In circa mille comuni italiani alle 15 si chiuderanno le urne di una delle tornate elettorali tra le più sobrie della storia repubblicana, dove i big della politica pre-crisi si sono tenuti ben lontani dalle piazze. Silenziosamente, le liste civiche e i movimenti provano a prendersi qualche spazio, come a Buccinasco – a sei chilometri da piazza del Duomo a Milano – città simbolo e frontiera della lotta contro una ’ndrangheta sempre più endemica in Lombardia.
L’ultimo sindaco si sente alla stregua di un reduce della guerra in Vietnam. Una volta uscito dal carcere Loris Cereda, ex primo cittadino di Buccinasco, ha chiesto dieci minuti con Silvio Berlusconi. Il suo partito, il PdL, lo avrebbe lasciato solo a combattere contro l’accanimento di una procura che nel marzo del 2011 gli ha contestato a vario titolo i reati di corruzione e falso in atto pubblico. Dopo tre mesi di custodia cautelare l’ex-sindaco è uscito di galera dichiarandosi vittima di un complotto. Secondo la sua ricostruzione sarebbe stato aggredito dalla magistratura per aver preso posizione nel dibattito nazionale contro l’uso delle intercettazioni telefoniche. Nel gennaio di quest’anno Cereda è stato rinviato a giudizio.
A Buccinasco, dunque si vota. Nei tredici mesi che sono passati dall’arresto di Cereda il comune è stato affidato a un commissario prefettizio con il compito di amministrare uno dei paesi più infiltrati dalla ‘ndrangheta. Le intercettazioni effettuate durante l’operazione Cerberus, gli atti del processo contro i Barbaro-Papalia e le due inchieste “Parco Sud” dimostrano la presa che le mafie sono in grado di esercitare sulle amministrazioni locali. I candidati alla poltrona di sindaco di Buccinasco sono sette: Salvatore Licata e Fiorello Cortiana sostenuti ognuno da liste civiche, Claudio Mendicino per il Fronte Comunista, Maurizio Arceri per l’UDC, Nando Uggeri per la Lega Nord che anche qui, come nella partita nazionale, corre staccata dal PdL, Gianni Maiorano appoggiato da tutto il centro-sinistra e Serena Cortinovi per il Popolo della Libertà e Politica Giovane, una lista lanciata dall’ex-sindaco Cereda. Il risultato si saprà stasera.
Intanto, ieri, al seggio di via Mascherpa abbiamo incontrato Rosa, una giovane candidata al consiglio comunale proveniente da Libera, l’associazione antimafia di Don Luigi Ciotti. Qui, nella scuola elementare Ravizzini dove hanno sistemato uno dei tre collegi del paese, ha studiato anche lei. “A Buccinasco o stai da una parte o stai dall’altra, dico in termini di legalità”. Sono le 13 e viene diffuso un primo dato sull’affluenza: l’11%, in linea con le tornate precedenti. È un dato che fa ben sperare i rappresentanti di lista. “Con gli arresti e gli scandali – ci dice Rosa – temiamo un forte calo del numero dei votanti”.
Nel piazzale incontriamo Rino Pruiti, fa politica locale da sempre. “Ho iniziato a 19 anni nei consigli di zona a Milano, sempre nei partiti sbagliati”. È stato nella giunta Carbonera, una amministrazione di centro-sinistra precedente a quella di Cereda, nella quale era assessore all’ambiente. Gliene sono successe di tutti i colori. “Avevamo individuato all’interno del Parco Sud un insediamento abusivo. Siamo andati con i tecnici del comune a parlare con i proprietari. Ci hanno detto che per trent’anni le amministrazioni li avevano lasciati fare. Un domani ci potrete fare una villetta, promettevano in campagna elettorale. Quando siamo tornati con le ruspe per tirare giù le costruzioni ci hanno sguinzagliato contro i cani. Io mi sono rifugiato in un’auto dei vigili urbani. Qualche giorno dopo su quel terreno hanno piantato tre croci, grandi come quelle che si vedono nei film sulla passione di Cristo. Una per il capo dell’ufficio tecnico, una per il comandante dei vigili urbani e la terza per il sindaco Carbonera”.
Ma il momento più paradossale del suo assessorato è stato quando il boss Salvatore Barbaro, condannato a Milano per associazione mafiosa, si è presentato nel suo ufficio per chiedere il pagamento di una fattura da 38.000 euro, più IVA. “Durante la giunta precedente alla nostra, siamo nel 2000, venne scoperto un grosso appezzamento adibito ad orto abusivo. Il terreno in questione si trovava un metro e mezzo sotto il livello stradale. In poco tempo centinaia di camion spuntati da chissà dove lo riempirono di terra. Quando vincemmo noi le elezioni qualcuno ci venne a dire che li sotto erano stati sversati rifiuti tossici. Dai carotaggi che effettuammo risultava la presenza di cromo esavalente. Un agente altamente tossico e pervasivo. Quello della causa nel film su Erin Brockovich, per capirci”. La fortuna ha voluto che un tappo in argilla presente sul fondo del terreno ha impedito l’inquinamento della falda acquifera, scongiurando una strage. Qualche settimana dopo la scoperta nell’ufficio di Rino si è presentato Domenico Barbaro, chiedendo che gli fosse pagato il conto per il lavoro di riempimento effettuato. “Non potevo crederci. Quando l’ho ricevuto nel mio ufficio Barbaro mi ha detto candidamente nome e cognome di chi gli aveva affidato il lavoro. Voleva solo essere pagato. Io gli ho chiesto di mettere tutto per iscritto e da allora conservo quel foglio che porta la sua firma. Ti mando la scansione per email”.
“Questo è un territorio dove la ‘ndrangheta c’è ma non si vede – continua Rino – Te ne accorgi ora che gli arresti hanno decapitato le famiglie più importanti ed è arrivata la microcriminalità. Prima non si muoveva una foglia, potevi lasciare la macchina parcheggiata con le chiavi nel cruscotto. Fare politica qui è una continua ricerca della normalità. Se in un territorio ci sono due poteri finché questi convivono non ci sono problemi. Ma se si vuole far rispettare la legalità iniziano i guai. La scelta dei rappresentati è il momento più delicato per un comune come il nostro. Entrano in gioco interessi incrociati e spesso discordanti. Se prendono il potere loro non ci si capisce più nulla. Per questo è importante indicare la propria preferenza con attenzione, guardando in controluce rispetto alle liste dei candidati”.
Le preferenze utili anche come arma contro il voto di scambio. L’appello era partito lo scorso anno dal presidente della commissione antimafia del Comune di Milano, Nando dalla Chiesa. Il fatto stesso di indicare, oltre al partito, il nome del candidato prescelto, rende meno decisivo il pacchetto di voti di cosche e ‘ndrine. In comuni medio-piccoli, dove la soglia per entrare in consiglio comunale spesso non raggiunge i cento voti, è molto semplice per le famiglie mafiose convogliare sui propri candidati un numero di voti sufficiente a farli eleggere. Indicando sempre la preferenza sulle schede elettorali si alza di molto l’asticella per entrare in consiglio comunale, con il risultato di tagliare fuori almeno qualcuno tra gli uomini indicati dai padrini.
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