Mettiamo pure che abbia ragione Formigoni. Mettiamo che non si possa mai sospettare, meno che mai dimostrare, che questo fior di galantuomo di Daccò, in galera da circa sei mesi, abbia avuto anche un solo straccio di favore dal governatore della Lombardia, un pizzico di qualcosa, niente. Mettiamo. E allora? Secondo il Celeste dovremmo finirla qui, smettere quella che secondo lui è un’autentica persecuzione ai suoi danni, ai danni di tutta la comunità lombarda? Ma qui siamo fuori di testa, ragazzi.
Oggi il Corriere della Sera, indirettamente, gli fa persino un favore. Allega un paio di poderose pagine con nuove rivelazioni che piovono direttamente dagli interrogatori dell’imprenditore, dopo che ieri Repubblica aveva aperto la breccia con il machete. Il Corriere affida il senso di questa squallidissima vicenda a un profondo conoscitore di Milano quale è Giangiacomo Schiavi, il quale, per sete di conoscenza e scrupolo giornalistico, ravvede nella condizione di Formigoni un’insostenibilità di fondo per via di quegli oscuri finanziamenti alla Maugeri e al San Raffaele. «Sulla gestione dei fondi alla Sanità – scrive il vice direttore – sulle risorse destinate a ospedali e cliniche attraverso la dizione «funzioni aggiuntive» (un miliardo di euro sui 17 dell’intero bilancio sanitario), sui mille cavilli discrezionali che impediscono qualsiasi azione di trasparenza, il presidente Formigoni non può chiamarsi fuori, dire che qualcuno gli ha fatto passare sotto il naso Daccò e le sue pressioni».
Forse non ci siamo capiti. Ma nel mondo delle persone perbene, nelle case delle persone perbene, questi scenari vengono molto dopo il senso di decenza su cui, invece, sarebbe opportuno soffermarsi. Nel senso che vorremmo capire una cosa, anche dal Corriere della Sera: il comportamento di questo signor Formigoni è esecrabile solo nel caso in cui venga dimostrato ch’egli sapeva di quei finanziamenti? O possiamo sperare che ci siano già sufficienti indizi «morali» per chiedere al Governatore che rassegni le sue malinconiche dimissioni?
In un concetto: sgavazzare allegramente sulle barche e sugli aerei altrui, farsi delle vacanze siderali in posti inimmaginabili per umani sfigati come noi, e non presentare uno straccio di ricevuta, insomma mangiare, bere, dormire, fare il bagno in acque pulitissime (anche questo un bel privilegio) senza ricordare peraltro di averlo fatto con i propri denari, ecco – vorremmo sapere – ma a voi tutto questo fa poderosamente incazzare e lo ritenete di conseguenza meritevole di una sana richiesta di dimissioni, oppure siamo noi che viviamo su un altro pianeta?
Parliamoci chiaro. Non ci interessano (e se ci interessano vengono molto dopo quelli privati) i comportamenti pubblici penalmente rilevanti, ma pensiamo che in una società che faccia del decoro politico il suo segno distintivo, gli stili di vita sono alla base della convivenza democratica. Altrimenti perché ce la saremmo presa tanto con quel povero cristo di Arcore che faceva solo qualche innocente festino a casa sua e con i suoi soldi?