La signora Monti su “Chi” non è proprio un tocco di sobrietà

La signora Monti su “Chi” non è proprio un tocco di sobrietà

Mario Monti e la signora Elsa alla Scala (Afp)

La chiave è tutta in un versetto satanico: «A Mario, le cravatte le sceglievo io». È un modo sottile, ancorchè crudele, per sottolineare che in fondo il mattarello in casa lo tiene ancora lei, la signora Elsa, la moglie del premier. Peraltro, il sospetto che le scegliesse proprio lei, noi gentili estimatori di quell’inutilmente geniale lembo di seta, lo avevamo intuito con un certo anticipo, intristiti dalla cupezza memorabile di quell’azzurro can che fugge che il Professore indossa senza un minimo di resipiscenza. Azzurro can che fugge su grisaglia antracite: dopo c’è soltanto l’oblio. Sempre dalla moglie del premier veniamo a sapere che ora, tra lei e il marito, il dito lo ha messo Silvio Berlusconi, che ha regalato al Professore il suo solito mazzo di cravatte Marinella.

L’ultima donna che ricordiamo così attiva nel disporre a piacimento del marito sul piano estetico è stata Rita Rusic col povero Cecchi Gori. Fu proprio lui, il Vittorio così bonaccione, a rivelare che la sergentessa croata gli disponeva sul letto – a mo’ di spaventapasseri – l’intero corpo elegantiarum, dai calzini su su fino al cappello, in modo ch’egli non avesse neppure un briciolo di dubbio che in quella foggia avrebbe sbaragliato il mondo. Come è poi andata a finire, per i due, credo lo sappiate. Temiamo per i coniugi Monti, ma la coppia ci sembra onestamente più attrezzata.

È destino che le first lady prima o poi raccontino i fatti propri, ma si faceva leva – almeno stavolta – sull’attitudine ormai mitologica alla sobrietà che accompagna questo governo. Si pensava (si sperava) in un onesto scatto d’orgoglio che riconducesse a un silenzio tombale, che peraltro il Professore aveva rotto solo quella sera di Capodanno quando, sfruculiato da Calderoli che lo aveva dipinto come sgavazzatore folle – lui e famigli – nei locali di Palazzo Chigi, oppose la morigerata lista della spesa per il cenone, con precisi e succulenti riferimenti gastro-toponomastici.

Il destino, però, ci è stato avverso perché alla fine il duo-Monti ha ceduto. Non sappiamo se abbia prevalso lei su di lui, se lui abbia semplicemente abbozzato o se, addirittura, come il pacchetto di mischia degli All Blacks, la coppia abbia ragionato come un’anima sola. Sta di fatto che, presa la decisione di fondo, si è trattato di scegliere anche il veicolo di trasmissione. Un tempo, all’età della signora Elsa e del professor Mario, esistevano quelle riviste chiamate «per famiglie», e che peraltro ancora battono con orgoglio le edicole nostrane. Erano quelli, giornali solidi e certamente rassicuranti, ma ai quali tutti noi attribuivamo un quid di credibilità: Oggi e Gente ne sono (ancora) un esempio vivente. Forse un tantinello ingiallito, ma vivaddio pur sempre dignitoso.

Insomma, l’abbiamo proprio sul gozzo e come ci viene ve la giriamo, cara signora Elsa e caro professor Mario: si poteva (si doveva) continuare nella consegna del silenzio, ma visto che scriteriatamente avete deciso di romperlo, consegnarsi mani, piedi e intimità a una rivista come Chi è stato un atto di un cattivo gusto senza pari. Chi vi ha consigliato di mettere la vostra fiducia (e un po’ anche la nostra) nelle mani di Alfonso Signorini, con quale diritto avete infranto il patto della sobrietà concedendovi a un signore che negli ultimi anni ha gestito in maniera poco luminosa vicende che ci hanno segnato, una tra tutte, la storia di Piero Marrazzo, nella quale Signorini si trasformò in uno strano smistatore di video compromettenti? Perché lo avete fatto, non avete un ufficio stampa sufficientemente solido che avrebbe potuto indirizzarvi, se proprio ne sentivate la necessità, su pubblicazioni dal respiro più sereno?

Non ci siete piaciuti, cara signora Elsa, caro professor Mario, vi è mancato quello stile che tutti noi, senza eccezioni, vi abbiamo sempre riconosciuto. Se il Potere attrae, basta dirlo chiaramente. Noi possiamo sicuramente aiutarvi a scegliere meglio.  

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