Il calcio è nato più di cento anni fa, ma nel 2012 siamo ancora qui a parlare del razzismo negli stadi. Nei giorni in cui l’Europeo di Polonia e Ucraina sta cominciando, si profila la possbilità che il massimo torneo continentale di calcio possa diventare una vetrina per alcune frange di tifosi che dedicano il proprio tempo libero a cori razzisti e saluti nazisti. Non per la Uefa però, che da giorni si sta affrettando a minimizzare il tutto.
Cominciamo dall’Ucraina. Un recente reportage della Bbc ha mostrato come l’ex Paese dell’Unione Sovietica abbia ancora qualche problemino. Qualche settimana fa, alcuni tifosi del Metalist Kharkiv si sono fatti notare per aver mostrato il saluto nazista ed aver urlato più volte “Sieg Heil”. La polizia ucraina, per non perdere ulteriormente la faccia di fronte l’Europa dopo il recente caso dello sterminio dei cani randagi e le frequenti incursioni delle Femen, ha minimizzato l’accaduto. E lo ha fatto in questo modo: “I tifosi stavano solamente indicando con la mano destra per raccogliere l’attenzione degli anniversari, nessun saluto nazista”. Così almeno la pensa il maresciallo capo Volodymyr Kovrygin. Insomma, dei bravi ragazzi. Gli stessi che due settimane più tardi hanno aggredito, all’interno dello stesso stadio, un gruppo di tifosi di origine asiatica. “Ci hanno attaccato i tifosi di casa. E’ stato tremendo”, hanno raccontato. Nessun commento da parte della polizia stavolta. Il caso è chiuso.
Oleh Voloshyn, portavoce del ministero degli Esteri, ha reagito duramente al video della Bbc: ”Si può criticare la società ucraina per un sacco di cose, ma in termini di razzismo molti paesi dell’Unione Europea battono l’Ucraina per distacco”. Anche una grande gloria come l’ex milanista Andriy Shevchenko, tuttora simbolo del calcio ucraino, ha fatto subito ‘catenaccio’: ”Qui da noi non c’e’ il problema del razzismo, l’Ucraina è un paese pacifico e la gente è amichevole. Agli Europei ve ne accorgerete”. Le stesse forze dell’ordine non rimangono a guardare, sebbene neghino qualsiasi problema. Il caso ha voluto che lo scorso dicembre l’urna del sorteggio spedisse l’Inghilterra, nota patria degli hooligans,nel girone D, che è proprio quello dell’Ucraina. Per evitare scontri tra gli hooligans ‘tradizionali’ inglesi e quelli nuovi ucraini, la polizia ha creato il collaborazione con la Uefa il Nfip, un reparto speciale che dovrà contrastare gli ultras più pericolosi.
Non che in Polonia siano messi meglio. Se in Ucraina preferiscono il filone nazista, tra Varsavia e Cracovia la passione di alcuni ultras è quella di insultare i giocatori di colore. Un’abitudine molto radicata tra i tifosi del Wisla Cracovia. E proprio nella città di papa Wojtyla gli ultimi a farne le spese sono stati i giocatori dell’Olanda. Gli oranje hanno scelto Cracovia come sede del ritiro di Euro 2012. Giovedì 7 giugno, come da programma la squadra è scesa in campo per l’allenamento. Ma anzichè essere accolta da applausi, la nazionale olandese è stata subissata da cori razzisti. La notizia è stata riportata dal ‘De Telegraaf’, uno dei maggiori quotidiani olandesi, al quale il commissario tecnico arancione ha dichiarato: “Il vantaggio è che ora sappiamo cosa aspettarci”. Lo sanno bene soprattutto Gregory Van Der Wiel e Nigel De Jong, i due giocatori neri della spedizione dell’Olanda a Euro 2012. Uno dei senatori della squadra, Mark Van Bommel, si è subito schierato dalla loro parte: “Valuteremo il ricorso alla Uefa. E’ un vero peccato, dopo che avevamo pure fatto visita ad Auschwitz”. Una decisione, quella della visita al campo di concentramento, intrapresa anche dalla Germania. Una mossa dipolmatica degna del miglior Otto Von Bismarck, oltre che una lodevole iniziativa: Auschwitz si trova in Polonia e tra polacchi e tedeschi non corre buon sangue.
La Uefa, dal canto suo, ha subito chiuso la questione razzista ai danni dell’Olanda. In una nota ripresa dal ‘Guardian‘, il governo europeo del calcio ha spiegato che aprira un’indagine, ma che i fischi del pubblico erano di protesta, visto che nessun match di Euro 2012 si giocherà a Cracovia. Appena saputa la posizione della Uefa, Van Bommel non le ha mandate a dire: “Dovete aprire le orecchie, e se non li avete voluti sentire perché non li volete sentire, allora è anche peggio”.
I numerosi episodi di razzismo di cui molte tifoserie polacche si sono rese protagoniste quest’anno non lasciano tranquillo Theo van Seggelen, presidente del sindacato internazionale dei calciatori, che in un’intervista rilasciata alla Bbc si è detto “per niente sicuro che non si verificheranno episodi violenti fuori e dentro gli stadi”. E a rincarare la dose ci si è messo pure Sol Campbell. L’ex difensore coloured della nazionale inglese, dopo aver visto il documentario della Bbc, ha invitato i tifosi connazionali a rimanere in patria: ”Rimanete a casa, e guardate le partite in televisione, perché andare lì se sei di colore è un rischio”. Lo hanno subito ascoltato Theo Walcott e Alex Oxalade-Chamberlain: i due giocatori di colore dell’Inghilterra non porteranno i propri familiari e amici negli stadi dell’Europeo.
La Polonia si è molto risentita per il documentario della Bbc. ”Il problema di certe patologie negli stadi, come la xenofobia ed il razzismo, è presente in tutti i paesi d’Europa, e non solo in Polonia”, ha commentato in una nota diffusa dalla Uefa il portavoce di Euro 2012 Mikolaj Piotrowski. “Ora vorrei invitare Campbell in Polonia, e dirgli di venire con la sua famiglia ed i suoi amici. Caro Sol, vieni a vedere come siamo realmente noi polacchi”. Dal canto suo, il segretario Uefa Michel Platini ha voluto dire la sua: ”E’ facile puntare il dito contro Polonia e Ucraina, ma abbiamo gli stessi problemi in diversi paesi: in Francia, negli Stati Uniti, in Inghilterra”.
Insomma, così fan tutti. Polonia, Ucraina, Inghilterra, ma anche Croazia e l’Italia. I croati non sono proprio degli stinchi di santo: irriducibili di destra, hanno mostrato a tutti di cosa sono capaci nell’agosto del 2006, quando a Livorno (noto serbatoio di tifosi di sinistra) si presentarono per l’amichevole Italia-Croazia creando sugli spalti una croce uncinata umana. E poi ci sono gli italiani. Non tutti, ma una parte. Si fanno chiamare ‘Ultras Italia’ e sono nati agli inizi del 2000 con il nome di Viking Italia. Il nucleo fu costituito da alcuni tifosi dell’Hellas Verona, seguiti da quelli di Udinese, Triestina, gli Irriducibili della Lazio e di alcune frange di destra della Roma. Rinuniti in un unico gruppo dopo Euro 2000, hanno preso il nome di Ultras Italia con l’intento di crerare il primo gruppo organizzato di tifosi della nostra nazionale. Un intento nobilissimo, peccato che nel 2008, a Sofia, durante Bulgaria-Italia, dal settore dei tifosi italiani spuntarono delle croci celtiche e partirono dei cori dedicati a Benito Mussolini. Poi, non contenti, alcuni di loro cinghie in mano aggredirono degli spettatori bulgari. Gli episodi di intolleranza si sono ripetuti nel 2010 a Klangenfurt, in Austria, dove durante l’amichevole Italia-Romania gli Ultras Italia fischiarono Mario Balotelli e mostrarono uno striscione: “No all’Italia multirazziale”.
Il ct della Nazionale Cesare Prandelli sul razzismo non vuole sentire ragioni. In una delle ultime conferenze stampa prima della partenza per la Polonia (l’Italia soggionerà a Cracovia…), l’allenatore ha subito chiarito che in caso di fischi a Balotelli “siamo pronti a entrare in campo e abbracciarlo. E lo faremo anche se capiterà anche ad un avversario”. Platini l’ha subito rintuzzato: “non spetta a Balotelli fermare una partita”.