Gongola, Attilio Befera, il direttore dell’Agenzia delle Entrate. Gongola, e non lo nasconde. L’attività di controllo dei redditi dei contribuenti che ha predisposto sta infatti dando i suoi frutti, come Linkiesta ha evidenziato l’altro ieri, con risultati rilevanti sia in termini di numero degli evasori “pizzicati”, sia di somme recuperate. E il feroce Attilio, quindi, annuncia nuovi blitz in stile Cortina. Non dice, però, ciò che probabilmente lo farà ancora più contento: cioè, che il solo pensiero di poter essere pescati con le mani nel sacco costituirà per molti evasori o aspiranti tali un formidabile deterrente a non sgarrare. Quindi, la sola minaccia di spettacolari azioni anti-furbo, indipendentemente dal fatto che vengano davvero portate a termine o meno, farà probabilmente affluire nelle casse dell’erario un ulteriore, prezioso gruzzolo, annche senza muovere un dito. La certezza della pena di cui parlava Beccaria, applicata al settore fiscale, convincerà molti contribuenti finora un po’ troppo disinvolti a rigar dritto
Però, se Befera se la ride, c’è qualcuno che piange. E le lacrime le versano non solo le vittime dei suoi raid, ma anche chi vende loro certi raffinati oggetti. Per esempio, le vetture di lusso, il cui mercato registra in Italia crolli anche superiori a quelli, già devastanti, che stanno scuotendo l’intero settore dell’auto. Marzo si annuncia ancora più sismico, ma già nel bimestre gennaio-febbraio Mercedes ha perso il 9,32% delle immatricolazioni di auto nuove rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso e le eterne rivali Audi e Bmw sono, rispettivamente, a -25,32% e a -9,26%, mentre Volvo accusa un -15,54% e la nipponica Infiniti, marchio premium di Nissan, un brutto -44,88%. Nella nicchia delle supercar, le cose vanno anche peggio: Maserati è precipitata a -64,18%, Ferrari registra un -55,77% e la bandiera dell’automobilismo sportivo britannico, la mitica Aston Martin di James Bond, in gennaio ha targato 8 vetture e appena una in febbraio, contro le 25 dello stesso bimestre 2010. Si salvano solo Lamborghini con un +61,64% e Porsche (+1,71%), mentre le inarrivabili e aristocratiche Rolls Royce e Bentley non dichiarano i dati. Tra le marche un po’ meno al “top”, ma sembre di prezzo tutt’altro che popolare, registrano una crescita bimestrale solo Lexus (+19,41%, ma con un febbraio deludente a -14,13%) e Jaguar, con un +16,25%.
Tuttavia, proprio dalla Jaguar, che nel disastro generalizzato non avrebbe apparentemente troppi motivi per lamentarsi, è arrivato un siluro all’indirizzo di Befera. Alberto Di Filippo, il direttore vendite di Jaguar Italia, intervistato la settimana scorsa da un sito automobilistico sulle soluzione da mettere in campo per risollevare le vendite delle vetture alto di gamma, ha risposto così: “Credo basterebbe limitare la spettacolarizzazione degli interventi finalizzati al controllo fiscale, che dovrebbero essere fatti d’ufficio (più efficaci e meno costosi) evitando così di demonizzare l’ostentazione della ricchezza dove correttamente dichiarata“.
Il messaggio è chiarissimo: i blitz di Befera nelle località frequentate dal bel mondo disturbano le vendite delle supercar e allontanano dagli autosaloni del lusso la clientela più abbiente, che si sente nel mirino. Befera, però, non se n’è dato pensiero e quasi contemporaneamente alle dichiarazioni di Di Filippo ha fatto scattare a Roma e in Veneto un’operazione che ha condotto i suoi segugi negli uffici di un’astuta azienda che permetteva l’esportazione fittizia delle vetture di lusso nascondendole al fisco italiano (e anche al temuto superbollo varato da Monti), ma lasciandole di fatto nella disponibilità dei proprietari. Ghiotto il bottino del colpo di mano: gli ispettori hanno rinvenuto la documentazione di una sessantina tra già clienti e aspiranti tali che ora stanno passando un brutto quarto d’ora, visto che l’Agenzia delle Entrate ha messo sotto la lente d’ingrandimento tutte le loro attività, e probabilmente ne scoprirà delle belle. Ovviamente, Befera non ha mancato di fare “outing” in un compiaciuto comunicato stampa che ha dato conto dell’operazione riportando alcuni gustosi dati, come quello della modesta ottuagenaria pensionata, ma proprietaria di una potente Audi Q7 che in realtà era del figlio, professionista residente in un paradiso fiscale e in procinto di “esportarla” per evitare il superbollo. Anche qui, il messaggio è stato altrettanto chiaro: evasori piantatela e pagate, perché vi staneremo.
Ovviamente, ciascuno fa il suo mestiere. Befera deve dar la caccia agli evasori e Di Filippo deve vendere le Jaguar. Però il capo della casa britannica non può far finta di non sapere che un po’ di “spettacolarizzazione” da parte dell’Agenzia delle Entrate, e anche un po’ di comunicazione sui risultati dello spettacolo, non preoccuperanno più di tanto chi ha la dichiarazione dei redditi in ordine, ma serviranno a far capire a certi clienti del giaguaro eventualmente interessati (e ovviamente anche a chi preferisce cavallini rampanti e stelle a tre punte) che la festa è finita e che è ora che paghino ciò che forse alcuni non hanno mai pagato: le tasse.