Un’Apocalisse in tono minore. L’Umberto, dopo 23 anni, lascia la segreteria della Lega: mentre un’epoca finisce, il popolo leghista, smarrito, resta sotto shock. Che fare? C’è chi, telefonando a Radio Padania, piange. Chi lo paragona a William Wallace: «un eroe, un sacrificio per tutta la Padania», chi, ancora, invoca «secessione, secessione, secessione». Chi resta convinto: «Bossi è una persona onesta. Non ha preso i soldi». E se anche fosse, dice una signora veronese, «sono contenta se ha preso i miei soldi. Alla faccia di Cruciani e Parenzo».
E poi, nel giorno della sua dipartita politica, qualcuno azzarda: «Bossi è Dio. Chi lo tocca muore». Dio forse no, ma Gesù Cristo di sicuro. Memore della Settimana Santa, in tarda mattinata la pagina Facebook rifletteva sulla questione dei soldi e di Belsito: «Per noi leghisti», scriveva, «Bossi è uno di quei capi che ricordano la figura di Cristo». Del resto «cosa ti fa lo stato italiano? Lo accusa il mercoledì, lo mette sotto accusa il giovedì, lo crocefigge il Venerdì Santo. Così Sabato rimarremo in attesa e Domenica aspetteremo la Resurrezione». Quasi azzeccato: per ora, Bossi si è dimesso giovedì, con un giorno di anticipo. Risorgerà? Secondo il leghista Erminio Boso, intervistato alla Zanzara, trasmissione di Radio24, sì. Basta aspettare l’autunno e Bossi «tornerà per acclamazione». Mentre su chi, in questa Passione padana, faccia la parte del Giuda, non ci sono dubbi: è Roberto Maroni. Lui, che all’uscita dalla sede di via Bellerio viene insultato dai leghisti al grido di «buffone».
Intanto, aria di lutto e tensione. Lo speaker litiga con chi muove dubbi: «ma quei soldi, poi, li hanno presi o no?», chiedeva l’incauto ascoltatore. Oppure si irrita quando un altro militante, al telefono, ricorda che «ci vuole compattezza, in questo momento», e che però «gente come Rosy Mauro e Renzo Bossi se ne devono andare fuori dai coglioni». «Eh no!», lo arresta Pierluigi Pellegrin: «non si accorge che è caduto in contraddizione logica? Non si può chiedere compattezza e poi insultare due membri del partito». Vero. Però il risentimento dei padani duri e puri verso alcuni personaggi dei vertici, monta da tempo.
Si tratta dei meridionali. Che ci fanno nella Lega? Scrive Omassi Mauro che «abbiamo dato la Lega in mano ai meridionali e questa è la giusta punizione. Meridionale la moglie, meridionale il tesoriere, meridionale la Rosy Mauro, meridionali molti “acquisti” innalzati ai vertici del partito e messi in posti importanti retribuiti. Bossi, la colpa è solo tua. Basta». Sono arrivati, scrive un altro, «proprio quando ha cominciato a stare male». E così tutti insieme, hanno colpito: il “cerchio magico” i magistrati, la Tanzania, il governo delle banche, il complotto. Ma soprattutto, i “terroni”. Come una volta, i nemici sono ancora loro.
Nel giorno della chiusura di un’epoca, i leghisti sono colpiti. Ma non affondati. «Non dobbiamo finire come Utu e Tutsi», lancia l’appello un militante. «Il sogno padano non è finito», rincara un altro, sempre su Radio Padania. Insomma, il Grande Capo non sarà dimenticato: come scrive sulla pagina Facebook di Radio Padania Dide Vaughan e Nespola: «Umberto Bossi, non importa che ruolo hai. Tu per me sei sempre il capo, un padre. La mia rabbia e la mia determinazione non ti tradiranno mai. Fiero padano fino ala morte. Sprofondi Roma e tutti i traditori». E ancora, Enrico: «Bossi è una persona splendida. Lui sa sempre cosa fare. Se si è dimesso, onore per la sua onestà». Addirittura.
Ma l’addio più sentito, tra tutti, è quello scritto da Sonia Bortoluzzi: «Quando l’ho saputo ero in auto. Ho iniziato a piangere. Poi ho sentito Dide (quello di sopra, ndr) e mi sono fatta forza. Pensando che non sarà più come prima. Poi ho incrociato una mussulmana coperta da capo a piedi e mi sono detta: “no, andiamo avanti”». Già. Addio Bossi, o arrivederci. Intanto, Buona Padania a tutti.