Verbicaro è un paese di poco più di 3 mila e 200 anime della provincia di Cosenza, nel Nord della Calabria. A guardarlo dall’alto, sembra un mucchietto di case sistemato ordinatamente sulle pendici della catena montuosa del Pollino. Quelle stesse case che ora l’amministrazione comunale è costretta a demolire perché costruite su un terreno franoso. E quindi, pericolanti. Due palazzi, di quattro e sei piani, sono stati abbattuti dalle ruspe nei giorni scorsi. E un altro, di sette piani, era stato distrutto poco meno di un anno fa. In tutto, gli edifici rasi al suolo negli ultimi anni per il pericolo delle frane hanno raggiunto quota 17. Le famiglie sgomberate dagli appartamenti sono state sistemate nelle case popolari del paese. Ma senza ricevere neanche un euro di risarcimento. «È una tragedia ambientale e soprattutto umana», dice il sindaco Francesco Spingola, «solo con i fondi comunali non riusciamo a far fronte al problema». Ma la Protezione civile risponde: «A meno che non venga dichiarato lo stato di emergenza, la questione non è di nostra competenza. É il sindaco che deve occuparsi dell’incolumità pubblica».
Il pendio su cui sorge Verbicaro è attraversato dal fiume Abatemarco, un corso di circa venti chilometri che nasce in Basilicata, sui monti di Orsomarso, e sfocia nel mar Tirreno, fornendo l’acqua a gran parte della provincia di Cosenza. «La friabilità eccessiva del terreno», spiega Salvatore Mazzeo, dirigente della Protezione civile Regione Calabria, «dipende dalla presenza della rete idrica: il terreno è permeabile e negli anni è diventato sempre più debole, com’è accaduto in altre parti della Calabria».
Il problema, però, è che tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta a Verbicaro sono stati eretti enormi palazzoni proprio su quel terreno franoso. E per la sicurezza dei cittadini, l’amministrazione comunale è costretta ora a demolire i fabbricati danneggiati dai movimenti del terreno. «Tutto questo», denuncia Spingola, «è frutto di scelte sbagliate sul piano urbanistico da parte delle amministrazioni democristiane di quegli anni. È stata data l’autorizzazione a costruire anche in un punto notoriamente franoso e oggi paghiamo per quegli errori. Il piano di fabbricazione era approvato dallo Stato e questo mostra connivenze a diversi livelli».
Con le frequenti piogge degli ultimi anni, la situazione di Verbicaro si è aggravata, mettendo a rischio sempre nuovi palazzi. E il paese continua a sbriciolarsi, come se si trattasse di edifici costruiti con i Lego. L’ultima frana che ha colpito la zona è caduta a metà febbraio, lasciando isolate sei famiglie per quasi una settimana. «In quel caso», dice Salvatore Mazzeo, «siamo intervenuti perché si trattava di un’emergenza, ma nel caso della demolizione dei palazzi serve un intervento di ripristino della zona che è di competenza della Regione Calabria».
Il paese, spiega il sindaco, «è interessato da sempre da un vasto dissesto idrogeologico. Abbiamo chiesto più volte alla Protezione civile di dichiarare lo stato di calamità, ma non l’abbiamo mai ottenuto». E anche sul fronte dei finanziamenti per le demolizioni e l’assistenza alle famiglie sgomberate, dice Spingola, «non abbiamo mai ricevuto nulla da parte della Regione Calabria, a parte i soldi per l’ultimo abbattimento dei due fabbricati».
Gli ultimi due palazzi demoliti si trovavano lungo via Roma, la via principale del paese. Le famiglie sgomberate nel corso degli anni sono state sistemate nelle case popolari messe a disposizione dall’Agenzia territoriale per l’edilizia residenziale, ma non hanno mai ricevuto alcun risarcimento per la distruzione delle loro case. «Ad alcune famiglie è stato anche chiesto di demolire i palazzi con i propri soldi», dice il sindaco, «sono tutte persone, la maggior parte delle quali emigranti tornati in Calabria dopo anni di lavoro all’estero, che hanno sudato i soldi per costruire quelle case: anni di sacrifici sono andati perduti così».
Per non parlare dei soldi spesi per demolire i 17 palazzi – «miliardi di euro», dice il sindaco – e per risistemare le zone rimaste vuote. Dove, spiega Spingola, «sono state create delle piazzette e dei luoghi di ritrovo per i cittadini». Il problema è che il Comune non ha le risorse finanziarie per affrontare le demolizioni. E la Regione Calabria, dove nei prossimi giorni dovrebbe tenersi un incontro per affrontare il problema, «non è in grado di mettere a disposizione le somme necessarie per abbattere tutti i palazzi pericolanti», dice Spingola. Intanto, almeno per salvare le vite umane, l’amministrazione comunale non può far altro che emanare ordinanze di sgombero per gli edifici a rischio. L’ultima, del 24 aprile, riguarda un fabbricato di cinque piani vicino ai due palazzi appena demoliti.