Mentre Mediobanca preme perché si trovi l’accordo sui concambi della fusione fra Unipol e Fondiaria Sai, la cordata Sator-Palladio mette sul tavolo la sua seconda offerta, dopo che la prima è stata ignorata. E, per la prima volta, nella vicenda del salvataggio della compagnia assicurativa FonSai, arriva una proposta che tutela realmente gli azionisti di minoranza, senza regali per le banche creditrici del socio di maggioranza Premafin (la holding dei Ligresti che ha possiede il 35,7% di FonSai).
La proposta. L’offerta rivolta al consiglio di amministrazione di Fondiaria prevede due aumenti di capitale: il primo, fra 300 e 400 milioni, riservato alla Sator di Matteo Arpe e alla Palladio di Roberto Meneguzzo e Giorgio Drago; il secondo, per un minimo di 400 milioni, è offerto in opzione a tutti gli azionisti. La somma complessiva, per almeno 800 milioni, è in apparenza molto inferiore alla ricapitalizzazione da 1,1 miliardi deliberata dall’assemblea di Fondiaria Sai, e accolta da Unipol. Ma in realtà, se da quest’ultima offerta si detraggono i 100 milioni da pagare per il recesso dei soci Premafin e i 175 milioni di debito che, al netto del convertendo, vengono scaricati sulla compagnia post-fusione, la distanza si accorcia: almeno 800 milioni proposti da Arpe e Meneguzzo contro un massimo di 825 previsti nell’offerta che Mediobanca ha studiato per Unipol.
Il premio di maggioranza viene spalmato su tutti gli azionisti FonSai. Abbandonando lo schema dell’offerta precedente, che ripeteva quello di Unipol (ovvero, stapagare le azioni FonSai in mano a Premafin per acquisire la maggioranza di FonSai, in esenzione di Opa), Sator e Palladio prospettano una soluzione che non penalizza indebitamente gli azionisti di minoranza. In sostanza, le due società di investimento si offrono di sottoscrivere l’aumento riservato a un prezzo compreso fra 1,5 e 2,5 euro per azione, mentre propongono che l’aumento in opzione a tutti gli azionisti avvenga a un prezzo «non superiore alla metà del prezzo determinato per l’aumento di capitale riservato». Oltre alla sottoscrizione dell’aumento riservato, Sator e Palladio, che insieme hanno una quota dell’8% di FonSai, parteciperebbero pro quota anche a quello in opzione. Il succo, della proposta, è che, pur in regime di esenzione di Opa da salvataggio, verrebbe versato un premio di maggioranza direttamente nelle casse della società, a vantaggio di tutti gli azionisti. Nello schema di Unipol verrebbero invece strapagate le azioni FonSai in portafoglio all’azionista Premafin, in modo tale da consentire ai creditori di quest’ultimo (fra cui la stessa Mediobanca, Unicredit e altre banche) di salvare i prestiti erogati ai Ligresti. A danno però degli azionisti di minoranza.
Consorzio di garanzia. Quanto al consorzio di garanzia, che sottoscriverebbe le azioni dell’aumento in caso di inoptato, Sator e Palladio ricordano che «l’unico soggetto titolato a dare mandato per la formazione del consorzio è la stessa FonSai», ma si dichiarano disponibili a essere delegati dalla compagnia per la promozione e la costituzione del consorzio.
Battaglia legale. Le due società, inoltre, hanno deliberato di impugnare le delibere dell’assemblea straordinaria di FonSai del 19 marzo, che ha deliberato l’aumento di capitale, «in quanto si ritiene che Premafin abbia illegittimamente espresso il proprio voto». La ragione sta la mancata pubblicazione del patto parasociale stretto tra Premafin e Unipol nell’ambito dell’accordo del 29 gennaio, che contiene una clausola di completa manleva da eventuali azioni di responsabilità sociale a favore dei Ligresti e di tutti gli amministratori e sindaci di Premafin, FonSai e Milano Assicurazioni. Il 18 aprile la Consob è intervenuta riconoscendo la natura parasociale di tale clausola, e ha obbligato Unipol e Premafin a rendere noto al mercato il giudizio dell’autorità di vigilanza.
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