Riuscirà un vaccino a far smettere di fumare?

Riuscirà un vaccino a far smettere di fumare?

Dopo le gomme da masticare, i cerotti, le terapie, i libri e infine la sigaretta elettronica, ecco finalmente il vaccino antifumo. Da anni si cerca invano di trovare una soluzione per smettere di fumare, e chi ci riuscisse, inutile dirlo, ne avrebbe un grande ritorno economico. Per questo lo sviluppo di un possibile vaccino anti-nicotina è stato subito di grande interesse per l’industria farmaceutica. Tant’è che attualmente i vaccini in fase di sperimentazione sono quattro: Il NicVAX, il TA-NIC, il NIC002 e il Niccine. Dopo i soddisfacenti risultati ottenuti con i test preclinici, condotti sugli animali, ora i vaccini sono in fase di sperimentazione su volontari sani, l’ultima tappa prima dell’immissione in commercio. Ma il vaccino sembra non funzionare allo stesso modo su persone e animali da laboratorio. Sono da poco stati pubblicati infatti, i risultati degli studi di fase III condotti dalla NABI Biopharmaceuticals, che da qualche anno sta testando il NicVAX, e i risultati non sono proprio quelli attesi.

L’idea di creare un vaccino contro le sostanze d’abuso risale ad alcuni decenni fa. I primi studi furono condotti su modelli animali di dipendenza da eroina, e solo successivamente furono estesi a tutte le altre droghe d’abuso. Ad oggi, però, solo i vaccini per la cocaina e la nicotina sono in fase di sperimentazione sugli esseri umani. La vaccinazione o immunizzazione attiva, consiste nel somministrare un substrato immunogeno, capace di attivare i linfociti T e B, che legandosi insieme portano alla formazione degli anticorpi. Livelli ottimali di anticorpi sono raggiunti solo qualche settimana dopo la prima somministrazione del vaccino, mentre l’immunizzazione passiva che consiste nel somministrare direttamente gli anticorpi di un altro individuo, permette una protezione immediata. La nicotina è una molecola talmente piccola che una volta inspirata riesce a passare indisturbata nel flusso sanguigno, senza attivare nessuna risposta immunitaria. Sempre grazie alle sue piccole dimensioni riesce poi a penetrare nel cervello, sviando il rigido controllo della barriera emato-encefalica. La barriera emato-encefalica è come una dogana per il cervello, lascia passare solo certe sostanze che hanno l’accesso. Ma alcune molecole, come tutte le sostanze d’abuso, hanno dimensioni tali da riuscire a infilarsi nella trama della barriera ed evadere il “controllo”. Una volta all’interno la nicotina interagisce con i recettori dell’acetilcolina, chiamati nicotinici, disposti sui neuroni dopaminergici dell’area Ventro-Tegmentale, attivando una serie di risposte farmacologiche che si concluderanno con il rilascio di dopamina nel Nucleo accumbens, l’area del cervello responsabile del senso di piacere. Si instaura così la dipendenza biochimica. Il soggetto è portato a ripetere il gesto che gli ha procurato piacere, perché così facendo tiene alto il livello di dopamina in quest’area del cervello.

Impedire che le sostanze d’abuso passino attraverso la barriera emato-encefalica penetrando nel cervello, potrebbe essere quindi una buona soluzione per impedire che si instauri la dipendenza. Il funzionamento del vaccino si basa proprio su questo principio. Viene iniettata nel sangue una proteina capace di aggregare più molecole di nicotina insieme, in modo da renderle “visibili” dal sistema immunitario. Nel giro di qualche settimana con iniezioni ripetute del vaccino, si formano gli anticorpi, capaci ora di riconoscere anche le piccole molecole di nicotina e di sequestrarle prima che raggiungano il cervello. Quando l’anticorpo riconosce e lega la molecola, si forma un complesso troppo grande che non è più in grado di passare la barriera emato-encefalica e causare i danni che ben conosciamo. Il rinforzo positivo, cioè la tendenza a ripetere un comportamento che ci ha procurato piacere, si manifesta negli uomini come negli animali, sui quali sono stati condotti gli studi preclinici. Anche sui ratti la nicotina crea dipendenza. Negli esperimenti comportamentali si vede infatti che l’animale una volta associato un gesto, come per esempio abbassare una leva, al rilascio di nicotina, è portato a ripeterlo, perché provoca una sensazione di piacere. Questi esperimenti sono poi confermati dalle analisi chimiche, che indicano un aumento del rilascio di dopamina in determinate aree del cervello, in seguito all’assunzione della droga. Gli studi preliminari hanno dimostrato che l’assorbimento e la distribuzione di nicotina nell’organismo cambia sostanzialmente in presenza degli anticorpi, fornendo risultati molto promettenti. L’immunizzazione attiva e passiva nei ratti riduce la quantità di nicotina libera, capace di penetrare nel cervello e creare dipendenza attraverso l’attivazione dei processi neuro-farmacologici. L’aumento di dopamina nel Nucleo accumbens, conseguente alla somministrazione della nicotina, non avviene nei ratti vaccinati, che mostrano anche difficoltà a distinguere tra l’iniezione di soluzione salina e nicotina, indice che quest’ultima non è più associata ad alcuna sensazione di piacere. Dai diversi studi preclinici emerge poi che l’immunizzazione è dose dipendente (più anticorpi ci sono nell’organismo in studio, più la nicotina sarà trattenuta nel sangue e non passerà nel cervello) e l’immunogenicità del vaccino non viene compromessa dalla contemporanea presenza della nicotina, cosicché anche i fumatori attivi possono vaccinarsi. Per quanto riguarda le ricadute, nei ratti vaccinati si verifica un’attenuazione, forse dovuta alla maggior permanenza della nicotina nel sangue perché legata agli anticorpi. Questo fenomeno può essere importante prevenire le ricadute che si verificano nei fumatori che provano a smettere.

Attualmente sono quattro i vaccini che hanno superato in maniera soddisfacente i test preclinici e hanno iniziato la sperimentazione sugli uomini. Si tratta del NicVAX, sviluppato dalla Nabi Pharmaceuticals e sotto valutazione clinica anche della GlaxoSmithKline. Il NIC002 (o NicotineQb) ideato dalla Cytos Biotechnology e anch’esso sotto ulteriore controllo dalla Novartis. E infine il TA-NIC e il Niccine di cui però, non sono stati pubblicati i risultati degli studi. I trials (studi) di fase II e III condotti sul NicVAX e il NIC002 avevano lo scopo di verificare la sicurezza del farmaco, l’immunogenicità e l’efficacia. Quello che è emerso dagli studi clinici condotti su fumatori che non erano intenzionati a smettere di fumare e non fumatori, lascia però un po’ di amaro in bocca. Sebbene il vaccino sia stato ben tollerato e non abbia mostrato particolari effetti collaterali, e la risposta immunitaria alla nicotina ci sia stata, anche nei fumatori e in maniera dose-dipendente, la grande differenza rispetto agli studi portati avanti sugli animali, sta proprio nell’effetto del vaccino. In un trial di fase III, in doppio-cieco (né chi effettua il trattamento né chi lo riceve è a conoscenza della sostanza iniettata), condotto dalla Nabi Pharmaceuticals su 1000 persone che sono state sottoposte a sei vaccinazioni con NicVax alla dose di 400 µg o placebo, è emerso che non vi era alcuna differenza tra il gruppo che riceveva il NicVAX o il placebo. Quindi il vaccino sugli uomini sembrerebbe non avere alcun effetto. In un recente comunicato stampa Raafat Fahim, presidente e amministratore delegato della Nabi Biopharmaceuticals ha dichiarato «Siamo chiaramente sorpresi e dispiaciuti per il risultato di questo primo studio clinico di fase III su NicVAX. Siamo in procinto di valutare i motivi di questi dati inaspettati, in attesa dei risultati del secondo studio di fase III. I dati di questo secondo processo potrebbero fornire indizi utili che potrebbero aiutare a spiegare i risultati deludenti della prima prova». Non è andata meglio a NIC002. In uno studio di fase II effettuato su circa 300 persone, divise in base al numero di anticorpi prodotti per la nicotina, non si è riscontrata alcuna differenza fra le persone trattate con placebo e con il vaccino o si avevano troppi effetti collaterali. Il farmaco leggermente modificato è stato testato in seguito dalla Novartis, in uno studio di fase II su 200 persone, ma non ha raggiunto il suo obiettivo finale, forse a causa dei pochi anticorpi prodotti da questo vaccino.

Probabilmente la principale differenza fra uomini e animali sta nel fatto che nei primi si instaura anche una dipendenza psicologica, non solo biochimica. Mentre negli animali basta interrompere il meccanismo biochimico alla base delle dipendenze e il gioco è fatto, lo stesso non vale per gli uomini, dove entrano in gioco fattori molto differenti. Tant’è che attualmente la terapia per smettere di fumare prevede la combinazione di farmaci e counseling. C’è il rituale del gesto, per molti un vero e proprio antistress, il sapore del tabacco e i non trascurabili fattori genetici, ambientali e perché no, sociali. La parte svolta dalla nicotina in questo processo di dipendenza è davvero relativa. Inoltre c’è da considerare che il modello animale ha sempre dei limiti. In primo luogo perché la produzione di anticorpi varia da individuo a individuo, figurarsi tra una specie e l’altra. Infine in quasi nessuno studio gli animali inalano la nicotina, nella maggior parte dei casi gli viene somministrata in vena.

Probabile però che in futuro sentiremo ancora parlare del vaccino contro la nicotina. Sono in programma altri trials clinici che dovranno essere attentamente disegnati e valutati, mentre altre molecole sono ad oggi in fase di sperimentazione preclinica. Una cosa a questo punto è certa, che il vaccino da solo non basta per smettere di fumare, ma è necessaria una combinazione di terapie diverse che agiscano su più fronti. Uno studio che sta valutando l’associazione tra varineclina e NicVAX per esempio, è già in corso. La varineclina, farmaco utilizzato con buoni esiti per smettere di fumare, induce però forti ricadute. Ecco che a questo punto il vaccino, che ha mostrato ottimi risultati nell’evitare le ricadute, si combina perfettamente.

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