Caro Prandelli, lei non è Bobbio: meno morale, più risposte

Caro Prandelli, lei non è Bobbio: meno morale, più risposte

È chiaro che questo signor Buffon deve tornare rapidamente a casa. Mica per ghiribizzi moraleggianti, ma figuriamoci, semplicemente perché è uno imbarazzante, poco intelligente, non meritevole di rappresentarci (a noi italiani), a meno di non considerare gli italiani, e anche questa è un’ipotesi possibile (probabile?), ancor meno meritevoli di rappresentare se stessi di quanto impropriamente lo possa fare il portierone della Nazionale.

Qui c’è un problema di consapevolezza. Come si sarebbe detto un tempo, non è ammessa l’ignoranza della legge. Siamo pieni di persone pubbliche che non hanno la più pallida idea di quello che dicono, che superano la barriera del ridicolo con una facilità irrisoria, che hanno scheletri nell’armadio, piccoli o grandi che siano, penalmente rilevanti ma anche no, che predicano benissimo avendo dimenticato quanto hanno razzolato male.

Da questo punto di vista, il Berlusca – massì chiamiamolo affettuosamente come un tempo si faceva noi lombardi – ci ha rovinato, ha vissuto gli ultimi anni in una fantastica divaricazione mentale, per cui pubblicamente ci raccontava di un Paese saldo e forte e allo stesso tempo il medesimo sprofondava sotto gli occhi atterriti dei suoi connazionali, ci ha dipinto il suo mondo parallelo inzeppato di olgettine travestite da Boccassini come fosse la serena vecchiaia di un pensionato alle porte della pace sessuale, ci ha spacciato se stesso per un uomo ancora nel pieno delle sue facoltà intellettive.

Ma il Berlusca era uno, e uno rimarrà, con le sue pene, le sue grandezze e le sue miserie. Vogliamo pensare di scimmiottarlo nella sua infinita non-consapevolezza della società? Invece, bello fresco, ti arriva uno come Buffon e prima ti spara quella cazzata dei «due feriti e un morto», poi – non pago – se ne esce, da sincero garantista, con le due immagini che si raccontano sempre sulla giustizia quando si vuole colpire sotto la cintura: la giustizia a orologeria e la giustizia-spettacolo. Bene, benissimo, clap-clap, ci piace pensare che anche un calciatore stia dentro ai problemi complessi del suo Paese, li possa analizzare, e se ne possa persino fare un’idea intelligente e compiuta. Ma se poi il giorno dopo, in maniera maramalda, la giustizia gli squaderna sotto il naso una bella informativa, nella quale si parla di tonnellate di scommesse (legali) attraverso una tabaccheria di Parma e i suoi avvocati parlano di diversificazione di investimenti, allora c’è da pensare se il portierone non viva sul pianeta Papalla.

A fronte di tutto questo – avvisi di garanzia, sospetti, maldicenze, informative – Cesare Prandelli ha deciso di mandare tutto in vacca, di rovesciare il tavolo, di difendere il suo gruppo con il classico atteggiamento dei bambini. Non ci volete?, sembra dire il commissario tecnico della Nazionale, e allora «se serve, possiamo anche rinunciare all’Europeo. Se ci dicessero che per il bene del calcio la Nazionale non deve andare agli Europei, non sarebbe un problema». È chiaro che il primo che deve restare a casa è proprio lui, il nostro selezionatore, il quale non è più in grado di sostenere la situazione con l’equilibrio che è generalmente richiesto a un professionista nel suo ruolo. Prova ne è, che identifica ciò che sta accadendo intorno al calcio, e in parte intorno ai suoi giocatori, ultimo Buffon, come una sorta di complotto: «Io dico no alle crociate».

Non si capisce perché Cesare Prandelli debba trasformarsi nel Norberto Bobbio dei noiantri e dettare la linea morale della Nazionale. Noi, che siamo peccatori ma anche un filo più concreti, da lui vorremmo solo due risposte a due semplici domande. Come si richiede a un vero organizzatore. E gli risparmiamo la terza sull’indelicatezza di aver aggregato alla Nazionale suo figlio, inserendosi così nel solco del più consolidato familismo italiano. Ma torniamo alle due domande.

La prima: se l’avviso di garanzia è stato pensato dai legislatori come un elemento a tutela dell’interessato – e dunque non può essere l’ordine di grandezza penale a determinare una scelta e una decisione – per quale motivo Criscito è stato allontanato e Bonucci invece rimane?

La seconda: la condizione di Gigi Buffon, dopo l’uscita dei ben noti documenti sulle sue titaniche scommesse, è ancora compatibile con la sua permanenza all’interno del gruppo (non parliamo poi della fascia di capitano) o seri problemi di opportunità consiglierebbero la sua uscita?

L’avventura azzurra è cominciata malissimo e potrebbe continuare peggio. Prima di mettersi in marcia, è utile sapere quali sono i parametri a cui la Nazionale si ispira: onestà, garantismo, garantismo peloso, giustizialismo, moralismo un tanto al chilo, non-consapevolezza?

Tocca scegliere, caro Prandelli.  

Entra nel club, sostieni Linkiesta!

X

Linkiesta senza pubblicità, 25 euro/anno invece di 60 euro.

Iscriviti a Linkiesta Club