Nel contesto generale di perdita di credibilità ed efficacia di chi è preposto a controllare, ogni tanto anche l’Italia riesce a sorprendere. Qualche anno fa, nell’estate dei furbetti, fu la Procura di Milano a fermare un disegno di potere che, sbandierando la difesa dell’italianità, puntava a prendere il controllo di Banca Antonveneta e di Bnl, con la benedizione della Banca d’Italia di Antonio Fazio e metodi piuttosto spicci.
Oggi invece, il compito di fischiare il fuorigioco in una vicenda alquanto controversa, il salvataggio della compagnia assicurativa Fondiaria Sai, è stato svolto da un’istituzione romana: l’Autorità garante della concorrenza e del mercato guidata dal neo presidente Giovanni Pitruzzella. Anche la Procura di Milano sta indagando, ma – almeno per ora – si muove sui livelli alti della catena societaria del gruppo Ligresti (i due trust The Ever Green e The Heritage, Sinergia, Imco), senza toccare lo schema del salvataggio organizzato da Mediobanca, che prevede la fusione fra Fondiaria Sai e Unipol.
L’intervento dell’Antitrust, invece, va dritto al cuore dell’operazione, di cui ha ordinato l’immediata sospensione per 45 giorni, più altri 30 per l’eventuale parere dell’Isvap, vietando anche la prosecuzione delle fasi preparatorie della fusione. Il rischio è «la creazione o il rafforzamento di una posizione dominante sui diversi mercati relativi al settore assicurativo». Unipol più FonSai avrebbero infatti quote di mercato superiori al 35% in tre rami (Rc auto; Rc veicoli marittimi; incendio, furto, casco nel ramo veicoli terrestri) e intorno al 30% in molti altri rami Danni.
Viene sollevato, poi, un secondo punto non meno importante, ossia il ruolo di Mediobanca: dominus di tutta l’operazione; grande creditrice sia di questi ultimi, e di FonSai in particolare, sia di Unipol (in totale 1,5 miliardi); primo azionista delle Generali (il principale assicuratore italiano); partecipata di Unicredit, che a sua volta è azionista di Fondiaria, che è azionista di Mediobanca. Un intreccio mostruoso, una ragnatela di legami che, secondo l’Antitrust, potrebbe avere l’effetto di disincentivare la competizione fra l’entità post-fusione e le Generali. Già oggi, questo intreccio dà a Mediobanca un potere enorme in un settore dove gli assicuratori collegati ad essa, hanno in mano il 50% del mercato. Se no, non si spiega altrimenti il fatto che la soluzione Unipol sia stata imposta ai Ligresti, costringendoli a scartare ogni altra operazione.
La domanda, allora, è semplice: a chi tocca regolare la struttura industriale del mercato assicurativo italiano? Prima di rispondere, vale la pena di considerare un fatto: l’Italia è il paese con le polizze auto più care d’Europa. Nel decennio 2000-2010, la crescita media dei prezzi è stata del 4,6% annuo, il doppio della Spagna, cinque volte la Francia, sei volte la Germania. I dati sono contenuti nella relazione dell’Antitrust nel corso dell’Indagine conoscitiva del Senato sul settore dell’assicurazione dei veicoli (ottobre 2011). Alla luce della fotografia scattata dall’Antitrust, però, non c’è da stupirsi che sia così: se gli assicuratori sono intrecciati fra di loro, non hanno incentivi a competere e a tenere sotto controllo i costi, l’inefficienza viene scaricata sui consumatori (= polizze care) e i manager anziché fare gli interessi degli azionisti si fanno gli affari propri o si lanciano in investimenti azzardati.
Meglio tardi che mai. Semmai, ci sarebbe da stupirsi del fatto che l’Antitrust, che già aveva ben presente il problema nel 2002-2003 (all’epoca della fusione fra Fondiaria e Sai, ideata da Mediobanca), abbia atteso così tanto ad affrontare di petto il problema. La reazione di Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca, che all’indomani della decisione di Pitruzzella, non ha fatto una piega confermando l’intenzione di procedere come previsto, è la definitiva conferma dell’inadeguatezza culturale di un mondo estraneo a concetti come mercato, concorrenza, tutela del consumatore, conflitti di interesse.
Toccherà all’Isvap decidere se mettere insieme due compagnie assicurative, ciascuna con i suoi problemi, dia garanzie ai fini della stabilità. Vale sul punto quello che oggi l’imprenditore Leonardo Del Vecchio (Luxottica) ha detto al riguardo in un’intervista al Corriere della Sera: «Si procede a una fusione con due aumenti di capitale che mi fanno pensare che fra tre anni saranno ancora in difficoltà». Toccherà alla Consob, il cui presidente Giuseppe Vegas si è esposto non poco a supporto dell’operazione, autorizzare una doppia esenzione dall’Opa alquanto anomala, che consente di pagare un premio all’azionista di maggioranza, salvaguardando i creditori personali di quest’ultimo ai danni degli altri soci. Roba da Far west, e il peggio è che viene caldeggiata da entrambe le autorità, anche se per ora non si sono pronunciate ufficialmente.
Perciò, è necessario che l’Antitrust vada fino in fondo. Al di là delle promesse e dei ritocchi che potranno essere fatti da tutti i protagonisti dell’operazione, e dell’eventuale bocciatura dell’operazione, il collegio presieduto da Pitruzzella dovrà imporre una volte per tutte lo scioglimento dei legami fra il mondo Mediobanca-Generali e FonSai: l’uscita di quest’ultima dal patto di sindacato di Mediobanca, la vendita della quota di FonSai in Generali e l’uscita da tutti i consessi dove FonSai si ritrova gomito a gomito con il principale concorrente, la disdetta del patto Unicredit-Premafin.
Ben al di là del salvataggio di Fondiaria, la questione è se la funzione di arbitro degli assetti strutturali del mercato assicurativo debba essere esercitata in pieno dall’Antitrust, come prevede la legge. O se invece dobbiamo ancora tollerare che Mediobanca ne usurpi il ruolo, mentre il popolo bue dei consumatori continua a pagare le polizze più care d’Europa. E tutto questo a che scopo? Perpetuare una casta di manager che vuole difendere il proprio potere rimpiazzando i Ligresti con Unipol e con il mondo che ci sta dietro, tutti felici di potersi mettere il vestito e andarsi a sedere nel cosiddetto salotto buono della finanza milanese. Forse, anche le Coop azioniste di Unipol dovrebbero cominciarsi a fare qualche domanda su dove stanno andando e su che cosa tutto questo abbia a che fare con la cooperazione.
Twitter: @lorenzodilena