Porn mummy: l’autrice odiata dalla critica sbanca in rete

Porn mummy: l’autrice odiata dalla critica sbanca in rete

Si possono vendere dieci milioni di copie, conquistare il primo, secondo e terzo posto delle classifiche americane – contemporaneamente – e dichiarare come unico punto di riferimento letterario Stephenie Meyer, autrice della saga dei vampiri adolescenti di Twilight? La risposta è affermativa e ha un nome e cognome: Erika Leonard, in arte E. L. James, normalissima casalinga di Londra, coniugata e con due figli.

Lei è la scrittrice del momento: odiata dagli intellettuali, criticata dai critici, amata al limite della follia dai lettori. La sua trilogia, Cinquanta sfumature di grigio (e poi di nero e ancora di rosso) ha battuto ogni record negli Stati Uniti e si prepara a conquistare il mondo. È sbarcata anche in Italia, dove nel giro di un mese – dall’8 giugno al 17 luglio – verrà pubblicata da Mondadori.

Si è detto di tutto sul suo stile, così come sul contenuto scabroso dei suoi romanzi. Che pur rivolgendosi al grande pubblico e abbondando di situazioni e sentimenti dichiaratamente pop, non disdegnano incursioni nella pornografia, dando origine a un genere letterario – se di genere si può parlare – che è già stato definito mommy porn, il «porno della mammina». Ma dove alberga il segreto del suo successo? E soprattutto, cosa ha spinto una disinibita casalinga come Erika Leonard a partorire bestseller da milioni di copie?

La risposta è tanto semplice da essere disarmante: la Leonard è stata una geniale, spavalda e fortunata imitatrice. Non ha inventato nulla, o quasi. Come lei stesso candidamente ammette, dopo essere stata folgorata dai vampiri di Twilight e dall’intricata storia d’amore dei suoi protagonisti, si è chiusa in casa a scrivere una storia simile. Ha cambiato nomi, ambientazioni, contesto. Ha trasportato la storia negli Usa aggiungendo particolari piccanti, con scene che sconfinano nel sadomaso. Si è inventata un nickname, Snowqueen Icedragon, e ha cominciato a pubblicare i capitoli del suo lavoro su siti specializzati in Fan Fiction, la letteratura ri-scritta dai lettori. È in questi luoghi virtuali dove gli appassionati si divertono a riscrivere le storie dei loro eroi preferiti che Erika Leonard è stata incoronata per la prima volta regina della Fan fiction, paladina di milioni di fan writer che ogni giorno, con le loro creazioni, tentano di strappare la parola “Fine” dalle penne degli autori. Come? Per capire il successo di Cinquanta sfumature di grigio dobbiamo capire il mondo della Fan Fiction, conoscerne i frequentatori e abituarci all’idea che la Rete sta cambiando lo stesso concetto di “autore”.

Fan Fiction, chi era costei? La Fan Fiction è l’estensione letteraria – non ufficiale e non autorizzata – delle narrazioni di successo scritta dai fan di quelle stesse narrazioni. In pratica si tratta di scrittori non professionisti che, spinti dal loro amore per gli eroi e le ambientazioni di un particolare romanzo, film, serie televisiva, fumetto e addirittura videogioco, decidono di produrre quello che in temine tecnico si chiama uno spin-off. Ovvero di continuare le storie di cui si sono innamorati, spesso piegandole verso orizzonti a cui l’autore originale non avrebbe mai pensato.

Le saghe preferite oggetto di Fan Fiction? Su tutte svettano Harry Potter e i maghetti creati dalla Rowling, seguite dai vampiri di Twilight: sono milioni i fan che in tutto il mondo scrivono e riscrivono le loro avventure. A ruota seguono i personaggi della Terra di Mezzo di J.R.R. Tolkien, le battaglie intergalattiche di Star Trek e Guerre Stellari, le casate in lotta descritte nelle Cronache del ghiaccio del fuoco di G.R.R. Martin e l’Intervista col vampiro di Anne Rice. Ma tutto, proprio tutto può essere oggetto della letteratura scritta dai fan: film di culto come Kill Bill di Tarantino, videogiochi come Resident Evil, fumetti giapponesi come Dragonball e One Piece, serie televisive come X-file, Buffy e Csi. Qualcuno ha addirittura pensato di sfidare Alessandro Manzoni immaginando nuovi sviluppi per Don Rorigo e i suoi scagnozzi.

«La Fan Fiction è ciò a cui potrebbe assomigliare la letteratura se, dopo un’apocalisse nucleare, fosse riscritta da un gruppo di drogati di cultura pop rinchiusi in un bunker sigillato», ha scritto sarcastico Lev Grossman, critico letterario del Time. La produzione di Fan Fiction è, per sua stessa natura, incontrollabile e incontrollata, di qualità letteraria scarsa, addirittura nulla. Prolifici scrittori di questo genere letterario sono ragazzi giovanissimi, per la maggior parte appartenenti a quella categoria di consumatori indicata con il termine di young adult. Lettori famelici di narrativa popolare, fantasy, gotica, fantascientifica e horror, di serie televisive e saghe di ampio respiro, fumetti e anime (abbreviazione di animēshon, animazione) giapponesi, videogame dalle trame complesse come romanzi. «Ma gli scrittori di Fan Fiction non lo fanno per soldi», continua Grossman, «non è per questo che scrivono. Devono soddisfare un loro bisogno: sono fan, ma non stanno in silenzio. Sono consumatori compulsivi di media: la cultura parla loro e loro parlano alla cultura, attraverso il loro linguaggio».

Di questo fortissimo desiderio di partecipazione culturale parla anche Simone Regazzoni, giovane filosofo attento ai fenomeni della narrazione contemporanea, autore di libri come Pornosofia – filosofia del pop porno, La filosofia di Lost (entrambi Ponte alle Grazie) e Harry Potter e la filosofia (Il Melangolo). «Prima ancora di essere una produzione, la Fan Fiction è una forma di fruizione. Una fruizione partecipata che si contamina con il linguaggio e con la cultura di chi legge l’opera. Ci troviamo di fronte ad una nuova forma di letteratura di massa che, nel momento di ricevere l’opera, scardina la passività tipica dell’audience televisiva a favore di un’interpretazione attiva, che si forma quasi contemporaneamente alla lettura».

La nascita di una letteratura che prende spunto da opere già codificate non è certo una novità dell’era di Internet. Come giudicare altrimenti il capolavoro della letteratura latina, l’Eneide, forse il più celebre e compiuto “spin-off dell’Odissea”, nato anche dall’amore e dalla competizione che Virgilio nutriva nei confronti di Omero? E scorrendo i secoli, come non accorgersi che il Medioevo diede vita ad una delle più floride fucine di “produzione letteraria non autorizzata” a partire da personaggi e situazioni precedenti? I poemi epici cavallereschi, declamati sulle piazze e lungo le vie di pellegrinaggio, costituiscono un corpus di avventure che attraversa i secoli. E partendo dalla battaglia di Roncisvalle del 778 d.C – quella in cui si narra della morte del paladino Orlando – giunge fino a Matteo Maria Boiardo e Ludovico Ariosto, anche loro appassionati cantori degli «amor, le cortesie» e «l’audaci imprese» di eroi che non furono certo inventati da loro.

«Ciò che differenzia la Fan Fiction contemporanea da quello che furono i grandi cicli del passato è però l’idea di auctoritas, cioè quella dell’autorialità», spiega Simone Regazzoni. «In passato, chiunque volesse riscrivere o ampliare una storia esistente doveva riconoscere l’autorialità di chi lo precedeva e a sua volta costruire il proprio status di autore». Oggi al contrario la produzione narrativa dei fan è si colloca su di un orizzonte di quasi-autorialità. Una dimensione culturale in cui il concetto di autore è messo in crisi due volte: «Non solo non viene riconosciuta la proprietà intellettuale di chi detiene i diritti di un’opera – continua Regazzoni – ma la stesso concetto di autore è negato da chi si diverte a riscrivere un’opera».

«Se firmassi ciò che scrivo con nome e cognome non sarebbe soltanto strano, molti lo considererebbero presuntuoso», svela Daniela Barisone, conosciuta on-line come Queenseptienna, redattrice del sito Scrittevolmente e da oltre 10 anni immersa nel mondo delle Fan Fiction italiana, di cui conosce ogni segreto. «In questo universo ciò che conta è la qualità dell’opera proposta o riproposta. L’autore è un aspetto secondario, il più delle volte celato da un nick-name che non ha nessuna intenzione di abbandonare, anche quando raggiunge una certa fama».

E Daniela cita come esempio la storia di Virginia de Winter, autrice di Black Friars, fortunata trilogia “vampirica” che Fazi ha cominciato a pubblicare a partire dal 2010. Nessuno conosce chi si nasconda sotto il nome de plume della Winter, ma tutti riconoscono in lei la fan writer che dal 2004 cominciò a pubblicare su EFP, il più importante sito di Fan Fiction in Italia, nuove avventure per Draco e Hermione, personaggi secondari della saga di Harry Potter. Allora si faceva chiamare Savannah ed era seguita da lettori adoranti. Fino a quando una scout della Fazi non le propose il grande salto: una pubblicazione originale.

«Per alcuni la Fan Fiction è solo un modo di sfogarsi, di rimettere in scena i propri personaggi preferiti facendo vivere loro avventure impossibili, spesso a sfondo romantico o sensuale, a volte gettando il proprio ego all’interno della storia stessa», continua Daniela Barisone. «Per altri invece è una sfida contro la parola “fine”, una gara di bravura contro l’autore». In questi casi la Fan Fiction diventa una palestra letteraria in cui la fedeltà all’originale è il presupposto per creare storie credibili e apprezzate. «Anche per questo esistono i beta reader: gli editor dei fanwriter», racconta ancora Daniela. Queste sono le figure più misteriose della narrativa scritta dai fan: esseri innominati a metà strada fra censori e ispettori della qualità. Si preoccupano di leggere gran parte delle Fan Fiction che vengono prodotte e inserite nei siti che le raccolgono. E aiutano l’autore lungo tutto il “lavoro editoriale”. «Correggono le bozze, valutano il rispetto con la storia di partenza e aiutano il fan writer a mantenere una coerenza narrativa», suggerisce Daniela. Quest’ultimo è un aspetto fondamentale. La Fan Fiction è sempre un’opera in fieri, che si aggiorna di volta in volta come le pagine di un blog. Il fan writer non pubblica il suo lavoro tutto d’un fiato, ma lo spezzo in centinaia, migliaia di puntate, come fossero le pagine di un grande romanzo d’appendice.

«I fanwriter sono i veri eredi del feuilleton ottocentesco», spiega ancora Simone Regazzoni. «A loro interessa continuare il consumo di storie, non inventarne di nuove». In questo senso, conclude il filosofo, si distaccano dal passato diventando gli ultimi decostruzionisti del contemporaneo, figli di quella corrente di pensiero che con Jacques Derrida gridò alla “morte dell’autore”: «Le storie della Fan Fiction, in ultima analisi, intaccano l’intenzionalità dell’autore, minano cioè le basi stesse di quello che oggi è l’idea di copyright, inserendosi perfettamente in quel processo di democratizzazione estrema che è la Rete». E azzarda: «In futuro assisteremo ad una svolta ancora più radicale: un mondo in cui le narrazioni cambieranno in tempo reale. Canovacci di opere a cui la collettività parteciperà scrivendone lo sviluppo e definendone di minuto in minuto, forse di secondo in secondo, la direzione e il senso».