Le cartelle di Equitalia colpiscono anche il no profit. È il caso della onlus romana “Salvamamme”, che da vent’anni dona vestiti e pappine a madri e bambini in condizioni di povertà. «Comuni ed enti pubblici segnalano all’associazione le famiglie disagiate da assistere, ma i fondi da parte della pubblica amministrazione ritardano ad arrivare», spiega la presidente Grazia Passeri. Così, nella cassetta della posta di via Friggeri 59 si accumulano bollette e tasse da pagare. Gli stipendi dei dipendenti non vengono accreditati. E con il passare del tempo, arrivano anche le multe di Equitalia. Tanto che l’associazione, messa alle strette dalle cartelle esattoriali, rischia di chiudere i battenti. «È giusto punire gli evasori fiscali», continua Passeri, «ma non il no profit che soddisfa i bisogni primari. Dovremmo essere coccolati dallo Stato, non puniti. Così ci massacrano».
Silvio Pergameno, presidente onorario della Corte dei Conti e socio fondatore di “Salvamamme”, lo scorso 3 aprile ha inviato al presidente del Consiglio Mario Monti una lettera nella quale descriveva la situazione di difficoltà dell’associazione. Il 12 aprile ha poi lanciato un appello indirizzato alle forze politiche. «Crediamo nelle istituzioni», si legge, «ma siamo sconvolti perché rischiamo di essere uccisi proprio dalle istituzioni e dalle burocrazie. E come noi in condizioni analoghe si trovano un gran numero di associazioni benefiche».
A Roma l’associazione Salvamamme ha cinque sedi, di cui una interna all’ospedale San Camillo, più un numero di telefono attivo ventiquattro ore su ventiquattro per segnalazioni e richieste. «Nel Lazio operiamo in modo capillare», racconta la presidente, «con il resto d’Italia invece usiamo come mezzo di comunicazione Facebook e le e-mail: le famiglie in difficoltà ci chiedono aiuto e noi spediamo pacchi di cibo e vestiti». Nei magazzini di via Friggeri arrivano ogni giorno tir carichi di alimenti, vitamine, passeggini e giocattoli. L’associazione seleziona, rimette a nuovo, cataloga e redistribuisce tutto sulla base di migliaia e migliaia di richieste formulate con fax protocollati da centinaia di amministrazioni, enti pubblici e privati.
Lo scorso anno “Salvamamme” ha distribuito in tutta Italia più di 100 mila confezioni di cibo a 2.200 bambini di 79 diverse nazionalità. «Prima si rivolgevano a noi soprattutto mamme single e immigrati», spiega Grazia Passeri, «da qualche anno, con la crisi economica, sono aumentate le richieste da parte di famiglie italiane con genitori disoccupati o cassintegrati». I fondi per il finanziamento della onlus, per la quale lavorano dieci persone stipendiate e cento volontari, arrivano in parte dalla Regione Lazio (200 mila euro) e in parte dal Comune di Roma (100 mila euro), con l’aggiunta di circa 5 mila donatori che ogni anno portano carrozzine, tutine e giocattoli nei magazzini di “Salvamamme”. «Qualche volta vinciamo un bando pubblico», aggiunge Passeri, «ma non riusciamo neanche a fare grandi raccolte fondi perché siamo assediati ogni giorno dalle continue richieste di donazioni».
Il punto è che gli aiuti da erogare non possono essere rimandati. «Non possiamo dire a chi ci chiede aiuto di aspettare che arrivino i soldi pubblici per pagare i trasportatori», ribadisce Passeri, «anche perché molti ospedali, ad esempio, non fanno uscire il bambino se non c’è una carrozzina». Così le spese aumentano e le tasse pure. Mentre lo Stato continua a rallentare i pagamenti. «Tra le ultime multe di Equitalia arrivate ce n’è una di diecimila euro», continua, «mentre a noi devono ancora arrivare dalla pubblica amministrazione i soldi del 2011, e alcuni dipendenti dell’associazione aspettano lo stipendio da un anno». La soluzione? «Quando lo Stato erogherà i soldi che ci deve, si trattiene quello che dobbiamo in termini di tasse», risponde Grazia Passeri. «Ma non possono multarci per quello che non ci danno».
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