Il terremoto del 20 maggio ha colpito dritto al cuore l’economia dell’Emilia. Disseminati lungo la sconfinata pianura Padana che unisce le province di Ferrara e Modena si contano centinaia di capannoni industriali, fienili, magazzini agricoli e casolari distrutti. Uno dei più importanti serbatoi agricoli d’Italia è al collasso: nei comuni coinvolti dal sisma ci sono 10.000 aziende agricole e centinaia di strutture per trasformare lavorare i prodotti della terra.
Secondo una prima stima resa nota dal ministro delle Politiche Agricole Mario Catania i danni economici per il settore supereranno i 200 milioni di euro. E c’è un’altra stima, al ribasso, che calcola in 150 milioni di euro i danni per le aziende associate a Unindustria Ferrara. Nei primissimi giorni post-terremoto sono rimasti a casa 13.000 lavoratori. C’è chi aspetta l’agibilità del negozio, del magazzino o della fabbrica in cui lavora. C’è chi un posto di lavoro non ce l’ha più.
Sotto i capannoni di tre industrie – la Ceramiche Sant’Agostino, la Tecopress e l’Ursa – quattro operai sono morti, sepolti dalle macerie. Capannoni ed edifici di recente costruzione, accartocciati da un terremoto di media potenza. Anche per questo la procura di Ferrara ha aperto quattro fascicoli, uno per ogni vittima. L’ipotesi è omicidio colposo.