Prima l’ipotesi era quasi panoramica: il percorso del Tav passava per il litorale del Veneto e del Friuli, abbracciava l’aeroporto di Tessera Marco Polo e scorreva per Jesolo e altre località turistiche. Il treno dell’Alta Velocità/Alta Capacità Venezia-Trieste avrebbe incontrato, sfrecciando vista mare, il Piave aree di bonifica, campi e chissà, forse anche un nuovo parco divertimenti.
Un sogno fatto di merci, turisti e bagnanti che però non piaceva a nessuno. I sindaci interessati (a parte Jesolo) hanno alzato la voce: troppi costi, con un inaccettabile deturpamento del paesaggio. Le categorie produttive si sono lamentate: i tempi si sarebbero allungati troppo. E anche dal punto di vista tecnico erano sorti problemi. Per non parlare dei comitati No Tav. E così si è ripiegato su una via più interna, che attraversa i paesini della provincia veneziana. Quarto d’Altino Meolo, Santo Stino di Livenza, e centri come Portogruaro e Ceggia. Qui passerà il Corridoio Cinque che collegherà Italia e Slovenia. È il secondo capitolo. L’ultimo? Non sembra. Nel polverone delle baruffe veneziane, c’è molto da capire. I tempi sono incerti, il tracciato anche di più. Si discute, insomma, ma soprattutto si aspetta.
«A giugno ci saranno i risultati degli studi di fattibilità chiesti dal commissario straordinario», spiega a Linkiesta Alessandro Nardese, sindaco di Noventa sul Piave. «Allora si saprà cosa conviene di più», cioè se sarà meglio far passare il Tav accanto al tracciato dell’autostrada, l’A4 oppure lungo la ferrovia che c’è già. In entrambi i casi, ci sono sindaci che chiedono dialogo, cioè promettono battaglia.
«È normale», spiega Michele Basso, sindaco di Meolo: «Ogni paese cerca il meglio per sé, è campanilismo». Lui, del resto, ne è un esempio: in quanto favorevolissimo al primo percorso, quello lungo il litorale. «Certo. Lo volevo perché così non avrebbe toccato in modo grave il mio paese», ammette. Ma questo cambia poco. «Il Tav ci vuole lo stesso, anche se passa in mezzo a Meolo». Anche se ci sono questioni ambientali di mezzo. «Le capisco. Ma lo sviluppo è importante: non possiamo perdere questa opportunità». Come lui la pensa il sindaco di Jesolo, Francesco Calzavara, che addirittura aveva chiesto un tracciato più vicino alla sua città, e più spostato verso il litorale. «Più che altro per creare una nuova stazione tutta nostra, che avrebbe portato più turisti sulle spiagge». Per lui, la scelta di una via più interna è un po’ una delusione.
Ma sono casi isolati: il resto delle amministrazioni resta a vedere. Sono tutti contrari al percorso sul litorale, ma si dividono su quello interno. Luigino Mori, 49 anni, sindaco di Santo Stino di Livenza, è quasi un NoTav. «Le opzioni possibili finora avanzate sarebbero una iattura». Per lui non si può passare in mezzo ai paesi, che si sono sviluppati intorno alla ferrovia, «vorrebbe dire abbattere case, palazzi. Viene da chiedersi se l’opera serva davvero. I treni ci mettono tempo a prendere velocità. E poi in Slovenia dovranno rallentare, perché lì il Tav non ci sarà. Quindi finiamo a spendere cinque o sei miliardi per risparmiare venti minuti?». Come al solito, dice, «non ci si capisce niente. Ci sono fior di tecnici che dicono che serve. E altri che dicono che non serve. A chi credere?».
Chissà. Intanto le questioni si assommano: c’è l’ambiente da una parte, ma anche la pressione di Confindustria Veneto, che vuole l’opera: «altrimenti ce la facciamo da noi». E poi c’è la politica, regionale, nazionale, europea, come spiega a Linkiesta Debora Serracchiani. Per lei «si tratta di una questione di strategia infrastrutturale, che non può tagliare Veneto e Friuli fuori dalla competizione internazionale». Nemmeno l’iniziale contrarietà di Mauro Moretti, amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, la dissuade. «Poi ci ha ripensato. La necessità è di trasferire il trasporto delle merci dalla gomma alla ferrovia, come ci chiede l’Europa, e poi aumentare il flusso dei passeggeri». A questo, insomma, lavora la Regione, insieme al Ministero dell’Ambiente e al commissario straordinario per il Tav Bortolo Mainardi, nominato dal Governo nel luglio 2011: coordinare i lavori, mettere insieme le opinioni, trovare le soluzioni migliori anche a livello locale. Una missione impossibile.
Per questo è scesa in campo anche Francesca Zaccariotto: insieme sindaco di San Donà di Piave, sulla via del Tav, e presidente della Provincia di Venezia. «È importante pensare all’economia, ma non si può distruggere una serie di paesi», spiega. «Per questo, dal momento che ora l’ipotesi è quella di passare in mezzo ai paesi, si pensava di proporre l’interramento». Cioè? «La costruzione di gallerie sotterranee in prossimità dei centri». Ma è costoso. «Già». E molto difficile da realizzare.
In ogni caso il suo ruolo, dice, «è quello di farmi portavoce del territorio, portare le istanze di tutti. Per questo posso agire grazie al mio doppio ruolo, di sindaco, che capisce i problemi della zona, e da presidente della provincia, che riesce ad avere una prospettiva più ampia e rappresentativa». E allora «i Comuni, nell’ultimo incontro, mi hanno delegato per rappresentarli al Ministero dell’Ambiente», spiega. Tutti? «Sì». Sicura? «Assolutamente».
«Io la mia delega a lei non la do», spiega Silvia Conte, sindaca (con la “a”, come lei stessa ha deliberato dall’otto marzo scorso) di Quarto D’Altino. Lei tiene a precisare che quello che conta sono tre cose: rispetto per l’ambiente, trasparenza delle decisioni e coinvolgimento di tutte le istituzioni. «La questione è ancora aperta: non c’è un tracciato, non c’è un percorso definito, né tempi né spese. Insomma, non c’è una linea comune. Mi chiedo come possa farsi portavoce delle istanze dei sindaci, se i sindaci hanno istanze diverse». Troppo presto. «E poi perché? Non c’è solo la provincia di Venezia che è coinvolta nel progetto. Pensi a Roncade, che cade sotto Treviso. Perché farsi rappresentare da lei?». E il sindaco di Roncade conferma. Nessuna intenzione di delegare.
Un ostacolo in più, forse. Di sicuro, molto di questo è pretattica. Ci si prepara, perché i giochi cominceranno dopo giugno, quando ci saranno i risultati degli studi: allora si dovrà intervenire sul tracciato, indicare i paesi più e meno colpiti e definire quelli che saranno gli snodi. E lì si vedrà chi, in questi mesi, si è mosso meglio. Per questi motivi Jesolo tentava di tirare il treno dalla sua parte, per favorire l’arrivo dei bagnanti. E poi, spiegano alcuni del NoTav, la fermata nella vicina zona di Passarella, nei campi, avrebbe favorito non solo l’arrivo dei turisti, ma anche la nascita di un nuovo parco giochi, del genere di Gardaland. Che, va detto, sarebbe opera del Comune di San Donà di Piave, dove, si fa notare, è sindaco proprio la Zaccariotto, il presidente della Provincia che vuole parlare per tutti. Ma ormai il progetto della via litorale è passato, e il resto sono dietrologie.
In ogni caso, si discute, si parla, e si decide poco. Dall’alto del Palazzo della Regione Veneto, intanto, Luca Zaia cerca di mediare: territorio, industrie, campagne e interessi internazionali. Meglio muoversi con prudenza. Il Tav, sul Piave, deve passare. Ma passerà?