L’Assemblea Nazionale del Popolo ha di recente annunciato una riduzione della crescita economica per l’anno 2012. Il tasso di crescita target del Pil è stato fissato al 7.5%, in calo rispetto alle precedenti stime per il 2012 (8.2%) e rispetto al tasso di crescita registrato nel 2011 (9.2%). Nel 2011 il Pil della Cina ha raggiunto i 6.988 miliardi di dollari a scapito delle precedenti stime di crescita che lo attestavano sui 7.744 miliardi di dollari. Ora le stime sul pil cinese puntano ai 7.512 miliardi di dollari, con una riduzione di 232 miliardi di dollari. Per assorbire tale rallentamento ed evitare una recessione globale, nel 2012 Brasile, Russia, India e Vietnam dovranno crescere insieme del 3.6% in più.
Il rallentamento della crescita cinese è strutturalmente necessario per consentire la transizione da un’economia volta alle esportazioni ad un’economia volta a stimolare i consumi interni. Il nuovo modello economico della Cina è sintetizzato nel 12° piano quinquennale della Repubblica Popolare Cinese per il periodo 2012-2016. Al fine di incentivare la domanda interna, il 12° piano quinquennale punta ad aumentare il reddito disponibile delle famiglie cinesi innalzando i salari medi attraverso un miglioramento del settore dei servizi e della manifattura avanzata, e riducendo i risparmi precauzionali delle famiglie attraverso un migliore sistema di previdenza sociale.
L’obiettivo della Cina è di colmare il gap tecnologico sofferto dalle aziende cinesi attirando investimenti diretti esteri nelle 7 industrie strategiche. Un rallentamento pianificato della crescita economica è già stato messo in pratica dal governo cinese in risposta ai maggiori cambiamenti avvenuti nell’economia pianificata cinese. Inoltre, tale rallentamento della crescita economica può anche essere visto come un modo per proteggere l’economia della Cina dalle congiunture internazionali.
Il minore tasso di crescita annunciato dall’Assemblea Nazionale del Popolo è il risultato dei seguenti fattori:
- Il passaggio da un’economia basata sullo sviluppo di infrastrutture verso un’economia maggiormente basata sul consumo privato
- Una riduzione degli investimenti statali al fine di stimolare l’economia
- Una riduzione dello sbilanciamento commerciale dovuta a minori esportazioni e al cambiamento della composizione delle importazioni
L’attuale riduzione del tasso di crescita cinese va anche giudicata alla luce della depressione economica globale, e della svolta del modello economico cinese verso lo sviluppo dei consumi privati. Come già successo in passato in situazioni analoghe, questa riduzione è strutturalmente necessaria e propedeutica ad una successiva ripartenza.
Tuttavia, il rallentamento dell’economia cinese potrà influenzare i prezzi delle materie prime e le relazioni della Cina con i propri partner commerciali, paesi satellite e veicoli di investimento. La domanda di materie prime della Cina rimarrà stabile nel 2012, a seguito al rallentamento degli investimenti pubblici in infrastrutture a favore del consumo privato delle famiglie. Nell’ultimo decennio la Cina è stata tra i maggiori importatori di materie prime, in particolare di acciaio, carbone, rame e petrolio, al fine di sostenere lo sviluppo delle infrastrutture e dei sistemi di produzione di energia.
La Cina è anche il maggiore produttore mondiale di acciaio, con una produzione annua di 683 milioni di tonnellate nel 2011, corrispondenti al 45.8% della produzione mondiale (1490 milioni di tonnellate). Dopo una crescita del 9% nel 2011, è molto probabile che la produzione cinese di acciaio rimanga stabile nel 2012, mentre la domanda crescerà del 6 per cento. Come conseguenza della stabilizzazione della produzione di acciaio, ci si attende che anche le importazioni dei suoi componenti si stabilizzino. Le importazioni cinesi di materie prime sono principalmente costituite da carbone, rame, minerali ferrosi e petrolio.
La Cina ha pianificato di esercitare un controllo più severo sul proprio consumo di carbone a causa delle limitate possibilità di rifornimento. Un’attenta gestione del consumo di carbone è inoltre strumentale alla ristrutturazione industriale e al profondo cambiamento del modello economico della Cina delineato nel 12 Piano Quinquennale. Il carbone attualmente rappresenta l’80% delle fonti energetiche cinesi. La Cina punta a limitare il proprio consumo annuale di carbone a 4 miliardi di tonnellate entro il 2015, con una crescita annua del 4.24 per cento. Nel 2011 la produzione annuale di carbone è cresciuta del 8.7% raggiungendo i 3,52 miliardi di tonnellate. Le iniziative messe in atto per assicurare una fornitura stabile di carbone ed un aumento dell’efficienza includono una maggiore produzione ad alto valore aggiunto, migliori tecniche nelle miniere di carbone e una più forte cooperazione internazionale.
La Cina è il maggiore fruitore di materie prime al mondo, consumando più del 40% di rame, zinco, alluminio e nickel. Le importazioni cinesi di rame hanno raggiunto il loro apice nel Dicembre 2011, allentando i timori di un calo della domanda da parte del maggiore mercato di rame del mondo. Lo stimolo dei consumi e dello sviluppo dell’edilizia sociale porterà sicuramente al rialzo del consumo di rame, sebbene attualmente non sia ancora chiaro su come le autorità perseguiranno tali obiettivi.
Anche i minerali ferrosi sono candidati ad una più lenta crescita delle importazioni. Tuttavia, anche se la loro domanda cinese dovesse diminuire nel 2012, è probabile che il prezzo rimarrà stabile, come per tutti i cali nella domanda cinese che verranno più che compensati da una riduzione delle esportazioni provenienti dall’India. Le importazioni cinesi di minerali ferrosi possono crescere di soli 34 milioni di tonnellate nel 2012, ma questa modesta crescita unita alle minori esportazioni indiane dovrebbe mantenere il mercato in leggero deficit.
L’International Energy Agency (Iea) stima che la domanda cinese di petrolio nel 2012 aumenterà del 3.9%, mentre la produzione cinese di greggio rimarrà inalterata a 204 milioni di tonnellate, ovvero circa 4,09 milioni di barili al giorno. Ciò significa che, in base ai dati dell’IEA, vi saranno 5.795 milioni di barili al giorno di greggio e prodotti raffinati che dovranno essere importati.
Il rallentamento dell’economia cinese avrà un impatto profondo sulle economie emergenti che dipendono dalla domanda cinese di materie prime. Una riduzione degli acquisti di materie prime non potrà che rallentare il ritmo di crescita delle economie dipendenti dalla Cina. Gli effetti sulla bilancia commerciale saranno più evidenti in quei paesi che esportano materie prime utilizzate nel settore delle infrastrutture: acciaio, cemento e minerali ferrosi. Gli esportatori di rame e carbone possono invece aspettarsi un tasso di crescita simile a quello registrato fino ad oggi, come conseguenza dell’aumento della domanda interna spinta dai maggiori salari.
Secondo L’Iea la domanda globale di carbone, compresa quella cinese, è destinata ad aumentare nei prossimi quattro anni, dato che il piano cinese di lungo termine per l’energia nucleare produrrà risultati solo dopo il 2020. All’inizio le implicazioni maggiori della riduzione delle importazioni di materie prime si avranno in Sudan, Mongolia e Kazakistan, ma anche in Brasile, Australia e in altri paesi produttori di materie prime dell’Asean,tutti paesi che hanno beneficiato in questi anni della crescita cinese a doppia cifra e dell’approvvigionamento massiccio di materie prime. Circa l’85% delle esportazioni dalla Mongolia è diretto proprio al mercato cinese, così come il 68% del Sudan, il 25% dell’Australia e quasi il 21% del Kazakistan.
Il cambiamento della politica economica cinese verso la crescita del mercato interno punta alla qualità rispetto alla quantità. Tuttavia l’approvvigionamento di materie prime sarà ancora importante per stimolare le vendite locali. Solo la composizione è destinata a cambiare: non più materie prime per l’industria pesante e i beni destinati alla esportazione, ma quelle per la produzione di beni di consumo per il mercato di massa interno. Il rallentamento dell’economia cinese avrà un impatto sulle importazioni di materie prime e lo sviluppo delle infrastrutture, spostando gli investimenti verso industrie a maggiore valore aggiunto.
Lo sviluppo delle sette industrie strategiche indicate nel 12° piano quinquennale:
- 1. high-end equipment
- 2. bio-tecnologie
- 3. Information Technology
- 4. materiali all’avanguardia ed innovativi
- 5. energie rinnovabili
- 6. combustibili alternativi
- 7. protezione ambientale
non subirà gli effetti del rallentamento della crescita.
La riduzione del tasso di crescita target del Pil cinese per il 2012 sarà principalmente dovuta alla diminuzione degli investimenti statali nelle infrastrutture e del conseguente calo delle importazioni di materie prime. L’Italia, come non esportatore di materie prime, non potrà subire conseguenze, mentre conserva tutti i vantaggi e le opportunità rispetto all’aumento di interesse sui consumi sui prodotti finiti. Le sette industrie strategiche, che al momento costituiscono il 3% del Pil cinese, secondo le stime raggiungeranno quota 8% entro il 2015 e quadruplicheranno il loro valore di mercato, passando dai 209 miliardi di dollari del 2011 agli 848 miliardi di dollari nel 2015, con un Cagr (Compound Annual Growth Rate) del 41%. Per il solo 2012 si stima che le sette industrie strategiche cresceranno del 18.4%, passando dal valore di mercato di 209 miliardi di dollari registrato nel 2011 ai 224.6 miliardi di dollari nel 2012.
Di seguito riportiamo alcuni esempi: il rinnovamento e l’espansione della copertura medico-sanitaria nazionale, come previsto dal 12° piano quinquennale, aumenterà sensibilmente la domanda di prodotti e servizi medico-sanitari in tutto il paese e la domanda cinese per apparecchiature mediche è attualmente superiore all’offerta del 40 per cento. La Cina sta anche perseguendo l’obiettivo di una maggiore efficienza nelle tecnologie del settore energetico e della distribuzione, dando il benvenuto a tecniche ed expertise nel campo della conservazione energetica, delle energie rinnovabile e della logistica. Il focus sul miglioramento delle condizioni di vita delle famiglie cinesi innalzerà inoltre la domanda per materiali e tecniche più avanzati nel settore delle costruzioni. Il generale rallentamento dell’economia cinese dovrebbe quindi essere interpretato come una manovra necessaria per ridirezionare la produzione cinese dalle esportazioni e dai prodotti base verso il consumo privato e di prodotti ad alto valore aggiunto. Le industrie ad alto valore aggiunto compenseranno la riduzione degli investimenti statali nelle infrastrutture nel medio termine e diventeranno le fondamenta dell’economia cinese futura.La riduzione di breve termine del ritmo di crescita cinese rappresenta quindi una opportunità per gli investitori interessati a sfruttare il potenziale di crescita di lungo periodo della metamofosi cinese.
Nonostante la Cina abbia rivisto le sue prospettive di crescita per il 2012, le aziende ad alto valore aggiunto italiane si trovano in una posizione privilegiata per trarre vantaggio dal cambiamento della politica cinese verso un maggiore consumo privato interno. Credo che la presa di coscienza cinese sui pericoli insiti in un’economia “surriscaldata”, e i conseguenti provvedimenti presi per evitarli, siano da considerarsi positivamente come segno di grande responsabilità piuttosto che di debolezza.
(Saro Capozzoli lavora in Cina da vent’anni. È il fondatore della società di servizi Jesa Investment)