“Se vuoi difendere i Btp, vota Sarkozy”, l’Europa del rigore contro Hollande

“Se vuoi difendere i Btp, vota Sarkozy”, l’Europa del rigore contro Hollande

Il secondo turno delle elezioni presidenziali francesi si avrà nei primi giorni di maggio. Perché mai sono così importanti per i mercati finanziari? In gioco abbiamo niente meno che il Fiscal Compact. Fiscal Compact può essere tradotto come “compattezza fiscale”, un’espressione che si contrappone a “dispersione fiscale”. La compattezza si manifesta nell’impossibilità che i debiti pubblici dei paesi dell’Euro possano andare ciascuno per proprio conto, creando una crisi comune – proprio quello che è avvenuto negli ultimi tempi. Non che in passato non ci fosse il Fiscal Compact. Era quello degli accordi Maastricht, di venti anni fa. Ma la compattezza fiscale di oggi è molto diversa, così come lo sono le sue implicazioni politiche.

Con il Fiscal Compact di oggi i debiti pubblici dell’euro-area debbono convergere diventando simili come percentuale del Pil (il 60%). Ciò avviene impedendo che possa formarsi del nuovo debito – ossia i bilanci pubblici debbono essere in pareggio – mentre la crescita dell’economia (il denominatore) riduce nel tempo il peso del debito pubblico (il numeratore). Se così andasse, i paesi dell’euro-area, mantenendo un deficit nullo, avrebbero un debito in rapporto al Pil che nel corso del tempo arriva al 60 per cento.

Anche con il Fiscal Compact di ieri (quello di Maastricht) i debiti pubblici dovevano convergere verso il 60%. Laddove però si assumeva che ci fosse nel lungo termine un tasso di crescita nominale dell’economia del 5% – un 3% di crescita reale e un 2% di inflazione. In questo caso, non si aveva un aumento del peso del debito pubblico con dei deficit che arrivavano fino al 5%. (Se il debito alimentato dal deficit cresceva del 5% – il numeratore – e l’economia cresceva del 5% – il denominatore – il rapporto debito/Pil restava, infatti, invariato). Perciò con dei deficit inferiori al 5% si aveva una riduzione tendenziale del debito. A seconda del debito di partenza, si potevano stabilire dei deficit che portavano alla convergenza del 60%. Ossia, tanto maggiore il debito, tanto minore il deficit obiettivo. Il deficit non era quindi sotto gli accordi di Maastricht un elemento di squilibrio, perché c’era crescita. L’importante era che il deficit non fosse superiore alla crescita.

Con Maastricht avevamo perciò un’Europa dell’euro che lieta convergeva verso valori simili di debito immersa nella crescita, mentre con il nuovo Fiscal Compact (il cui vero nome è Treaty on Stability, Coordination and Governance in the Economic and Monetary Union), firmato alla fine del gennaio scorso, l’Europa dell’euro tristemente converge verso valori simili di debito con o senza crescita. La differenza non è da poco. Convergere verso un valore comune di debito/Pil potendo avere dei deficit, purché non superiori al 5%, è una cosa, convergere con dei deficit pari a zero è letteralmente un’altra. I conti pubblici, nel secondo caso debbono essere “strizzati”. Il punto non è meramente contabile, ma eminentemente politico.

Il Fiscal Compact di oggi possiamo definirlo come una sorta di “contrazione espansiva”. I deficit pubblici sono ridotti fino ad annullarli. Da una parte cade la domanda per effetto della contrazione fiscale, dall’altra (questa è l’aspettativa) la domanda potrebbe crescere, perché torna la fiducia nella tenuta del sistema. Nel breve termine avremo una contrazione (a meno che torni la fiducia), nel più lungo termine avremo un debito pubblico sotto controllo.

Il programma di Francois Hollande è l’opposto di quanto appena detto. Il candidato socialista alle presidenziali chiede che ci sia un deficit minimo (il 3%) per poter agire. Suppone – per far “girare” il suo programma – che ci sia una crescita reale (intorno al 2%) che lenisca la crescita del debito. Chiede un maggior intervento pubblico che però non incide sul deficit, perché alle maggiori spese corrispondono delle maggiori imposte. Insomma, un programma molto vicino agli accordi e allo spirito di Maastricht, quando c’era crescita e i debiti pubblici non erano un problema, e non all’accordo del gennaio scorso, deciso con i debiti pubblici che sono un problema e in assenza di crescita. Perciò chi pensa che l’Europa dell’euro possa essere messa in salvo solo con la “contrazione espansiva” teme Hollande. 

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