Non bastavano i dubbi sulla debole azione di vigilanza svolta nel passato su Fondiaria Sai. Adesso i vertici dell’Isvap passano sopra l’assetto organizzativo interno e sottraggono il dossier sulla fusione Unipol-FonSai alle strutture competenti. Lo hanno affidato “un gruppo informale” costituito attorno a Flavia Mazzarella, braccio destro del presidente Giancarlo Giannini e vicedirettore dell’istituto dal luglio 2005. La mossa ha generato stupore e preoccupazione all’interno: la sensazione è che i vertici non vogliano che sul dossier della controversa fusione si posino occhi diversi da quelli dei fedelissimi del duo Giannini-Mazzarella. Così, però, il verdetto sulla fusione verrà deciso in modo autocratico al di fuori delle procedure, o meglio cambiando in corsa la procedura.
L’organigramma dell’Isvap prevede due strutture di vigilanza: Vigilanza I, diretta a Giovanni Cucinotta, e Vigilanza II, diretta da Roberto Roberti. Le compagnie assicurative ricadono sotto uno dei due servizi. Unipol, per esempio, è nel gruppo dei controllati di Vigilanza I, mentre Fondiaria Sai ricade nell’altro gruppo, che in passato è stato diretto dalla stessa Mazzarella, di recente finita nelle polemiche a causa degli inefficaci controlli su FonSai. La decisione, secondo alcuni, sarebbe stata presa a ridosso dell’arrivo presso gli uffici Isvap di un esposto di Sator e Palladio, le due società di investimento che propongono un’operazione di salvataggio alternativa e più semplice rispetto a quella di Unipol.
Nell’esposto di Sator e Palladio si fa riferimento agli investimenti a copertura delle riserve effettuati dalla compagnia bolognese guidata da Carlo Cimbri, di cui la stampa si è occupata a più riprese ma sui quali il cda di FonSai, pressato dalle banche creditrici, ha deciso nei fatti di soprassedere. Le conclusioni degli advsisor finanziari di FonSai (Goldman Sachs e Citi), che si basano sulla due diligence condotta da Ernst & Young, rimarcano il fatto che una parte consistente degli investimenti di Unipol (circa 6,4 miliardi su 15,4 miliardi, il 40%) non è contabilizzata a prezzi di mercato e patisce minusvalenze implicite per 1,99 miliardi. In particolare, 3,3 miliardi dell’esposizione messa sotto accusa riguarda 58 special purposes vehichles (Spv) o conduit, veicoli usati per cartolarizzazioni, per emettere obbligazioni collateralizzate, e più in generale per operazioni di finanza strutturata. Quasi la metà dell’ammontare è relativo a veicoli strutturati da Jp Morgan.
«Seri dubbi sulla visione strategica di questa operazione, non solo per l’inquietante prova che non si può certo ignorare riguardante la salute finanziaria di quello che dovrebbe essere il salvatore», sono stati espressi anche da Giovanni Perissinotto, ex a.d. delle Generali, di recente dimissionato dall’incarico su iniziativa dei soci privati (Del Vecchio, Caltagirone, De Agostini) ma con il determinante contributo dell’azionista Mediobanca. L’istituto di Piazzetta Cuccia è l’ideatore della fusione fra Unipol, Premafin, FonSai e Milano Assicurazioni, delle quali è peraltro la principale banca creditrice. A queste affermazioni Cimbri ha reagito piuttosto bruscamente, ritenendole «formulate in un momento di profondo turbamento personale» di Perissinotto e a supporto di questioni estranee a Unipol.
Sul mercato, però, i dubbi sono rimasti. Dovrebbe essere l’Isvap a chiarirli e a metterci su la parola fine, una volta per tutte. Ma la scelta di tagliare fuori dalla decisione le strutture titolate a controllare i conti delle due compagnie, invece, sta facendo crescere la diffidenza. Con la centralizzazione del flusso di informazioni che arrivano dall’esterno verso il team creato attorno alla Mazzarella si stravolgono le procedure, ma soprattutto si esautorano le strutture che sulla carta dovrebbero fare i controlli. Qualcuno azzarda analogie imbarazzanti: «Sembra come ai tempi di Fazio, quando il parere dei due funzionari della Vigilanza venne bypassato con un parere esterno», dice una fonte Isvap. Forse il paragone è azzardato o assomiglia a un processo alle intenzioni. Ma anche il cambiamento organizzativo nella fase finale della procedura autorizzativa è una trovata troppo tempestiva per non suscitare, legittimamente, qualche sospetto.
Twitter: @lorenzodilena