L’eccellenza del sigaro, quando la manifattura non delocalizza

L’eccellenza del sigaro, quando la manifattura non delocalizza

La scorsa settimana, in occasione della fiera internazionale di Dortmund, la rivista tedesca European Cigar Journal ha proclamato il sigaro Toscano “miglior brand europeo 2011”. L’autorevole pubblicazione, universalmente riconosciuta come mostro sacro nell’ambiente del cosiddetto fumo lento e al pari di ciò che il Wine Spectator di Robert Parker è per il vino, ha preso in considerazione tutti i grandi marchi europei che producono sigari, analizzando criteri standard come qualità del prodotto, espansione commerciale e tradizione sui territori di provenienza.

Nonostante la forte concorrenza di brand illustri come la bavarese Villiger e l’olandese De Olifant, a spuntarla è stato proprio lo “stortignaccolo”, soprannome che accompagna il sigaro italiano pressoché da sempre e che trae ispirazione dalla forma lunga ed irregolare che assume il tabacco Kentucky quando lavorato a mano. Ad occuparsi della produzione del prodotto sono le MST, Manifatture Sigaro Toscano. Una delle pochissime realtà produttive italiane capaci di rappresentare allo stesso tempo sia l’eccellenza manifatturiera nazionale, sia un esempio di attività che ha scelto di mantenere gran parte della propria produzione in Italia, precisamente a Lucca e Cava dei Tirreni.

Tradizione vuole che il sigaro toscano sia nato per puro caso a Firenze verso la fine del 1700, quando un carico di tabacco Kentucky proveniente dal nord America fu investito da una violenta pioggia che sommerse e bagnò le botti in cui era stipato. Lasciate alle cure di acqua e sole, le foglie fermentarono e presero un cattivo odore. Anziché buttarle via, qualcuno pensò bene di farle seccare ed arrotolarci dei sigari da rivendere a basso prezzo. Il successo fu tale che nel 1818, sotto la guida di Ferdinando III, venne inaugurata a Firenze la prima fabbrica di sigari toscani chiamata Manifattura di Sant’Orsola, la cui attività durò per circa 130 anni, prima del definitivo trasferimento a Cava dei Tirreni, stabilimento inaugurato nel 1940 e tuttora in funzione. Il mercato del sigaro toscano è stato soggetto al monopolio di Stato fino al 2004, cessando con l’acquisizione della British American Tobacco Company, la più grande multinazionale legata al fumo di tutto l’occidente.

L’intera attività – stabilimenti compresi – delle Manifatture Sigaro Toscano è stata rilevata nel 2006 dal Gruppo Industriale Maccaferri, che con alcune operazioni di marketing (l’integrazione alla gamma esistente dei sigari Pedroni, precedentemente prodotti in Svizzera) è riuscito ad affermare sul mercato il brand Toscano, imponendosi sui mercati internazionali come uno dei prodotti di maggior pregio. Arrivando, addirittura, ad insidiare il classico e ben più rinomato sigaro cubano grazie al suo rapporto qualità-prezzo (mediamente un pacco da 5 sigari toscani si aggira attorno ai 7 euro, mentre per un singolo sigaro cubano di buona qualità bisogna spendere almeno 12 euro). 

Oggi gli stabilimenti industriali del gruppo manifatturiero in Italia sono tre, Lucca, Cava de’ Tirreni (Salerno) e il Centro di Raccolta di Foiano della Chiana (Arezzo). Ogni anno i 400 dipendenti producono oltre 160 milioni di sigari, di cui 3 milioni interamente realizzati a mano tramite un lungo processo che viene insegnato alle sigaraie toscane con apprendistati lunghi 18 mesi. La quota del mercato del gruppo è pari al 30 per cento. Il futuro? Portare avanti l’eccellenza manifatturiera del made in Italy  verso l’Australia e il Medio Oriente, in particolare Israele, Libano, Egitto e Turchia. 

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