Al processo Ruby va in scena il piccolo naufragio delle parti civili. Le ‘pentite di Arcore’, le ragazze che chiedono i danni per essere state rovinate dalla partecipazione alle cene a Villa San Martino da Silvio Berlusconi, non convincono dopo la prova degli interrogatori in aula. La scialuppa dove Ambra Battilana, Chiara Danese, Imane Fadil, avevano issato il vessillo della loro ‘diversità’, imbarca acqua, tra imbarazzi e contraddizioni.
La ‘caduta’ piu’ clamorosa è quella di Ambra Battilana, giovane ex miss piemontese che sostiene di essere fuggita inorridita dalle feste licenziose a cui le era toccato partecipare. Questa mattina i pubblici ministeri Piero Forno e Antonio Sangermano hanno depositato agli atti del processo per induzione e favoreggiamento della prostituzione a carico di Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti un documento che ne scalfisce la credibilità: la denuncia-querela presentata da Ambra nel dicembre 2010 a carico di un settantenne imprenditore piemontese con cui aveva avuto una storia d’amore.
La ragazza nella denuncia sostiene di avere avuto ripetuti rapporti sessuali a pagamento, quando era ancora minorenne, con il maturo imprenditore e lo denuncia perché sarebbe stata plagiata. Ma la Procura della Repubblica di Alba, cui la denuncia è stata trasmessa per competenza, ha chiesto l’ archiviazione della denuncia per «insostenibilità dell’accusa» e per il fatto che Ambra non si è mai messa in contatto con i pm e non si è mai resa disponibile per l’interrogatorio.
Sangermano ha depositato anche gli atti provenienti dalla Procura di Alba che confermerebbero i rapporti a pagamento di Alba con l’imprenditore. I rappresentanti dell’accusa sembrano così accogliere le riserve sulla credibilità della ragazza avanzate nella scorsa udienza dai legali degli imputati. Il professor Gaetano Pecorella, difensore di Emilio Fede, ha sottolineato oggi che, in questo processo, Ambra aveva detto cose diverse, negando di avere mai ricevuto soldi in cambio di prestazioni sessuali.
Ha uscitato tenerezza la testimonianza in aula dell’amica del cuore di Ambra, Chiara Danese, anche lei ospite del Cavaliere la sera del 23 agosto 2010. «Non sapevo neanche cosa fosse Arcore, pensavo un bar», ha detto oggi davanti ai giudici, spiegando di non interessarsi di politica e non sapere neanche «cosa fosse un Presidente del Consiglio». All’inizio del processo aveva chiesto un risarcimento agli imputati lamentando un «danno da perdita di chance causato dal clamore mediatico» per essere stata considerata una escort.
«Il mio sogno era entrare nel mondo dello spettacolo – spiega – ma dopo che il mio nome è uscito sui giornali ho dovuto rinuciarci. Ora faccio l’educatrice infantile e cerco di racimolare qualche soldo con servizi fotografici, ma ho poche proposte. Avevo conosciuto Fede a un casting per meteorine, ci scelse subito, disse che ci avrebbe dato cinquemila euro a testa alla settimana, io stavo svenendo». Anche Chiara, come Ambra, sostiene che durante una cena al ristorante Bulgari le sarebbe stato chiesto da Emilio Fede di alzarsi per guardarle il sedere.
«Ci rimasi male ma Ambra mi disse: ‘non dire nulla altrimenti non ci fa lavorare’. Ad Arcore, Chiara racconta di avere chiesto una camomila dopo avere assistito alla scena delle ragazze in cerchio che fanno divertire Berlusconi e Fede simulando un rapporto orale con una statuetta di Priapo. Fin qui la sua ricostruzione convince, ma la ragazza inciampa subito dopo quando si tratta di spiegare un messaggino partito dal suo telefonino.
«Dopo l’ultimo spogliarello della Minetti» ricorda «io ero imbarazzata, non avevo mai visto una donna nuda. Ambra disse a Emilio Fede che volevamo uscire. E lui ci disse: in tal caso scordatevi miss Italia, scordatevi le meteorine. Anche Berlusconi era seccato». Quella stessa notte, però, dal cellulare di Chiara partirono dei messaggi di ringraziamento a Emilio Fede per la «bellissima serata». Chiara sostiene che ad inviarli fu l’amico che quella notte le riportò a casa, e che si era fatto prestare da lei il telefonino, ma la sua versione non convince.
I tabulati telefonici rivelano che la Danese non era più ad Arcore a partire dall’una e tredici minuti quando dalla cella di Villa San Martino si ‘stacca’ il telefono di Fede. «Quanto ci hai messo a tornare a casa tua a Gravellona?», viene chiesto a Chiara, che risponde: «un’oretta». I conti non tornano perché il messaggino coi ringraziamenti al giornalista parte alle 3 e 30, ora in cui la ragazza, stando al suo racconto, non si trovava piu’ con l’amico – accompagnatore.
Infine, Imane Fadil, la modella marocchina che nelle scorse udienze aveva svelato l’incontro con un misterioso uomo siriano, poi identificato, da lei qualificato come un emissario di Berlusconi che voleve darle dei soldi per comprarne la reticenza al processo. Il pm Sangermano le chiede perché abbia deciso di parlare dell’intermediario solo in queste udienze e non nell’agosto 2011, quando presentò una memoria in Procura in vista delle costituzione di parte civile.
«A un certo punto mi sono sentita in dovere di farlo. Prima avevo paura di parlare ma anche di non parlare». Sangermano affonda: «ha mai coltivato l’idea di prendere soldi da questa trattiva?», e Fadil risponde in modo tutt’altra che deciso: «Di pensieri ne ho avuti tanti…e un pensierino l’ho fatto». ‘Contro’ di lei c’è un dato oggettivo rimarcato oggi dall’avvocato Pecorella: le 40 telefonate partite dal suo telefono verso quello del siriano che, a sua volta, la chiamò una sessantina di volte.
Numeri che fanno pensare a una trattativa e alla forte tentazione di Imane di cedere alle lusinghe del presunto emissario. Un atteggiamento – almeno nelle intenzioni – che stride con lo sdegno mostrato dalla ragazza per quanto visto ad Arcore. E la modella marocchina ‘inguaia’ pure un’altra delle parti civili, Iris Berardi, che deve ancora essere sentita dai giudici. «Iris» afferma Imane «si era spogliata e avvicinava sedere e fondoschiena alla faccia di Berlusconi e Fede».