“Da tanti anni la nostra Associazione – scrive nella lettera il presidente provinciale Tristano Mussini – non organizza proteste pubbliche, ma la drammaticità del momento ci ha convinto che è ora di dire basta, basta a un gioco al massacro che rischia di minare per sempre il tessuto economico e sociale della nostra provincia tra i più colpiti dalla congiuntura economica negativa”.
La campagna immagini. In giro per la città avrete già visto i manifesti di protesta contro una politica bancaria che taglia le ali alle imprese in nome di inarrivabili garanzie e contro i mancati pagamenti da parte dello Stato, manifesti duri, che richiamano la triste ondata di quelli che sono stati definiti “suicidi economici” e che nella loro drammaticità scattano una precisa fotografia del presente: le imprese hanno l’acqua alla gola. Ora però non possiamo più fermarci alle proteste tramite voi media, alle campagne pubblicitarie e agli incontri istituzionali: è il momento di passare alle maniere forti, tornando in piazza proprio il 1° Maggio per gridare il nostro diritto di fare impresa, di produrre ricchezza e lavoro. Non c’è più tempo da perdere, la situazione, lo sapete bene, è davvero critica e la soglia di sopportazione da parte delle imprese è stata superata da tempo.
L’appuntamento. Il ritrovo è fissato per martedì 1° maggio alle ore 10.30 in piazza Martiri del 7 luglio. Qui protesteremo al grido di “Non vogliamo morire: le banche ci diano ossigeno e lo Stato paghi i suoi debiti”: manifesteremo affinché la festa del lavoro rimanga tale per tutti anche negli anni a venire, perché nessun imprenditore si trovi mai a dover meditare le soluzioni più estreme perché stretto nella morsa del credito.
La riflessione. Purtroppo la complessità del momento sta unendo al malessere economico un preoccupante malessere psicologico, che non deve essere sottovalutato: per questo Cna scende in piazza il 1° maggio e allo stesso tempo, sempre per far sì che nessuno si senta lasciato solo, sta valutando anche la possibilità di fornire un sostegno psicologico ad artigiani e imprenditori. È fondamentale ritrovare l’equilibrio in attesa, si spera, che il governo dia avvio a una nuova fase di sviluppo. Non vogliamo essere catastrofici, soltanto realisti: crediamo nella forza dei nostri imprenditori ma conosciamo le oggettive difficoltà che stanno attraversando e sappiamo che nessuno può farcela da solo: soltanto la realizzazione di un nuovo patto sociale che abbracci imprese, Associazioni di categoria, istituzioni, sindacati e Istituti di credito potrà salvarci dal baratro. Per questo abbiamo chiamato a manifestare con noi tutte le parti sociali, a dimostrazione che la nostra protesta mira soltanto alla salvaguardia del lavoro.
Punto primo, le banche. Quando manca l’ossigeno è difficile correre e l’accesso al credito è uno dei problemi principali di artigiani e piccole-medie imprese, anche di quelle che non hanno avuto riduzioni di fatturato o problemi con il proprio mercato di riferimento. Questo sommato all’aumento della pressione fiscale, al default del sistema di pagamenti sta portando sempre più imprenditori a non farcela più, sul baratro della chiusura. A confermare le nostre preoccupazioni sono i dati della Cgia di Mestre: un’impresa su due chiude i battenti entro i primi cinque anni di vita perchè non regge al mercato, al peso dello Stato sul mercato, alle continue richieste di garanzie. Nel corso del 2011 anche nel reggiano abbiamo assistito ad una complessiva riduzione dei finanziamenti alle Pmi con una frenata brusca nel terzo quadrimestre: purtroppo nei primi mesi del 2012 questa tendenza si è confermata, quando non accentuata. Al contempo il costo del denaro è schizzato alle stelle: i tassi complessivi dei finanziamenti, in base alla nostra esperienza, sono cresciuti in un anno del 40%. Sappiamo che anche le banche non navigano in acque tranquille, ma non è affossando le banche salveremo il sistema. Che fine hanno i soldi prestati dalla Bce alle banche a fine dicembre e a fine febbraio? Non sono arrivati né alle famiglie né agli imprenditori. Da un lato la nostra azione è di vigilanza sugli Istituti di credito, dall’altro abbiamo sostenuto il sistema di garanzia costituito dai Confidi, che in questi hanno sono stati il punto di riferimento per le imprese. Il credito garantito dai Confidi vale quasi il 2% del Pil e gli ultimi dati aggregati, quelli del 2010, ci dicono che i Confidi hanno garantito 7,3 miliardi di finanziamenti: è sempre più necessario che il pubblico, dalle CCIAA alle Regioni e allo Stato sostengano il capitale e il patrimonio del sistema dei confidi come condizione necessaria al proseguo dell’operatività dei Confidi.
Punto secondo, lo Stato. Il secondo problema che denunciamo sulla pubblica piazza è il ritardo nei pagamenti da parte delle Amministrazioni pubbliche. L’indagine promossa da Cna nazionale in collaborazione con Sgw svela che pagare in ritardo per le Istituzioni rappresenta purtroppo una regola, e non l’eccezione. Il 73% degli Enti pubblici italiani paga oltre la scadenza contrattuale. Le imprese che operano nei settori delle costruzioni e della manifattura sono le più penalizzate: per le prime il tempo complessivo di incasso delle fatture emesse verso enti della PA è di 238 giorni (in media 95 giorni di tempi contrattuali + 143 giorni di ritardo rispetto alle scadenze contrattuali), molto più di quanto non avvenga negli altri Paesi europei. Occorre da un lato allentare il Patto di Stabilità, dall’altro estendere a tutte le Amministrazioni dell’obbligo di certificare i crediti certi per favorire un’agevole cessione e smobilizzo.
Per tutte queste ragioni scenderemo in piazza al fianco dei nostri imprenditori.
Ci vediamo il 1° maggio.