BERLINO – Dopo una maratona negoziale di oltre 46 ore che si è protratta per tutta la notte, all’alba di sabato il ministro degli Interni tedesco Hans-Peter Friedrich ha annunciato di aver raggiunto un accordo con i sindacati per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego. Giunti al terzo tavolo di incontri nel giro di un mese, i rappresentanti dei datori di lavoro (lo Stato federale, i Länder, i comuni e le società controllate pubbliche) hanno praticamente ceduto a quasi tutte le richieste del sindacato dei servizi pubblici (Verd.Di-Vereinte Dienstleistungsgewerkschaft), che riunisce oltre due milioni di impiegati statali e dall’inizio di marzo ha promosso mobilitazioni che hanno interrotto di volta in volta le attività in un po’ tutti gli enti ed i servizi in Germania.
L’intesa prevede un aumento salariale del 6,3% nei prossimi due anni, con una prima tranche del 3,5% retroattiva a partire dal 1° marzo e due ulteriori scatti a gennaio ed agosto 2013, per un incremento effettivo contando anche gli interessi semplici e composti del 6,41%. Una maggiorazione molto vicina al 6,5% richiesto dal Ver.Di nel corso degli ‘scioperi d’avvertimento’ (Warnstreik) organizzati a scacchiera, sfruttando la struttura federale del sindacato che ricalca quella amministrativa tedesca. E in netto rialzo rispetto ad una prima offerta del governo di un aumento del 3,3%, tanto da spingere il presidente della Bundesbank Jens Weidman a dire che «l’accordo non è sicuramente un criterio di paragone con altri campi e va valutato in modo separato» paventando il rischio di una ripresa dell’inflazione. Il timore ventilato è che l’intesa, in netta controtendenza con la moderazione salariale o addirittura i severi tagli imposti in diversi Paesi dell’area euro investiti dalla crisi, possa fare da battistrada ai numerosi rinnovi contrattuali attesi quest’anno incoraggiando i lavoratori tedeschi a superare di fatto il cosiddetto ‘modello tedesco’ basato sulla cogestione e la contrattazione in ambito di impresa e reclamare aumenti di stipendio adeguati alla perdita del potere d’acquisto subita negli ultimi 10 anni di moderazione salariale.
«Molto è stato raggiunto, ma non tutto», ha commentato soddisfatto il capo del sindacato Ver.Di Frank Bsirske, palesando però l’insoddisfazione per non essere riusciti a far accettare ai datori di lavoro il riconoscimento di una soglia minima degli aumenti, per garantire anche i lavoratori con gli stipendi più bassi. Oltre alla busta paga più pesante, l’accordo prevede la concessione di 29 giorni di ferie già dal primo anno di contratto e l’assunzione a tempo indeterminato dei tirocinanti dopo un anno.
Secondo il presidente dei datori di lavoro comunali Thomas Böhle, l’accettazione dell’intesa porta le finanze delle diverse amministrazioni comunali, sui quali già nel 2011 pende un debito complessivo di 130 miliardi di euro, «alla soglia massima sopportabile». Una prima stima prevede per i comuni un maggiore esborso di 4,3 miliardi di euro a partire dal 2013, mentre per le casse dello Stato federale il rinnovo contrattuale dovrebbe costare 550 milioni di euro l’anno.
«Con l’aumento salariale ottenuto in questo rinnovo contrattuale hanno vinto i dipendenti pubblici», ha detto annunciando l’accordo il ministro Hans-Peter Friedrich, che secondo il domenicale tedesco ‘die Zeit’ «ha accettato il compromesso con i sindacati dopo aver sondato l’appoggio della cancelliera Angela Merkel e del ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble». Soprattutto per evitare il proseguimento degli scioperi come nelle ultime settimane.
A metà maggio si svolgeranno infatti le elezioni regionali nell’importante Stato industriale della Renania settentrionale-Vestfalia (Nordrhein-Westfalen), mentre per la fine di aprile è atteso il rinnovo contrattuale dei lavoratori metalmeccanici. «Suggestive immagini di bidoni traboccanti di spazzatura, autobus e metropolitane fermi nei depositi mentre le strade si riempiono di impiegati pubblici e metalmeccanici in sciopero – scrive ‘die Zeit’ – non si inseriscono nel quadro di una repubblica ben organizzata».
In realtà, il successo degli scioperi e l’alta partecipazione alle mobilitazioni da parte dei lavoratori ha stupito gli stessi sindacalisti, ma evidentemente la strategia a lungo perseguita, tanto in tempi di vacche grasse quanto in quelli di magra, di rinunciare a generosi aumenti salariali per i lavorator per consentire alla Germania di rimanere a galla durante la recessione e successivamente di rimettersi in marcia con buone prospettivedi crescita non era più sostenibile. E con 10 anni di moderazione salariale alle spalle e decenni di ‘modello tedesco’, tanto rinomato ed ammirato all’estero, la prospettiva è quindi che dopo gli ‘scioperi d’avvertimento’ per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego cominci ora la mobilitazione dei lavoratori metalmeccanici, seguiti poi dai dipendenti dell’industria chimica e di quella elettrotecnica.
I dati non tengono conto dell’inflazione