La Ue apre ai referendum, le lobby sono già pronte

La Ue apre ai referendum, le lobby sono già pronte

BRUXELLES – Secondo il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, potrebbe essere l’extrema ratio per convincere i politici europei ad adottare la tassa sulle transazioni finanziarie. Mentre per le lobby che ruotano attorno alle istituzioni Ue è «un nuovo attrezzo nel tuo arsenale di public affairs». La European Citizen’s Initiative, regolamento appena entrato in vigore, permetterà ai cittadini della Ue di chiedere alle istituzioni europee di legiferare sulle materie che ritengono più pressanti. Basterà raccogliere, entro un anno, un milione di firme in almeno sette stati membri per proporre alla Commissione di regolamentare ad esempio, il roaming telefonico, o la liberalizzazione dell’acqua. O per contrastare le feroci pressioni di Stati come il Regno Unito sulla cosiddetta Robin Hood Tax, la tassazione sulle transazioni finanziarie.

Negli intenti dei suoi promotori, la Eci sarà il primo esperimento di democrazia partecipativa transnazionale (esempi simili esistono già a livello locale e nazionale, anche in Italia). Tuttavia anche se la Eci è in gestazione da anni, pochi cittadini europei ne sono al corrente: in Irlanda un sondaggio ha rivelato che l’86% della popolazione non ne è a conoscenza. Mentre alla consultazione pubblica del 2009-2010, in cui la Commissione chiedeva ai cittadini cosa ne pensassero dell’iniziativa, hanno risposto appena 160 individui, su quei 500 milioni che la Eci punta a coinvolgere.

Chi invece ha già studiato il testo da cima a fondo sono le lobby e le società di consulenza della capitale europea. Una di queste, Bell Pottinger, non esita a pubblicizzare la Eci come «un nuovo attrezzo nel tuo arsenale di public affairs». Mentre già un anno fa, la multinazionale di pubbliche relazioni Fleishman-Hillard divulgava fra i suoi clienti – attuali e potenziali – un volantino dove chiedeva «Sei pronto per la Eci?». La Eci, spiegava il volantino di Fleishman, «non è solo uno strumento per le Ong. Può essere usata anche dalle aziende». E la tua organizzazione, incalzava la società, «ha già pensato di lanciare una Eci per avviare un pezzo di legislazione?». In caso di risposta negativa, continuava il volantino, occorrerà attivarsi, «altre organizzazioni potrebbero avviare iniziative che vanno contro il tuo interesse».

Se si pensa che tra i clienti bruxellesi di Fleishman Hillard figurano Morgan Stanley, Lloyds Bank, Exxon Mobil e Johnson & Johnson, può venire il dubbio che la Eci rischi di diventare un nuovo terreno di gioco fra i rappresentanti di interessi più potenti e danarosi, e non una vera palestra per la costruzione del demos europeo. «Il rischio di manipolazione c’è», ammette Georgios Papastamkos, vice-presidente del Parlamento europeo, ad una conferenza di presentazione dell’iniziativa. «Per questo dobbiamo stare attenti e introdurre modifiche al regomento in itinere, se necessario». Più ottimista invece Maroš Šefčovič, vice-presidente della Commissione europea con delega alle relazioni interistituzionali e amministrazione, afferma di non credere in un rischio di manipolazione, in virtù dei numeri richiesti: «Raccogliere un milione di firme non è facile e i cittadini europei non firmerebbero qualsiasi cosa venga loro messa davanti. Deve essere per una giusta causa», scrive sul suo sito internet in risposta alle perplessità di alcuni.

Gli studiosi sottolineano la probabilità che a trarre beneficio dalla Eci siano non i cittadini, quanto i gruppi ben organizzati e meglio finanziati. Un saggio pubblicato dal Collegio d’Europa di Bruges, “The European Citizen’s Initiative, a First Assessment”, ipotizza che la Eci, pur rappresentando un passo avanti in termini di democrazia, sia più che altro utilizzabile da gruppi «ben organizzati e ricchi di risorse», visto che richiede un certo grado di organizzazione politica e competenze che solo organizzazioni di un certo livello possono avere.

Le Eci, per la sua natura, richiederà padronanza dei meccanismi di mobilitazione sui social network. Un milione di firme si possono raggiungere in pochi giorni, spiega Fleishman, se si sanno usare Facebook o Google, che ricevono quotidianamente milioni di visitatori. Secondo Carsten Berg, coordinatore della campagna a sostegno della Eci, le lobby grandi e ben finanziate preferiranno comunque i meccanismi di pressione tradizionali, quelli informali, generalmente meno costosi e privi degli stringenti requisiti di trasparenza imposti dalle procedure che regolano la Eci.

In lizza per registrarsi sul nuovo sito della Eci allo scoccare della mezzanotte del 1 aprile, data dell’entrata in vigore, ci sono già una serie di iniziative, come “Water for Citizens”, contro la liberalizzazione dell’acqua, e “Europeans for fair roaming”, per l’abbattimento dei costi del roaming all’interno della Ue. Un elemento è certo: se gli organizzatori riusciranno a presentare, entro un anno, il milione di firme richieste, l’ultima parola spetterà alla Commissione. Che dovrà, nei tre mesi previsti, dare l’ok o meno all’iniziativa, soppesando la richiesta “popolare” con quella degli altri gruppi di interesse. Sempre che i soggetti non coincidano.
 

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