Perché in Italia le donne infertili si sentono “difettose”

Perché in Italia le donne infertili si sentono “difettose”

Eleonora Mazzoni è nata a Forlì e vive a Roma, dove lavora come attrice. Le difettose è il suo primo romanzo. Difettose, sì, perché una donna che non ha figli è “difettosa”. Così si sente. Difetta della completezza. E “difetta” della capacità per cui è al mondo se, pur volendo, di figli non riesce ad averne.
Eleonora Mazzoni è una donna sorridente e che ha raggiunto il suo equilibrio. Per la nascita, tanto voluta, di Emma e Matteo, certo. Per il sostegno di sempre, la volontà, la forza che il suo compagno Maurizio le ha dato: per l’unione costruita e difesa nonostante tutto, perché sono cresciuti insieme. Ma, soprattutto, perché oggi più di prima Eleonora racconta di essere se stessa. Non perché madre, ma perché nel desiderio e nell’impossibilità, nell’ossessione e nel superamento di avere figli, una donna si è schiantata ed è rinata. Ecco perché ha voluto scrivere un libro, un racconto, che si ispira alla realtà ma che fantasia è. Perché ormai a ricorrere alla procreazione assistita è una donna su cinque. 

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Quindici giorni dopo aver dato alle stampe il libro (che è uscito per Einaudi il 3 aprile), ha scoperto di essere incinta. Ora Emma è piccola e pacifica, Matteo pieno di capelli neri e con due occhi enormi, e Eleonora ha ancora più voglia di parlare di infertilità femminile. Con i suoi quattro tentativi di procreazione assistita, Eleonora ha scoperto un mondo: quello di Cub (Cerco un bimbo), quello delle chat, quello delle associazioni. «Le istituzioni non danno informazioni, in Italia», racconta. «Non sai cosa devi fare, da dove cominciare, dove devi cercare, a chi ti devi rivolgere. Per fortuna avevo delle amiche che lo avevano già fatto e che mi hanno aiutata». E per fortuna man mano si impara, e si scoperchia un mondo. Un universo di donne e uomini, coppie e realtà, che combatte contro l’infertilità e che si sente abbandonata dalle istituzioni, dalla legge (la 40, sempre lei, «troppo rigida, diciamolo») ma anche dalla società. «Parlare di procreazione assistita è praticamente impossibile in Italia. Ti guardano male». Né televisioni e giornali aiutano: «Trascurato l’aspetto psicologico, fanno passare il concetto che è possibile diventare madri sempre e comunque. E invece…». Invece. «La fecondazione ha tassi di successo molto bassi ed è giusto saperlo. Altrimenti alla prima batosta ti fai male». 

E si fanno male, queste donne. Si fanno male a volte le unioni. Perché il percorso è difficile. Ogni anno 25mila coppie sono costrette dalla legge 40 ad andare all’estero per provare ad avere un bambino. Tra dispendio economico e psico-fisico. In Italia i centri autorizzati sono 353, con le solite differenze tra pubblico e privato. Eleonora trova con questo libro un modo nuovo di parlare di infertilità. «Detesto tutti i ritardi. Tranne uno», dice Carla, la protagonista. «Il romanzo non è autobiografico», sottolinea la scrittrice. «Ho preso ispirazione da un mondo incredibile di storie che ho incontrato in tutto questo tempo. Donne forti, donne spesso giovanissime, al di là dei luoghi comuni per cui si ricorrerebbe alla Pma a quarant’anni perché prima si è pensato alla carriera». Autobiografico no, ironico e allo stesso tempo drammatico sì. Per tentare di accendere i riflettori su questioni finite in questi giorni sulle prime pagine di tutti i giornali per la tragedia degli embrioni distrutti al San Filippo Neri di Roma. Ma delle quali normalmente in Italia non si parla. Il tentativo di Eleonora, attraverso il libro ma anche attraverso il sito ledifettose.it è proprio questo: «Aiutare a fare un percorso di saggezza». Una possibilità in più per crescere. Un percorso che l’infertilità e il ricorso alla procreazione assistita – con tutte le sue incertezze – obbligano a fare.

Per approfondire:

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