Grazie agli ottimi risultati ottenuti fin qui dalla sua nazionale di calcio agli Europei, la Germania sta riscoprendo il proprio sentimento patriottico. Le bandiere spuntano sempre più dalle finestre e dalle automobili, le piazze con i maxischermi che trasmettono le partite della squadra guidata dal ct Joachim Loew straripano di tifosi in delirio e la stampa ci mette del suo, descrivendo questa nazionale come la favorita numero uno alla vittoria finale di Euro 2012 con titoli altisonanti. Fin qui nulla di strano, se non fosse che la Germania (già dal mondiale del 2006 ospitato in casa) è tornata a manifestare il proprio patriottismo grazie a una nazionale multietnica. Una specie di paradosso che non solo preoccupa lo Zeit e alcuni partiti politici, ma che ha dato vita a episodi di razzismo.
«I tedeschi sono orgogliosi non solo di Schweinsteiger (uno dei componenti della nazionale, ndr) e compagni, ma soprattutto di se stessi», scrive Die Zeit in un articolo intitolato “Il patriottismo nell’Europeo: il mio pericoloso amore per la Germania”. La sociologa Dagmar Schediwy ha intervistato per il settimanale i tifosi tedeschi , scoprendo che quello che li guida è il piacere di dimostrare la propria appartenenza a un Paese, dopo anni – quelli dopo la seconda guerra mondiale – in cui farlo non era visto di buon grado. Già dal mondiale del 2006, organizzato in maniera impeccabile dai tedeschi, il sentimento patriottico si era evoluto e staccato dalla simbologia nazista, per diventare la celebrazione di una grande festa popolare. Un cambiamento spinto da campagne come «Tu sei la Germania», che già sei anni fa avevano fatto discutere.
Non esiste tuttavia un «patriottismo positivo», ha spiegato la Schediwy. Mentre la Nazionale gioca un grande torneo, «risulta accettabile insultare la squadra ed il Paese rivale». Noi italiani lo scoprimmo proprio durante Coppa del mondo del 2006, quando alcuni giornali tedeschi tornarono a darci dei mammoni e a invitare il popolo tedesco al ‘Pizza Boikott’. Un compendio di luoghi comuni che anche in questi giorni, alla vigilia di Italia-Germania, i tedeschi non ci stanno facendo mancare. Ma ci sono aspetti che fanno preoccupare di più di quello che appare come un semplice sfottò. Non è un caso se la gioventù del partito dei Verdi ha creato degli adesivi con la scritta «Patriottismo? No, grazie». «Si, non siamo patrioti. E ci sono altre cose che c’importano più della Germania: le libertà individuali, i diritti sociali o la domanda se le prossime generazioni potranno vivere su questo pianeta», raccontano i Verdi.
Ecco: bisogna innanzitutto capire come le future generazioni potranno vivere in Germania. E come queste convivranno con i figli degli immigrati. L’attuale nazionale di calcio è attualmente composta da molti giocatori di origine non tedesca: Mesut Ozil e İlkay Gündoğan (Turchia), Sami Khedira (Tunisia), Lukas Podolski e Miroslav Klose (Polonia), Jerome Boateng (Ghana), Mario Gomez (Spagna). In passato, altri figli di immigrati dai tratti non propriamente mitteleuropei hanno fatto parte della selezione tedesca, come il turco Mehmet Scholl, il brasiliano Kevin Kuraniy e il ghanese Gerald Asamoah. Eppure, il nuovo patriottismo pare dare ragione alla Schediwy. Sempre la Zeit racconta in questi giorni di alcuni brutti episodi avvenuti a Neuwied, in Renania. La sera del match contro la Grecia, la cittadina ha organizzato una festa per i tifosi tedeschi con tanto di maxischermo. La società assunta per la sicurezza della festa avrebbe però negato l’ingresso ad alcuni ragazzi tedeschi perché di pelle nera. Lo stesso sarebbe accaduto anche ad alcuni ragazzini di colore, compagni di una classe (ovviamente tedesca) accorsa per vedere la partita assieme alla propria insegnante.
Alcuni casi di vietato tifo agli immigrati si erano verificati anche durante i Mondiali del 2010. Mentre la nazionale di Khedira e Ozil arrivava terza, nel quartiere berlinese di Neukölln, composto da 300mila abitanti (di cui molti stranieri), alcuni immigrati arabi e berlinesi di origine araba erano stati costretti a togliere una bandiera tedesca gigante dal proprio palazzo. Dopo averla sostituita due volte perché alcuni esponenti radicali di destra e sinistra l’avevano strappata di notte, alla terza si erano dovuti arrendere. Uno dei berlinesi di origine araba coinvolti, Ibrahim Bassal, spiegò: «Noi ci sentiamo tedeschi, io sono nato qui come i miei due figli, uno dei miei amici è partito per l’Afghanistan con l’esercito tedesco. Noi ci identifichiamo con la Germania e di conseguenza con la bandiera tedesca».
Ma questa nuova nazionale val bene la fine di un boicottaggio. L’entourage di Angela Merkel ha fatto sapere che la cancellierà sarà in tribuna a Kiev il prossimo primo luglio, in caso di arrivo della Germania in finale. La protesta contro il trattamento riservato a Julija Tymošenko può attendere.