Bastano due perizie, e il bilancio dei Ligresti è salvo

Bastano due perizie, e il bilancio dei Ligresti è salvo

Così è il salvataggio della compagnia assicurativa Fondiaria Sai, se vi pare. I Ligresti sono ormai lanciati come un treno in corsa lungo i binari incerti del progetto di integrazione con Unipol tracciato da Mediobanca. Le perplessità del mercato e di qualcuno fra i creditori da cui dipende il via libera al progetto, lo scetticismo emergente ai piani alti di Unipol, una Consob diventata così diffidente da richiedere la pubblicazione dell’originale dei contratti firmati (vedi qui), la Procura di Milano che ormai sta questionando dieci anni di gestione familistica, di mancati controlli da parte dell’autorità di settore (l’Isvap), di complicità ad alto livello: niente di tutto questo ha indotto il consiglio di amministrazione di Premafin, la holding quotata che possiede il pacchetto di controllo di Fon-Sai, alla prudenza. «La convocazione dell’assemblea straordinaria (che voterà l’aumento di capitale riservato a Unipol, ndr) è un importante tassello nel piano di risanamento di Premafin», ha detto la presidente Giulia Ligresti. Solo che un osservatore esterno non capisce più che cosa ci sia da risanare in una holding che si rappresenta un futuro radioso nei propri bilanci. Con tutti i crismi previsti dalla legge, s’intende.

Dopo tre ore di consiglio di amministrazione, i Ligresti hanno tirato le somme: la holding vanta un patrimonio netto positivo di 141,4 milioni. Un risultato che è dato della differenza fra le attività, sostanzialmente il pacchetto azionario del 35,8% in Fondiaria, valutato a prezzi quasi quadrupli rispetto a quelli mercato, e debiti per 370 milioni. Due analisi firmate da esperti indipendenti e di prestigio consentono infatti alla Premafin di asserire che non vi è il buco patrimoniale che tutti, guardando ai prezzi di Borsa di Fondiaria Sai, temevano ormai da molti mesi. La PricewaterhouseCoopers Advisory (società di consulenza parente dell’omonima società di revisione) e la Dgpa Advisory del professor Maurizio Dallocchio hanno indicato una forbice valutativa fra 3,51 e 4,37 euro. Così «gli amministratori di Premafin hanno convenuto di determinare puntualmente in 3,95 euro per azione il valore recuperabile delle azioni Fondiaria Sai». Ossia 3,7 volte la quotazione registrata in Borsa alla chiusura di ieri (1,07 euro). E ben sei volte e mezzo il prezzo che le azioni Fon-Sai quotavano alla fine del 2011. Come è possibile?

I due valutatori esterni hanno supportato le verifiche sulla base dei principi contabili internazionali (lo Ias 36) – il cosiddetto impairment test – per appurare se il valore attribuito alla partecipazione fosse superiore al suo “valore recuperabile”, definito come il maggiore fra il prezzo di mercato al netto dei costi di vendita e «valore d’uso». Quest’ultimo è il «valore attuale dei flussi di reddito attesi futuri» della partecipazione. Che è risultato maggiore. Nelle valutazioni è stato incorporato di tutto: le proiezioni elaborate dall’attuale management di Fondiaria Sai; i risultati storici e le motivazioni delle perdite per quasi 2,5 miliardi registrate negli ultimi tre anni; la parta alta della forbice di valutazione implicita nelle offerte ricevute da Unipol e da Sator e Palladio, che però sono subordinate a condizioni per nulla scontate come l’ottenimento dell’esenzione dall’Opa, e quindi, in sostanza, al fatto che si riconosca un premio per il controllo di Fon-Sai solo al socio di maggioranza (Premafin) e non agli altri azionisti. L’andamento dei prezzi di Borsa, invece, «non è stato ritenuto rilevante per gli scopi in quanto influenzato dalla situazione contingente della compagnia e del mercato assicurativo europeo», anche se oggi, e chissà per quanto tempo ancora, la gran parte delle compagnie assicurative quotate registra prezzi inferiori al patrimonio netto contabile. Premesse tutte queste rosee assunzioni, che di fatto incorporano i benifici di un rilancio che è incerto nel se, nel quando e nel quantum, la holding ha effettuato svalutazioni per 436 milioni della partecipazione diretta e indiretta in Fon-Sai, aggiornandone il valore di carico a 479,4 milioni, ovvero 3,95 euro per azione. Da ciò discende il valore positivo di 141,4 milioni per il patrimonio netto, che a prezzi di mercato sarebbe invece negativo per oltre 200 milioni. Dubbi non lievi su tali stime sono condivisi sia a Bologna, dove c’è il quartier generale di Unipol, sia da Sator e Palladio. Per entrambi quota 3,95 euro non è un valore plausibile. Sator stima che le azioni Fon-Sai possedute da Premafin posano valere fino a un massimo di 2,8 euro.

Le valutazioni degli esperti indipendenti sono comunque funzionali a supportare un piano di risanamento previsto dalla legge fallimentare (ex art. 67), con contestuale rinegoziazione del debito (da trasformare per 225 milioni in prestito convertendo al 2015 e per la parte residua in un finanziamento da rimborsare nel 2017 e 2018). La ragionevolezza del piano dovrà essere attestata da un revisore contabile, scelto solitamente dai creditori, e dunque senza controllo giudiziario.

Proprio su questo punto si registrano delle dissonanze fra i creditori. Sei delle sette banche creditrici hanno infatti concesso un via libera preliminare non vincolante, assicurando che i termini dell’accordo saranno presentati con parere positivo al proprio organo deliberante, mentre Interbanca non ha preso posizione. È noto che l’istituto milanese, che appartiene a Ge Capital (General Electric), è piuttosto cauto al riguardo. Il suo legale Giuseppe Iannaccone, che ieri ha incontrato il pm Luigi Orsi, titolare dell’indagine sul gruppo Ligresti, propenderebbe invece per la procedura dell’articolo 182 bis della legge fallimentare: accordo di ristrutturazione sottoposto a omologa del tribunale. Un di più di prudenza, visto che le indagini della Procura rischiano, secondo alcuni, di sfociare ipotesi di bancarotta.

È certo, invece, che le attenzioni della magistratura si stanno concentrando anche sulle attività di controllo dell’Isvap. L’Istituto di vigilanza delle assicurazioni – guidato dal presidente-direttore generale Giancarlo Giannini praticamente da quando è stata creata Fondiaria Sai nel 2002 – non ha brillato per perspicacia e tempestività. Basti dire che per anni non sono state condotte ispezioni: e quando sono arrivate, nell’autunno 2010, il più del danno era fatto. A parte le operazioni in conflitto di interesse, che hanno provocato perdite per centinaia di milioni, i vertici della compagnia hanno praticato per anni una politica di sottoriservazione: significa che i costi dei risarcimenti sono stati sistematicamente sottostimati. Nel 2011 sono perciò emerse “rivalutazioni delle riserve tecniche del ramo danni” (leggi maggiori costi imprevisti) per oltre 800 milioni, che si sommano ai 615 milioni spuntati nell’esercizio precedente. Così dopo i sindaci e i manager del gruppo, ieri in Procura è stata la volta di Flavia Mazzarella, sentita nella qualità di vicedirettore generale dell’Isvap, il massimo grado della gerarchia interna (v. organigramma Isvap). La dirigente ha svolto una rapida carriera all’interno dell’autorità di controllo delle assicurazioni. Dal 2003 ha ricoperto la carica di responsabile del Servizio di Vigilanza II, che si occupava di controllare, fra le altre compagnie, anche Fondiaria Sai. Nel 2005 Mazzarella è stata promossa alla vicedirezione generale, diventando perciò il braccio operativo di Giannini. Una professionista brillante e competente per gli estimatori, una donna dispotica e accentratrice per i critici, fra cui i sindacalisti interni e non pochi dirigenti. Nel più grave scandalo finanziario italiano degli ultimi dieci anni, Mazzarella va così a completare un trittico tutto femminile, dove oltre alla presidente di Premafin Giulia Ligresti, c’è anche la sorella Jonella, numero uno di Fondiaria Sai. Naturalmente, sotto la vigilanza di Giancarlo Giannini e Salvatore Ligresti.

Twitter: @lorenzodilena

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