Europei 2012, il “maxi-schermo” è il muro di Betlemme

Europei 2012, il “maxi-schermo” è il muro di Betlemme

BETLEMME – Mancano pochi minuti al calcio d’inizio del match fra Italia e Inghilterra e a due passi dal check point militare che divide Betlemme e Gerusalemme il viavai di tifosi è continuo: «Quando inizia la partita il muro si illumina, le immagini scorrono e le persone iniziano a guardare: così anche un recinto grigio come questo diventa utile». Sono le parole di Charlie Hasboun, sessantenne proprietario di uno dei ristoranti più frequentati di Betlemme: in questi giorni, quasi ogni sera il The wall steakhouse richiama centinaia di clienti fra i tavoli all’aperto, trasmettendo le partite dei campionati europei di calcio. Solo che le immagini dei giocatori non scorrono sui tradizionali maxischermi, ma sono proiettate sul cemento della barriera di sicurezza che separa Betlemme da Gerusalemme, Cisgiordania e Stato di Israele.

Per il quarto di finale giocato e vinto dagli azzurri, al The wall steakhouse si è riunita buona parte della comunità italiana che vive qui: molti cooperanti di organizzazioni non governative, alcuni studenti arrivati in Palestina per studiare l’arabo e due suore elisabettine, da Vicenza, impegnate nel lavoro quotidiano al Caritas Baby Hospital. «Siamo in netta maggioranza – sorride un tifoso italiano – gli inglesi sono rimasti a casa, hanno paura di perdere». Per molti è questo l’unico momento in cui si può guardare con un minimo di indulgenza il muro di sicurezza israeliano, da anni al centro di aspre polemiche perché considerato il simbolo della discriminazione di Israele nei confronti dei palestinesi.

«Quando non c’era il muro potevo spostarmi senza problemi verso Gerusalemme – continua Charlie Hasboun, di lontane origini italiane e dunque contento del successo della squadra di Prandelli – dai primi anni del 2000, invece, è come se vivessi in una gabbia. Inoltre, costruendo la barriera così vicino al ristorante, il governo israeliano ha messo in ginocchio i miei affari». Dalla necessità di rilanciare il business, nel 2010 è nata l’idea di tinteggiare un ampio rettangolo bianco sul muro distante appena pochi metri, iniziando a proiettare le partite dei mondiali in Sudafrica. Così, accanto ai graffiti di Banksy e di altri artisti internazionali che supportano la causa palestinese, spunta lo schermo panoramico del Wall Steakhouse: «Prima il locale si chiamava Bahamas bar, ma dopo la costruzione del muro abbiamo cambiato nome», precisa Charlie.

Oggi, dunque, il locale ai piedi del muro e a due passi del check-point è rinato grazie all’uso creativo della barriera di separazione e presto inizieranno le proiezioni di film e documentari. «Ma noi continuiamo a sperare nell’abbattimento di questa prigione a cielo aperto – conclude Charlie –. A quel punto sborseremo con estremo piacere i soldi necessari per comprare un nuovo, classico, maxischermo».