Catania. Pizzini in mano e coppola in testa. Non è un identikit, ma l’abbigliamento consigliato per il “Baciamo le mani Party”, una festa a tema che si terrà stasera, sabato, al Paradiso dell’Etna, un noto locale poco lontano da Catania.
L’invito recita di “uno sbeffeggiare simpatico della Sicilia rurale che esportò illustri personalità ma anche alcune particolari caratteristiche fatte di Vossignoria e Mammasantissima”, e indica il dress code per i partecipanti: “camicia bianca, gilet, coppola e pizzini” per lui, per le donne “vedi la Mariagrazia Cucinotta o la Monica Bellucci di Màlena”. Tutti a ballare sulle note della colonna sonora de “il Padrino”: una serata piena di simboli che “rispecchierà tutti i colori del Made in Sicily”.
La pretesa di leggerezza con cui gli organizzatori ironizzano sulla mafia ha scatenato polemiche e indignazione sulla pagina facebook dell’evento e su alcuni blog, ed è stata duramente criticata anche dall’associazione Libera: “In nome di tutte le vittime della mafia e dei loro parenti che rappresentano la parte migliore della storia del nostro Paese, crediamo che ci sia davvero poco di simpatico nel riaggiornare il mito della peggiore Sicilia criminale e ci vergogniamo del riferimento iconico alla sicilianità con coppola e pizzini”, si legge in una nota dell’associazione guidata da Don Ciotti.
Per Fabrizio Famà, figlio dell’avvocato catanese Serafino, ucciso dalla mafia nel 1995, lo spirito da innocente amarcord invocato dai pr che pubblicizzano l’evento è semplicemente offensivo. “Se in un ghetto ebraico facessero un party a tema con le divise del Terzo Reich, che succederebbe?” chiede provocatoriamente. Fabrizio e la sorella Flavia si dicono sgomenti “nel pensare che ci sia ancora gente che ritiene la criminalità e i suoi personaggi dei simboli da imitare”, e criticano il party soprattutto “per il messaggio che dà ai giovani, facendo credere che coppola e pizzini siano solo divertente folklore da imitare e non parte integrante di una becera mentalità di violenza e prevaricazione”.
Non è nemmeno la prima volta che in Sicilia la simbologia mafiosa viene usata a scopi commerciali. Invece di celebrare chi ha avuto il coraggio di combatterla, negli aeroporti e in molte zone turistiche si vendono magliette con disegni di padrini, coppole e lupare, e critiche e lamentele non hanno mai dissuaso una cartoleria dello scalo di Fiumicino dal vendere dei mini bloc notes chiamati “pizzini”. Un marketing alla rovescia che non sembra passare di moda. Resta una domanda: in Sicilia si può ironizzare sulla mafia?