Sardegna, l’isola delle basi non vuole più servitù militari

Sardegna, l’isola delle basi non vuole più servitù militari

CAGLIARI – Sardegna e servitù militare sono un binomio inscindibile ormai da quasi settant’anni. Un matrimonio forzato cominciato nel 1952 con la sottoscrizione dell’accordo di Mutua Sicurezza, con il quale gli Stati Uniti reclamarono, alla fine della guerra, delle postazioni sul suolo italiano, e continuato in una serie di accordi, leggi, conferenze e protocolli per tutelare e regolamentare la politica delle servitù militari. Che col passare degli anni in Sardegna aumentano sempre di più.

Sul sito della Regione Sardegna si possono ripercorrere le tappe della storia delle servitù militari sull’Isola. Vi si legge un dato importante: a partire dal 1990 l’Isola ottiene l’emanazione di una nuova legge sulle servitù militari, che apporta diverse modifiche alla precedente legge 898/1976. Una tra queste è l’obbligo di stilare un elenco delle regioni maggiormente oberate da servitù militari: già dal primo elenco stilato la Sardegna risultò al primo posto.

Ancora oggi la Sardegna continua a essere una delle regioni d’Italia con la più alta presenza di servitù militare. Oltre alle basi in uso alle forze armate italiane, vi sono quelle Usa e Nato. Tra le sue basi l’Isola ha il privilegio di ospitare i due poligoni più estesi d’Italia: il poligono del Salto di Quirra-Perdasdefogu (nella Sardegna orientale) occupa 12mila 700 ettari mentre il poligono di Teulada ne occupa 7mila 200. Il poligono Nato di Capo Frasca (sulla costa occidentale) invece ne occupa oltre 1.400, come riporta il sito della Regione Sardegna.

Popolazione, associazioni e talvolta anche governi locali hanno cercato di porre un freno alla servitù militare in Sardegna. Del 1999 è l’accordo tra l’allora Presidente della Regione Sardegna Palomba e l’allora Presidente del Consiglio Massimo D’Alema per il riconoscimento di indennizzi a proprietari di immobili e pescatori danneggiati dalla sospensione forzata delle loro attività, che si andò ad aggiungere al già esistente provvedimento del ’90 per l’erogazione di un contributo annuo a favore dei Comuni, in rapporto ai rispettivi gravami, per finanziare opere pubbliche e servizi sociali.

Il poligono di Salto di Quirra (Flickr – Mat.Tauriello)

A marzo 2012, la Sardegna ha ottenuto il 70% del totale nazionale destinato agli indennizzi: una cifra pari a 19 milioni di euro. Una parziale consolazione di fronte all’ancora insoluto problema della conversione e riqualificazione delle strutture (come doveva avvenire alla base della Maddalena, la cui base fu dismessa sotto la presidenza Soru nel 2008. L’ex presidente incontrò già nel 2006 l’allora Ministro della Difesa Arturo Parisi per discutere della gravità che assumeva la questione), chiesta a gran voce e, soprattutto, in maniera trasversale dagli abitanti, in particolare dopo l’evidenza dell’impatto negativo sul territorio e sulla piccola e media impresa locale, specialmente il settore agroalimentare.

Pochi giorni fa il senatore del Pd Gian Piero Scanu ha proposto, in una mozione presentata a Palazzo Madama, la chiusura del poligono di Capo Frasca a Oristano e di Teulada entro tre mesi e l’avvio dei lavori di bonifica a Quirra, per ripristinare l’originale funzione di “ricerca tecnico-scientifica” della struttura. Ciò che fa ben sperare è il sostegno bipartisan alla proposta, che stando a ciò che riporta il sito della Regione Sardegna «ha trovato in Senato un consenso per certi versi addirittura maggiore a quello che consente al premier Mario Monti di guidare il Governo». La sottoscrizione arriva infatti da 117 senatori di tutti gli schieramenti politici.
 

Scheda sulle servitù militari in Sardegna (fonte Regione Sardegna)

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