Il primo bilancio della Bpm firmato dal consigliere delegato Piero Montani non dovrebbe smentire la fama che accompagna da sempre il banchiere genovese, noto per il suo rigore nelle pulizie contabili. Le valutazioni tecniche effettuate fin qui dall’istituto milanese di Piazza Meda sembrano avvalorare l’ipotesi di un maxi accantonamento sui crediti, oltre che ovviamente una verifica puntuale sul valore delle partecipazioni.
Montani sarebbe orientato a proporre rettifiche massicce sulle esposizioni immobiliari. Fonti qualificate riferiscono che l’impatto di questi accantonamenti porterebbe la capogruppo a chiudere il 2011 con una perdita di 400 milioni, mentre a livello consolidato il saldo negativo si ridurrebbe nel range fra 200 e 300 milioni. Il tema avrebbe provocato un po’ di frizioni ai piani alti dell’istituto, ma le divergenze sull’approccio hard di Montani sarebbero in via di superamento. Le valutazioni tecniche stanno comunque proseguendo. Interpellata, la banca non ha commentato. La decisione ufficiale sui conti sarà materia del consiglio di gestione convocato per il 27 marzo per l’approvazione del progetto di bilancio. La perdita della capogruppo consentirà di risparmiare 42 milioni circa di interessi passivi sui 500 milioni di Tremonti bond, in linea con il regolamento del prestito ottenuto dal Tesoro.
Negli accertamenti della Banca d’Italia conclusa circa un anno fa, gli ispettori della Vigilanza avevano rilevato una concentrazione eccessiva nel settore cosiddetto “immobiliare allargato”, che al 30 settembre 2010 rappresentava il 43% del totale crediti verso clientela (35,6 miliardi, saliti a 36, miliardi al 30/9/2011). Sarebbe tuttavia inesatto concludere che il 43% di tale cifra sia credito immobiliare in senso stretto, poiché nella definizione di “immobiliare allargato” le statistiche Bpm includono sia i mutui ipotecari a imprese e privati sia tutti i finanziamenti ai gruppi in cui almento il 50% del fatturato è riferibile alle società edili o immobiliari che compongono il gruppo. In altri termini, se un gruppo viene etichettato come “immobiliare”, nelle statistiche interne vengono considerate tali anche le eventuali società del gruppo con business diverso dall’immobiliare. Al termine dell’ispezione, l’autorità di vigilanza impose un aumento di capitale fino a 1,2 miliardi, realizzato poi a dicembre 2011 per un importo di 800 milioni.
Nel corso del 2011 l’istituto milanese di Piazza Meda ha attuato una progressiva riduzione degli impieghi verso l’immobiliare, ma al momento mancano dati aggiornati. Quanto ai principali debitori di Bpm, il verbale ispettivo della Banca d’Italia rimarcava «il sostegno assicurato a iniziative riconducibili al gruppo Ligresti: alle linee accordate a diverse controllate (151 milioni, tra cui quelle verso Imco, Finadin e Immobiliare Milano) vanno aggiunti fidi (350 milioni) ad altre partecipate committenti di imprese dello stesso gruppo per opere da realizzare, nonché gli investimenti in quote dei fondi Rho Immobiliare (29,1 milioni) e Tikal (10,6 milioni), inclusi nel portafoglio titoli». Tematiche analoghe, aggiungevano gli ispettori, «riguardano il gruppo “F.G. Caltagirone” (affidato per 68 milioni) in relazione al mutuo trentennale di 65 milioni concesso a Investire immobiliare Sgr-Fondo Apple, destinato a un investimento in Roma su un’area cedutale dal fondo Seneca (dello stesso gruppo)».
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