Il comune di Bolognetta si trova a 25 chilometri da Palermo, su una collina a cavallo della strada statale 121, che collega Catania al capoluogo siciliano. Qui, dove Cosa nostra nel 1978 uccise un vigile urbano “colpevole” di collaborare con i carabinieri, con il voto di ieri e di oggi verrà rinnovata l’amministrazione comunale (come in altri 148 comuni siciliani). Ma il clima preelettorale, questa volta, è stato segnato da una novità: quella che tutti ormai chiamano “la rivoluzione delle matite”. Ispirandosi al «potere della matita in cabina elettorale» di cui aveva parlato Paolo Borsellino, un gruppo di 15 giovani ha portato avanti una campagna contro il «voto condizionato» da favori politici, legami di parentela e soprattutto dalla mafia. E dopo diverse «action» (come loro le chiamano) per le strade del paese, non sono mancate le ritorsioni. «Se non la smetti ti spezziamo le gambe e ti facciamo finire sulla sedia a rotelle», ha detto il 24 aprile scorso una voce dall’altra parte del telefono a Sergio Guttilla, trentenne caposcout animatore delle “matite” di Bolognetta. «Abbiamo creato scompiglio e confusione in un posto dove quasi nessuno ha mai alzato la testa», dice lui, «è per questo che facciamo paura».
Il movimento – che poi «non è un movimento», precisano – è nato tre mesi fa. «Ho chiamato i giovani che reputavo più svegli e intelligenti», racconta Sergio, «chiedendo di fare qualcosa in vista delle elezioni, perché anche in questa campagna elettorale non si parlava delle cose importanti». E così, davanti a una birra, si sono ritrovati ragazzi di diverse estrazioni politiche e culturali. «C’erano gli scout, come me», dice, «e anche quelli che frequentano i centri sociali, con cui spesso litigavo bonariamente in piazza. Tanto che ci siamo chiesti: “Che ci facciamo qui tutti insieme?”». E la risposta è stata: «Eravamo lì al di là dell’appartenenza politica», spiega Sergio, «per incitare i cittadini a un voto consapevole».
I candidati alla poltrona di sindaco del paese si chiamano Franco Aiello e Antonino Tutone. Il primo è vicesindaco uscente di Bolognetta, il secondo è un medico alla prima esperienza politica. Entrambi venuti fuori da liste civiche, così come il sindaco uscente Rino Gaspare Greco. «Avevamo visto delle cose che non ci piacevano», continua Guttilla, «come alcuni personaggi “immischiati” che chiedevano i voti per conto di altri». In più, lo scorso 17 aprile, Milismeri, paese confinante con Bolognetta, è stato al centro dell’operazione “Sisma” per presunte infiltrazioni mafiose nell’attività comunale. Secondo gli inquirenti della Dda di Palermo, il clan mafioso di Milismeri controllava ormai anche il centro di Bolognetta.
In questo clima da campagna elettorale sono nate le «action» delle matite. «All’inizio di marzo abbiamo affisso di notte sui muri della città i manifesti con la frase di Borsellino: “La rivoluzione si fa nelle piazze con il popolo, ma il cambiamento si fa dentro la cabina elettorale con la matita in mano. Quella matita, più forte di qualsiasi arma, più pericolosa di una lupara e più affilata di un coltello”». Il modello era quello dell’associazione antiracket “Addio pizzo”, i cui componenti il 29 giugno del 2004 hanno dato il buongiorno alla città di Palermo affiggendo degli adesivi con su scritto: «Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità». «La nostra azione», precisa Guttilla, «non è stata fatta in maniera anonima, ci abbiamo messo la faccia, perché quella mattina abbiamo subito pubblicato sul gruppo Facebook la lista dei nomi di chi aveva partecipato». E la conseguenza, dice, «è stata quella di creare confusione e scompiglio». Ma anche ironia, e forse qualche atto provocatorio, visto che poco dopo su Facebook è apparso un nuovo gruppo con il nome “Rivoluzione delle gomme”. Gomme che, però, non hanno cancellato il segno delle matite di Bolognetta. Visto che, dopo la prima «action», ai15 componenti iniziali se ne sono aggiunti altri dieci. Da allora, racconta Sergio, «dopo ogni comizio elettorale ci siamo riuniti per discutere di quello di cui i candidati avevano parlato dal palco». Anche perché spesso, aggiunge ridendo, «parlavano di noi».
La seconda «action», quella di domenica 22 aprile, era basata sulla contrarietà al voto di parentela. I ragazzi delle matite hanno costruito 150 sagome tricolori di cartone ad altezza naturale, decorate con slogan in dialetto siciliano, come «Si voti i parenti spessu ti nni penti» (Se voti i parenti spesso te ne penti) o «Megghiu u straniu onestu ca’ u parenti sdisonestu» (Meglio un estraneo onesto che un parente disonesto), che sono state sistemate a sorpresa per le vie del paese. Nella piazza era stato anche riprodotto con le sagome un gruppo di parenti riunito per decidere chi votare. «Il nostro intento», spiega Sergio, «era quello di invitare alla riflessione per scardinare l’usanza di votare il cugino o lo zio per ottenere vantaggi personali. Volevamo far capire che non ha senso votare un candidato per motivi di parentela, ma che bisogna scegliere il più valido e onesto». Purtroppo, però, la seconda «action» non è andata a buon fine. «La pioggia e il vento ci hanno portato via le sagome», racconta Sergio, «e alcuni di noi hanno visto alcuni che le distruggevano a calci e pugni».
Due giorni dopo, squilla il telefono del negozio di arredamento gestito da Sergio insieme a un altro socio. «Mi hanno detto che se non avessi smesso di fare quello che stavo facendo mi avrebbero spezzato le gambe e mi avrebbero fatto finire sulla sedia a rotelle», racconta. Ma il 29 aprile arriva la risposta: i ragazzi delle “matite” di Bolognetta organizzano una terza «action» a volto scoperto in sostegno di Sergio. Distribuendo volantini, esponendo un temperamatite gigante in piazza e un manifesto che recitava: «Per le minacce rivolgersi a…», su cui chiunque poteva aggiungere il suo numero di telefono. «La partecipazione è stata alta», racconta Guttilla, «soprattutto da parte di persone provenienti da fuori Bolognetta. Tutti i candidati al consiglio comunale erano presenti con la matita dietro l’orecchio. Ho avuto la solidarietà da ogni parte, ma io so chi lo fa perché lo sente davvero e chi solo per convenienza». Quello che più dispiace a Sergio e alle matite, però, «è che alla fine le nostre parole e le nostre vicende sono state usate politicamente dai candidati per accusarsi l’un l’altro».
La rivoluzione delle matite era nata per morire con le elezioni del 6 e 7 maggio. «Ora, però, la storia si è complicata», dice Sergio, «abbiamo fatto molto rumore e i ragazzi sono agguerriti. Quindi, anche dopo le amministrative continueremo a esistere, magari come osservatorio sull’operato politico della giunta che verrà eletta». Bolognetta, «è un centro debole», aggiunge, «dove nessuno dice niente e nessuno critica». All’ingresso del paese dal 2002 sono finiti i lavori per la costruzione di un tunnel, che però non è mai stato inaugurato né attraversato da alcuna automobile. Alla vicenda si sono interessati anche Striscia la notizia e il TG di La7, «ma nessuno qui ha fatto più nulla». Per fortuna, «non si registrano fenomeni come il pizzo o l’estorsione», assicura lui, che di mestiere fa proprio l’imprenditore. «L’idea che mi sono fatto è che è un paesino piccolo gestito da un vecchio tipo di mentalità mafiosa che vuole potere e popolarità nel paese, perché alla fine qui siamo solo tremila persone e siamo tutti imparentati».
Lungo la strada provinciale tra Bolognetta e Villafrati, 34 anni fa venne ucciso Salvatore, Totò, Castelbuono, un vigile urbano che oltre a controllare il traffico cittadino aveva deciso di collaborare con i carabinieri segnalando i movimenti dei mafiosi locali. Il 26 settembre del 1978 venne affiancato da un’auto e ucciso a colpi di pistola. Un classico omicidio di mafia. Molti parlarono di un «delitto passionale». Ma dalle intercettazioni è emerso come Castelbuono fosse già stato minacciato dalla criminalità locale per la sua attività di collaborazione con l’Arma. «A Bolognetta, però, non è mai stato eretto un monumento in suo onore», precisa Guttilla, «nei paesi vicini, invece, sì».