In Cattolica c’è chi dice che “Mussolini voleva allearsi con gli ebrei”

In Cattolica c’è chi dice che “Mussolini voleva allearsi con gli ebrei”

Nel ’38 venivano promulgate le leggi razziali dallo stato fascista. Dopo più 70 anni l’odio antisemita sembra ancora esistere. E trovare luoghi istituzionali dove portare avanti la “cattiva” novella. È poi l’apparizione nei chiostri dell’Università Cattolica di manifesti antisemiti che pubblicizzano la presentazione del libro Il Fez e la Kippah con una copertina quantomeno irriverente. Autore del libro, che verrà pubblicamente presentato a Milano il 17 marzo all’Admiral Hotel, è Andrea Giacobazzi, giovane ricercatore laureatosi nello stesso ateneo.

Siamo nel 2012, Giacobazzi. Perché gli ebrei devono ancora difendersi dall’antisemitismo?
Non riesco a vedere dove possa individuarsi un “pericolo antisemitismo” nella presentazione di due libri basati su documenti storici.

Nella copertina del suo libro è accostata l’immagine del duce a una caricatura chiaramente antisemita degli anni Trenta. Non ci siamo spinti troppo lontano?
Prima di me si era “spinto troppo lontano” uno storico di fama mondiale come Renzo De Felice, che aveva riportato questa stessa immagine nel suo Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo.

Un conto è riportare un’ immagine in una raccolta di documenti, altra cosa è farci la copertina e accostare nel titolo Fez e Kippah.
Sa qual è la cosa curiosa? Che la stessa copertina nelle settimane scorse è stata duramente contestata da alcuni perché troppo “antifascista” in quanto accostava la figura del duce ad un ebreo che gli sussurrava in un orecchio.

Si spieghi meglio.
Alcuni hanno una visione sacrale di Mussolini. Accostarlo a un ebreo pare loro un’ eresia. Ma questo è esattamente l’argomento del libro. Ovvero la vicinanza di parti importanti del mondo ebraico alla dirigenza dello stato fascista. Già nell’Asse Roma-Berlino-Tel Aviv avevo approfondito le relazioni tra sionismo e Germania nazionalsocialista.

Lei però pare dimenticarsi delle legge razziali fasciste. Come le giustifica, o meglio come fa a dimenticarsene?
Non me ne dimentico affatto. Nei miei libri se ne parla. Chi leggerà l’ultimo libro incontrerà un curioso documento diplomatico del 1940, a guerra iniziata, che parlava della questione ebraica nel mediterraneo. Resterà stupito: si parlava dell’ebraismo mediterraneo come potenziale alleato di una Italia fascista vincitrice della guerra.

Migliaia di ebrei deportati nei campi di concentramento. Di questo passo non rischia di avvicinarsi al negazionismo?
I due libri sono relativi alle relazioni internazionali e politiche del mondo ebraico e sionista con l’Italia fascista e la Germania nazionalsocialista. Quanto al negazionismo bisogna stare attenti ad usare le parole come lame. In questi giorni contro di me ho sentito definizioni di ogni tipo: antisemita, negazionista, fascista e addirittura antifascista. Credo nella libera ricerca storica e non ho paura del cosiddetto revisionismo. La storia stessa ha senso solo se può essere rivista, ovviamente basandosi su fonti attendibili. Non credo che nessun storico “revisionista” serio neghi in blocco le persecuzioni antiebraiche. Sicuramente sono contrario ad una legge che istituzionalizzi in modo irreversibile la cifra di 6 milioni di ebrei morti, punendo gli eretici con il carcere, come in diversi Paesi europei già accade. In ogni caso, come detto, mi occupo di relazioni internazionali.

Il salto dall’antisionismo all’antiebraismo è però molto facile. Il vicepresidente della Comunità ebraica di Milano, Daniele Nahum, ha usato parole chiare contro il convegno e l’onorevole Emanuele Fiano ha già auspicato un’ inchiesta.
Pensi che nella storia ebraica contemporanea la principale accusa degli ebrei antisionisti contro il movimento sionista era che il sionismo stesso fosse complementare all’antisemitismo. Tanto gli antisemiti quanto i sionisti volevano un’Europa meno ebraica possibile e per questo hanno avuto luogo documentate convergenze. «Dobbiamo combattere l’intolleranza», ha detto onorevole Fiano. Peccato che subito dopo non abbia nemmeno tollerato un convegno in città a lui sgradito.

Risulta che lei abbia tenuto in autunno una conferenza in Iran e che l’estate scorsa ne abbia fatta una con un dirigente di Hezbollah. Nulla d’aggiungere?
Sì, sono cose che non devo nascondere e assolutamente pubbliche. In Iran ero stato invitato ad una riunione dell’Association of Free Cyber Activists. Mi hanno chiesto di parlare di sionismo. Quanto ad Hezbollah, ho un vago ricordo di D’Alema, fotografato a braccetto con un esponente di questo movimento. Se non erro, in quella occasione, fu difeso dallo stesso Romano Prodi. E si immagini, lui era a braccetto, io in videoconferenza e parlavo di storia.

È ancora convinto che si debba fare il convegno?
Sì, senza dubbio.

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