600 euro per un cavo, la mia esperienza con l’assistenza Apple

600 euro per un cavo, la mia esperienza con l’assistenza Apple

Da qualche mese il mio MacBook Pro – non tanto vecchio, del luglio 2009 – attivava le ventole in continuazione, risultando insopportabile. Al servizio telefonico della Apple mi fanno alcune domande, poi mi dicono che è un problema di hardware e che devo portarlo a fare vedere. Così visito un Premium Service Provider, il servizio di riparazione «authorized» di Apple. Il verdetto mi lascia di stucco: il problema, mi dicono, è legato allo schermo, va sostituto. Prezzo: 600 euro compreso la mano d’opera.

Il mio entusiasmo per Apple crolla, provo a ricordare quando, in 15 anni di «terribili» portatili Windows ho speso più di 100-150 euro per una riparazione. Mai, credo. La mia prima reazione è stata di rifiuto, ma no, me lo tengo così. Il rumore però continua, io con il Mac ci lavoro, ed è davvero insopportabile. E poi, quanto dureranno le ventole costantemente a palla? Oltretutto scopro che per avere un computer analogo nuovo dovrei spendere 1.700 euro. Per scrupolo, vado da un secondo Premium Service Provider. Stesso verdetto: è lo schermo, stesso preventivo. Mi rassegno, dico di sì. Quando, dopo due giorni vado a ritirarlo, mi spiegano candidamente che il problema era… un cavo dello schermo. Proprio così, un cavo. Seicento euro per un cavo? Non bastava sostituire solo il cavo e lasciare lo schermo vecchio? chiedo indispettito. La risposta è ancora più irritante: «La policy mondiale di Apple è che noi non siamo autorizzati a riparare le parti rotte, possiamo solo sostituirle integralmente». Anche l’altro Premium Service Provider mi aveva detto una cosa molto simile. E come dire che se il pneumatico è forato, bisogna cambiare anche il cerchione, il freno a dischi e magari pure l’asse.

Non è finita, qui viene il bello. Chiedo almeno di vedere il mio vecchio schermo «rotto». Risposta: non possiamo, dal momento che Apple chiede di rimandare i pezzi guasti perché, «loro sì, sanno come ripararli internamente». Al service si lasciano scappare che a Cupertino non solo lo fanno, ma poi «li utilizzano come pezzi di ricambio». Come dire che insomma il mio vecchio schermo, perfettamente funzionante salvo il cavo che faceva partire la ventola, sarà utilizzato per future riparazioni. Mi sento ribollire di rabbia.

Intendiamoci: non voglio accusare Apple. Magari i due Premium Service Provider – comunque autorizzati ufficialmente dalla casa di Cupertino – mi hanno detto una bufala. Stupisce però che entrambi, del tutto indipendenti, mi hanno chiesto la stessa identica cifra e hanno fatto lo stesso identico ragionamento.

E non è che non abbia provato a sentire l’ufficio stampa di Apple Italia a Milano. Solo che non ho avuto molta fortuna. Non essendo un giornalista del settore, non ho i miei contatti, e così mi sono rivolto al numero centrale per la stampa. Mi risponde un disco, con la solita scelta dei numeretti – 1 se vi interessano le public relations, 2 se siete un giornalista etc. Clicco 2, nuovi numeretti: 1 per l’italiano, 2 for English… Scelgo 1, sento un nome registrato e un nastro: «lasciate un messaggio…». Magari, qualcuno di Apple leggendo queste righe reagirà e dirà che mi hanno raccontato un mucchio di frottole, che quei due Premium Service Provider erano dei banditi e che invece il cavetto poteva essere cambiato eccome, magari per 20 euro più mano d’opera. Mi sentirei buggerato, ma in fondo sarei contento per la gloriosa ditta di Steve Jobs. Sono certo che la mia passione per Apple ritornerebbe più vigorosa di prima.

Giovanni Del Re 

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