L’economia emiliana è forte, il terremoto sarà presto un ricordo

L’economia emiliana è forte, il terremoto sarà presto un ricordo

I terremoti sollevano problemi geologici, ecologici, sociali, spirituali e psicologici: quello emiliano del 2012 non sfugge a questa osservazione. Per chi si occupa di economia diviene anche un problema economico da affrontare seriamente, anche se questa appare una direzione semplicistica.
Per un’analisi del profilo economico, occorre mettere a fuoco i seguenti punti:
– cosa è successo
– cosa dovrebbe accadere
– dati i fenomeni naturali, cosa sarebbe conveniente fare ridurre gli effetti di tali eventi.

Cosa è successo
I danni economici possono essere riassunti nella perdita di patrimonio immobiliare e produttivo: si sono persi valori che erano alla base di processi d’impresa e di meccanismi che generavano occupazione, fatturato, ricchezza futura. I danni in una zona ricca e spesso di eccellenza come l’Emilia sono considerevoli ma nel contempo la ricchezza della zona definisce la possibilità di ristabilire rapidamente la situazione ex ante e augurabilmente una situazione migliore ancora.
Ogni terremoto comporta effetti assai negativi, per non dire catastrofali, ma paradossalmente può avere in sé i meccanismi, i germi della ripresa. La domanda di beni immobiliari e di beni produttivi diviene strutturalmente elevata, essendo la zona ricca di mezzi finanziari e di spirito d’impresa. Il dopo-terremoto può indurre un rafforzamento degli investimenti.

Le tabelle che vedete propongono un confronto tra i dati che si riferiscono ai terremoti più significativi dei tempi recenti. Il fenomeno emiliano è di più ridotta dimensione rispetto ai grandi eventi tellurici italiani. Se si assume il dato dei senzatetto, si può presumere che il livello dei danni agli immobili abitativi sia su una scala 4 volte inferiore rispetto all’evento del 2009.
  

Un’altra tabella sintetizza invece i caratteri della zona emiliana colpita e li mette a confronto con i caratteri della zona de L’Aquila, colpita nel 2009. I dati sono riferiti alla base dati territoriali dell’Istat e sono grossolanamente riferiti alle relative province invece che ai “crateri” del fenomeno sismico. E’ evidente come i seguenti sono i caratteri che rendono più rapida la ripresa dopo il terremoto emiliano rispetto a quello abruzzese:

– livello di industrializzazione più intenso
– livello più accentuato del reddito e del risparmio famigliare
– dinamica favorevole del contesto economico locale
– presenza di attività d’impresa di primo rilievo per innovazione e livello di internazionalizzazione.

Cosa dovrebbe accadere
A nostro parere l’effetto del terremoto emiliano è destinato a riassorbirsi in tempi brevi rispetto a quanto verificatosi negli altri episodi citati in ragione dell’impatto che ha avuto rispetto al grado di sviluppo economico della zona. L’impatto sarà rapidamente modesto in termini relativi. Lascerà certo cicatrici sul profilo geologico, ecologico, artistico, sociale e spirituale, ma molto meno sotto il profilo economico collettivo. Concorre dunque in questa direzione la dimensione del danno immobiliare e la solidità del contesto economico.

Anzitutto gli investimenti immobiliari dovrebbero ripartire nel breve termine e la dotazione di mezzi finanziari degli investitori verrà rapidamente allocata in nuovi investimenti immobiliari e di ripristino. Anche se le difficoltà delle imprese si traducono rapidamente in uno scadimento temporaneo della qualità degli attivi bancari, dovrebbe tuttavia generarsi immediatamente un effetto migliorativo degli attivi stessi grazie alla riduzione del rischio aperto relativamente al comparto immobiliare. In secondo luogo, è ragionevole prevedere un determinato volume di aiuti pubblici e privati che converge nella zona colpita. In generale questa componente sostiene l’economia e contribuisce nel senso di attenuare considerevolmente l’effetto depressivo principale.

Cosa si dovrebbe fare
Il recupero da un evento tellurico dovrebbe essere rapido quando il tessuto economico è vitale e l’attività bancaria di supporto è funzionalmente attiva. Qualche dubbio potrebbe derivare dal considerare il contesto macroeconomico italiano di difficoltà, che potrebbe indurre elementi di ostacolo ad una pronta ripresa in modo accentuato rispetto ad epoche in cui non si riscontrava questa contrazione e selettività del credito. Ma se L’Europa, come sembra, non conteggerà nel deficit la componente finanziaria catastrofale nel bilancio pubblico, gli ostacoli potrebbero essere notevolmente ridotti.

Sotto il profilo finanziario è evidente che questo è un momento in cui le dinamiche del mercato del credito causano effettive e importanti conseguenze impeditive allo sviluppo di progetti d’impresa. Il credit crunch è la premessa e allo stesso tempo la conseguenza della recessione. Le imprese si trovano, per ragioni che è troppo vasto ricordare nel dettaglio, ad affrontare un calo della domanda che comporta un innalzamento del fabbisogno finanziario, in un quadro in cui l’offerta di credito è nella migliore delle ipotesi assai cauta, e nella peggiore esageratamente selettiva.

Con riguardo alla zona colpita dal terremoto sarebbe essenziale ridurre i caratteri eccessivamente selettivi della valutazione del credito che tendono ad imporsi in Italia in generale, ma con effetti ben più devastanti nella zona colpita. Questa linea d’azione sarebbe importante per liberare dai vincoli burocratici quegli impulsi che spingono verso il riassorbimento delle difficoltà post emergenza.

Le strade per potenziare l’erogazione del credito alle imprese, sia per volume sia per relative condizioni, sono diverse ma è evidente che esse non sono percorribili con successo sulla base delle sole forze endogene al sistema bancario. E’ necessaria un’architettura di un sistema più ampio e, sotto questo profilo, esistono varie linee d’azione, anche complementari:
– un meccanismo di garanzia collettiva dei fidi, fondato su un sostegno pubblico di rilievo, che proceda alla ricostituzione automatica dei livelli di affidamento analoghi ai livelli pre-emergenza, considerando fruttuoso il loro potenziale in particolare per gli affidamenti a m/l termine;
– un meccanismo di carattere più generale volto a rendere postergati tutti i crediti erogati post emergenza rispetto a quelli pre emergenza è destinato a salvaguardare il futuro rispetto al passato;
– emissione di strumenti finanziari ad hoc da parte della Regione, della Finanziaria Regionale, delle Coop, a fiscalità agevolata e con meccanismi di basso assorbimento di capitale di vigilanza delle banche.
Le condizioni di gravità generale del fenomeno sismico lasciano aperto lo spazio per un recupero relativamente rapido. La condizione impeditiva potrebbe essere nel profilo della disponibilità del credito e in questo senso occorre agire con rapidità.

Per “Microcredito per l’Abruzzo” furono stanziati circa 5 milioni di euro provenienti dalle donazioni del dopo terremoto raccolte dalla Protezione Civile. Come spiegava Barbara Ganz ad aprile sul Sole 24 Ore, il sistema utilizzato da Etimos non prevede l’utilizzo diretto dei fondi per l’attività di finanziamento. Il denaro viene usato solamente come garanzia per i prestiti richiesti presso il sistema bancario locale. In pratica, le piccole imprese hanno chiesto a Etimos di farsi garante presso la banca da cui vuole ottenere il prestito per la sua iniziativa di ricostruzione. Il sistema garantisce anche parità di condizioni e prodotti. I soldi delle donazioni sono usati come garanzia, non dati in prestito. Anche questa è una strada coerente con le esigenze descritte.
 

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