80 miliardi di risorse, che possono diventare anche 100 nel prossimo futuro. Risorse sbloccate da fondi pubblici, tagli alla spesa mirati, incentivi all’assunzioni di lavoratori qualificati e di giovani in settori innovativi, blocco dell’Imu per chi lancia un’impresa, incentivi per la riqualificazione energetica. Gli ingredienti del decreto sviluppo sono tanti, e molto di più di quelli che abbiamo qui elencato. Come sempre, bisognerà attendere di vedere come la parte tecnica del decreto sopravviverà agli ultimi colpi di coda della politica. Non a caso, c’è una clausola “salvo intese” che lascia intendere che le bocce non sono ancora del tutto ferme.
Eppure, nel metodo e nel merito, questo provvedimento ha la sua importanza, che in politica è sempre anche simbolica. Anzitutto, perchè mettendo ordine tra gli incentivi esistenti e quelli che esisteranno, il governo lancia un segnale comunque di aiuto alla crescita, in un momento in cui ce n’è disperato bisogno. E poi perché, dopo l’inizio bruciante della riforma delle pensioni, e tante frenate e retromarce su spending review e taglio delle spese, il governo (a proposito, ben tornato a Passera, che avevamo dato per disperso per mesi) ridà la sensazione – invero non spiacevole – di ricominciare a governare, e di provarci seriamente pur nelle difficili condizioni politiche ed economiche che lo circondano. Un tempo si sarebbe chiamata fase due.