l’attivo delle società da una zona del mondo dove si pagano più tasse (l’Italia) a una dove si pagano meno tasse (Madeira). Accertamenti di «prassi», sottolinea l’azienda. Madeira «non è un paradiso fiscale» e l’importo di cui si parla nella contestazione «rappresenta lo 0,8% dell’intero fatturato». La maggior parte della contestazione, invece (7,8 milioni, che secondo i dati aziendali rappresenta l’1,6% del fatturato totale) «riguarderebbe l’eventuale spostamento di reddito in stati quali la Francia, la Germania, il Regno Unito, la Spagna, l’Olanda e gli Usa che certamente non possono essere considerati alla stregua di paradisi fiscali».
 

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