Per come viene raccontata, sembra un miracolo a Milano. E la Cascina Cuccagna, se è un miracolo, è un miracolo strano. Per più ragioni. Racchiusa tra tre mura e un cancelletto (verde), nel pieno centro di Milano, si trova in Porta Romana, lungo Corso Lodi, giusto in fondo a via Muratori. È una cascina antica del 1600, all’epoca in aperta campagna e ora circondata da palazzi e condominii. Adesso, nel nuovo mondo, la cascina è tornata a vivere e ricreare quello che, sul sito, è definito il «ponte tra cultura contadina e città».
Forse, detta così, suona un poco retorica. Ma la sensazione, vera, è quella dell’oasi in città. Chi entra nella Cascina trova un’area per i bambini, tanto verde, alberi, una piccola vigna e, accanto, un orto con spaventapasseri e frumento. L’edificio ha due corti, e dentro c’è un caffè, un ristorante e anche una bottega di prodotti alimentari. In giro, bambini che giocano, accompagnati da genitori che leggono libri, oppure, all’ombra, lavorano «perché qui abbiamo anche il wi-fi», spiega Marta, che lavora nel Consorzio Cascina Cuccagna. Insomma, questo della Cascina Cuccagna è un progetto di riqualificazione urbana ma, soprattutto, uno spazio di aggregazione sociale. Per fare tante cose, laboratori, idee. Oppure niente: «È anche un modo per mettere in pratica il bello del “perdere tempo”, cioè dello stare in un posto e godersi la natura». Sembra vero: tutt’intorno, c’è anche chi chiacchiera in tranquillità, e intanto si beve una birra, o una limonata.
Ma come è cominciato? «Era il 1998», spiega a Linkiesta Sergio Bonriposi, uno dei fondatori e presidente consiglio direttivo del Consorzio Cantiere Cuccagna «no, il fondatore», precisa. «Eravamo stanchi della dimensione asociale della vita cittadina, priva di scambi e di relazioni. Allora, insieme a un gruppo di amici, abbiamo pensato a uno spazio per incontrarsi, che fosse di ampio respiro». L’idea della Cascina Cuccagna è venuta dopo: «Come luogo, era anche più grande di quanto ci servisse», spiega. Ma, al tempo stesso, era un simbolo: «Far rifiorire un edificio bello e degradato come la Cuccagna era un segnale importante, per noi che volevamo far rifiorire un universo di relazioni». Come metafora, prende parte il progetto, articolato in tre tronconi: «ambiente-alimentare; cultura-territorio; coesione-integrazione». Tante belle cose, tutte da fare.
Passano sette anni. Poi, nel 2005, arriva il bando del Comune,e partecipano. «Ma era un bando fatto male: non guardava né a scopo né a qualità dei progetti. Il tempo della concessione era breve, per un progetto serio (vent’anni) e chiedevano un affitto». Per il resto, era ammesso solo l’uso no-profit e il vincitore si doveva impegnare a un restauro conservativo, «come abbiamo fatto». Come sindaco c’era Albertini, e non si era ancora in odore di Expo.
Per soli quattro punti, il progetto Cascina Cuccagna vince. «Abbiamo battuto la Quadro Curzio Spa, che voleva costruire delle terme». E raccontano che anche Dolce e Gabbana l’avessero adocchiato la Cascina, «per uno show-room. Ma poi, non potendo fare cambiamenti alla struttura – c’è la tutela della Sovrintendenza – hanno lasciato perdere». Il progetto comincia, e anche la caccia di fondi. Arrivano i soldi del bando della Cariplo, insieme a prestiti di altre banche, come Bpm. E poi ci sono donazioni di privati, «minimo 250 euro a testa», e i proventi dagli eventi che ospitano. Shooting, mostre, ma anche altro. Insieme ai restauri, ferve l’attività: laboratori per bambini, corsi di teatro, presentazioni di libri, incontri. Un luogo per aggregarsi, nel quartiere la voce si diffonde, si presentano persone, danno una mano, si conoscono. L’entusiasmo cresce, e ognuno ci mette il suo. Un miracolo, a Milano. La cooperativa, intanto, diventa consorzio: Consorzio del Cantiere Cascina Cuccagna.
Il green è nell’orto giardino. «Per insegnare ai bambini, ma anche agli adulti». Poi arriva l’associazione Baramapà (bambini, ragazzi, madri, padri), che organizza attività e incontri per i bambini e le famiglie. E poi arrivano in tanti. Se Esterni c’era da subito, altre si aggiungono, come la Coldiretti, e altre attività che, con un un mercato a chilometro zero, vende prodotti a buon mercato. I vicini sono molto contenti. Ma qualcosa cambia.
«No, il mercatino non c’è più», spiega una signora, intenta al lavoro. Almeno da aprile. La figlia, intanto, partecipa alla liberazione delle coccinelle, per salutare l’estate. «Adesso c’è solo la bottega agricola», della Compagnia Amica. Sempre della Coldiretti, anche se a forma di società autonoma. E il mercato? «Non si fa più. Non c’è più nessuno». In realtà i Due Camini, che vendono dolci e torte, ci sono ancora. Ma il miele a chilometro zero? C’era Andreazza, apicultore alle porte di Milano, ma non viene più, e non è contento, come spiega a Linkiesta. «Hanno deciso di cambiare. La Coldiretti ha aperto la sua bottega, paga un affitto consistente, e i nostri prodotti non li vogliono più». Altro che chilometro zero: «Il miele che vendono lì adesso viene da Bologna», dice.
Anche la clientela non è più a chilometro zero. Come spiega la signora, mentre accompagna la bimba con la coccinella, «Gli abitanti di zona non vengono più». I prodotti della bottega hanno prezzi più elevati e i compratori sono diversi, e la gente va altrove. «Gli altri, quelli che li comprano, sono persone diverse», spiega l’apicultore. Le stesse lamentele sono state espresse anche per il ristorante. Insomma, qualcosa sta cambiando. Una tendenza all’élite? È presto per dirlo, ma il problema, intanto, è sentito. In ogni caso, la Cascina Cuccagna, con i suoi progetti e le sue attività, deve sostenersi. Il ristorante, aperto dallo scorso aprile, paga un buon affitto. E così la bottega.
«Il progetto continua», spiega a Linkiesta il presidente del consorzio, Andrea Di Stefano: «faremo una bocciofila, per gli anziani. Un bar sociale. E poi un’area anche sul tetto. E, se si riesce, anche un ostello». Oltre a tutte le attività annesse e connesse. «Favoriremo gli incontri, le esperienze di integrazione tra le persone». E sul mercato, «lo faremo tornare». Ma non come prima: «Sarà un mercato del Consorzio», cioè «gestito da noi, con altri soggetti, come Slow Food». Ma funzionerà?
Come ogni cosa, anche il cantiere della Cuccagna ha le sue difficoltà. Non può accontentare tutti, ma nemmeno può permettersi di accontentare pochi. Ha direzioni da seguire, che restano, o vorrebbero restare, sempre le stesse. Coesione, integrazione, amore per la natura, che sono più o meno i fondamenti del progetto. Ci riusciranno? Per ora, hanno fatto tanto, vanno avanti e hanno tempo per altri tredici anni. E, tutto sommato c’è un miracolo. Tra le tre mura che racchiudono la cascina, nel verde e nell’atmosfera tranquilla in cui i bambini giocano e le coccinelle vengono liberate, non sembra nemmeno di essere a Milano. Nel pieno centro, tra Porta Romana vicino a corso Lodi. Giusto in fondo a via Muratori.