Ma è proprio vero che a Unipol non ci sono alternative «serie e concrete» come continuano a ripetere i banchieri al capezzale di Fondiaria Sai?
Nei mesi scorsi è circolato con insistenza il nome di Axa, il più importante gruppo assicurativo francesi, fra i principali in Europa. Non se n’è fatto nulla. Il tema è stato anche sul tavolo (v. articolo) della Berkshire Hathaway International Insurance, braccio assicurativo britannico del gruppo che fa capo al miliardario americano Warren Buffett, uno dei più grandi investitori di tutti i tempi. Ma, anche qui, il negoziato si è arenato. E non per mancanza di interesse da parte della Berkshire.
Chi conosce bene i dettagli dell’affare mancato è Giovanni Francesco Curioni, detto Franco. Presidente della Reinsurance International Brokers, Curioni è uno dei principali broker riassicurativi italiani: intermedia fra compagnie assicurative e operatori internazionali della riassicurazione, settore chiave della finanza globale che opera come “assicuratore degli assicuratori”. Linkiesta lo ha raggiunto al telefono.
Curioni, ma allora l’Italia ha seriamente corso il rischio di avere Buffett come socio di una compagnia assicurativa?
Be’… diciamo che qualcosa c’è stato, ma non posso dire molto, ci sono dei vincoli, si capisce.
Sul mercato lei è indicato come il broker che ha mediato tra la Fondiaria dei Ligresti e la Berkshire Hathaway di Warren Buffett. Come mai l’affare non è andato in porto? A Londra si sono spaventati?
No, no, è stata una scelta della parte italiana. Una scelta legittima, per carità, anche se mi è spiaciuto molto. Comunque, non c’era solo la Berkshire Hathaway ma anche altre compagnie.
Qualche nome?
Diciamo che c’era un pannello di riassicuratori, preferisco non aggiungere altro, tanto ormai l’offerta è andata.
E quando avete smesso di trattare?
Più o meno a metà dicembre, dopo un mese circa di contatti.
Non avevano paura dello spread sopra 500 punti?
Si tratta di operatori con le spalle larghe in grado di gestire queste cose e avevamo preparato un’offerta tecnicamente molto complessa e, a mio giudizio, di grande qualità. Ma non eravamo gli unici a trattare, posso supporre. In quel momento il mercato internazionale era piuttosto effervescente rispetto a Fondiaria.
Come funzionava l’accordo che ha tentato lei?
Era un percorso tecnico che comportava una base riassicurativa imponente e una parte non riassicurativa. La nostra è stata un’analisi molto tecnica, spiegarla così su due piedi non si può…
… in sostanza proponevate di rilevare una parte del portafoglio rischi?
La nostra proposta partiva da un’analisi riassicurativa con cui la controparte può ridurre i suoi rischi, incamerando capacità e diminuendo la necessità di capitale. Questo genere di operazioni sono normali nel mondo riassicurativo.
Ma chi cede il portafoglio, come viene remunerato?
Diciamo che di solito si conferiscono commissioni al cedente sulla base di una proieizione di utili su più anni. Nel nostro caso, l’arco temporale era triennale.
E per la parte “non riassicurativa”? Eravate pronti a entrare nel capitale o pensavate a strumenti ibridi di capitalizzazione?
Ormai non è più il caso di entrare in questi dettagli, basta dire che c’erano componenti di diverso genere.
Ma, scusi, perché i Ligresti hanno rifiutato l’accordo con Buffett?
Una società valuta le offerte, e si sceglie quella che ritiene migliore. A me dispiace da un punto di vista di business, perché continuo a pensare che era un bell’affare per tutt’e due.
Fondiaria è ancora oggi un bell’affare?
Assolutamente. Dopo il periodo di difficoltà ci metterà poco a recuperare, parlo ovviamente a livello industriale, non finanziario. Fondiaria è una grande compagnia, con una struttura tecnica nell’Rc auto fra le prime in Italia. Conosco a uno a uno i manager che ci sono dentro, gente tecnicamente di alto livello. Basta vedere cosa sta succedendo adesso che si sono create le condizioni giuste.
Cosa sta succendo, scusi?
La compagnia sta cambiando. Quella di oggi non è più la Fonsai di un anno fa. Certo, per “girarla” ci vuole tempo, è come una petroliera in manovra. Non è come aprire la finestra e fare entrare il sole. Ci vuole un movimento di pulizia. Erbetta e Peluso hanno fatto un lavoro certosino. Quello che non emerge da questo merdaio che c’è sui giornali tutti i giorni, è il grande lavoro che è stato fatto nell’ultimo anno. È dura resistere in un momento simile.
Lei non fa come la volpe con l’uva… vuol dire che ci spera ancora?
Rispettiamo le scelte, per carità. I risultati tecnici che stanno emergendo, andamento sinistri/premi ed efficienza della gestione industriale mostrano un turnaround vero, anche se il gruppo si porta dietro un fardello che conosciamo.
Ma se erano così bravi, com’è che accaduto quel che sappiamo?
Come in ogni cosa ci devono essere le condizioni per fare bene, ma io non voglio giudicare, non sono nessuno per farlo. Ma posso dire che industrialmente chi se la prende fa un affare, non c’è dubbio, la compagnia è un patrimonio del mercato italiano.
A un certo punto è spuntata Unipol: la ritiene una sconfitta onorevole?
Hanno deciso così. Su Unipol non so dire perché non ho rapporti di affari, anche se lì ho tanti amici, però non conosco la struttura. Penso sia una buona compagnia.
Si è scelto di tentare un’operazione di sistema.
Non saprei, noi vediamo solo l’aspetto tecnico operativo, non guardiamo la parte politica.
Mediobanca e Unicredit sono stati fermissimi sul punto.
Non so che dire, non è il nostro mondo. Noi siamo come gli ingegneri, analizziamo tecnicamente la situazione e proponiamo la soluzione. Sono solo un onesto operaio del mercato riassicurativo. Altri discorsi sono lontani anni luce.
Ma se non si chiudesse l’accordo con Unipol, ci sarebbero ancora operatori interessati a FonSai?
Be’, chi può dirlo adesso. Ma se c’erano con lo spread a 500…
* * *
Giovanni Francesco Curioni, detto Franco, lodigiano di Casalpusterlengo, ha iniziato la sua carriera alla Milano Assicurazioni, quando non c’erano ancora i Ligresti. Ha trascorso un periodo a Londra presso i Lloyd’s, di cui oggi attraverso Assigeco, è “correspondent in Italia. Ha poi continuato la sua carriera come broker riassicurativo fino a fondare, nel 1988, la R.I.B.-Reinsurance International Brokers. Dallo scorso novembre è consigliere di amministrazione del Banco Popolare. È patron della Assigeco Basket, che gioca nella Divisione nazionale A, il massimo livello dilettantistico, ed è stato anche presidente della Lega nazionale pallacanestro. Alle cene con i suoi giocatori e collaboratori si diletta a duettare MyWay.
Twitter: @lorenzodilena