Treu: “a Biagi questa riforma sarebbe piaciuta ma ora ci vuole la crescita”

Treu: “a Biagi questa riforma sarebbe piaciuta ma ora ci vuole la crescita”

«Eravamo colleghi e amici», spiega Tiziano Treu, ex ministro dei Trasporti e prima ancora del Lavoro, mentre ripensa all’amico Marco Biagi, morto ucciso in un attentato delle nuove Br dieci anni fa esatti. «Un uomo impegnato, molto interessato al sociale, alla cooperazione. Avevamo anche lavorato insieme in una scuola estiva, dove venivano studenti e operatori sociali dell’America Latina», ricorda.

Ricordi personali, ma anche valutazioni politiche. Per quel che riguarda la sua eredità, forse ci voleva davvero un governo tecnico: la sua riforma del lavoro ancora risulta non realizzata in pieno. «Lui aveva un disegno molto completo: la sua riforma abbracciava sia il mercato del lavoro che quello degli ammortizzatori sociali. Era proprio un modello europeo, prevaleva la flexsecurity».

Le cose, però, sono andate in modo diverso: «la flessibilità è stata sì introdotta», spiega, «ma in modo forse eccessivo». Mentre «non è andato avanti il progetto di introdurre sistemi di sicurezza». Un problema che ha avuto molte cause, secondo Treu: «Il governo è caduto subito dopo» e non se ne è fatto niente. Insomma, «certi aspetti della flessibilità potevano essere regolati meglio, e hanno lasciato spazio agli abusi». Proprio sugli aspetti di cui si discuteva allora, si discute ancora oggi. «Il progetto di allora è buono, funziona ancora», anche se di questi tempi il problema è diverso: «La crescita: è difficile realizzarla in un periodo di difficoltà economica».

Della stessa opinione è anche Guido Ferradini, giuslavorista di Firenze. Condivide l’idea che «l’intuizione di Biagi fosse giusta, di fondo». Secondo lui «si doveva intervenire sul mercato, per renderlo più mobile: si rischiava davvero un irrigidimento». La sua seconda fase, quella degli ammortizzatori sociali «era un tentativo di affrancare la reintegrazione dall’articolo 18». Cosa giusta, sostiene: «la tutela dei diritti ora significa tutela economica dei diritti». Cioè, una protezione economica che però non irrigidisca il mercato. «Come ha detto Monti, una posizione che permetta la “difesa del lavoro” e non “la difesa del posto di lavoro”». In sostanza, la riforma di Biagi tentava di creare un mercato più fluido e meno costoso introducendo forme contrattuali diverse. Però con la volontà di coprire dal punto di vista sociale.

«Ma la riforma degli ammortizzatori, appunto, non s’è fatta. I partiti hanno troppe pressioni, come il voto». E allora si è arrivati a oggi, quando a farla è un governo tecnico, che queste pressioni non le ha. «Ma c’è un problema: si tratta di una riforma sempre difficile, perché è molto costosa». Cioè «in un periodo di crisi è molto difficile attuarla. Ci può essere flessibilità se il mercato è fluido. Cioè, chi lascia un lavoro ne trova preso un altro. Ma perché il mercato sia fluido, ci deve essere la crescita», altrimenti «è molto difficile». In ogni caso, la riforma Fornero è senz’altro un passo avanti. Un traguardo che si raggiunge dopo dieci anni con una riforma che, a ben guardare, «a Marco Biagi sarebbe piaciuta».  

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