Tutti ne parlano. Molti se ne lamentano. Ma pochi sanno perché il caldo torrido che in questi giorni ci fa sudare così tanto si chiami Caronte, come il traghettatore infernale. Ad assegnare questo nome all’anticiclone africano che accompagnerà il nostro week end con punte di 40 gradi è stato il sito ilmeteo.it. Non senza lasciarsi dietro una coda di polemiche nel mondo scientifico italiano, visto che fino a questo momento a dare i nomi alle ondate di afa e di pioggia in Europa era sempre stato l’istituto di meteorologia dell’Università di Berlino. Un nome orecchiabile e di facile presa per tv e giornali, quello di Caronte. Così come era stato per Lucy, Scipione e Hannibal: tutte creazioni del sito più cliccato dagli italiani per sapere che tempo farà. Ma come funziona la denominazione?
«Dare i nomi alle figure bariche (le variazioni della pressione atmosferica, ndr)», spiega Antonio Sanò, fondatore de ilmeteo.it, «è una tradizione dei Paesi anglosassoni che risale agli anni Cinquanta». In Europa, continua, «ognuno può inventarsi l’appellativo che vuole. Non esiste un centro ufficiale, a parte l’istituto meteorologico dell’Università di Berlino, che dal 2002 mette in vendita i nomi, secondo un meccanismo di “adozione”». Così, approfittando dell’assenza di regole in materia, ilmeteo.it per primo trasformò il nome Lucia, adottato dal centro tedesco per identificare il mini-ciclone che ha colpito l’Italia a metà aprile, nel più esotico Lucy. «Da qui», racconta Sanò, «è nata l’idea di chiedere ai nostri lettori, tramite il forum e la pagina di Facebook, quale nome volessero assegnare alle pressioni atmosferiche in arrivo». E i nomi scelti li conosciamo tutti. Nell’ordine: Hannibal, al posto di Ignaz, Scipione, al posto di Stefan, e infine Caronte, in sostituzione di Volker, che arriverà a toccare temperature record nella giornata di domenica. Il nome Caronte, spiega Sanò, «è legato alla figura del traghettatore dell’Ade presente nell’inferno dantesco. Caronte “dagli occhi di brace”, come il caldo che infiamma le nostre città in questi giorni, ma anche l’anticiclone che ci traghetta, appunto, nel cuore dell’estate».
Lo sforzo di fantasia de ilmeteo.it ha attirato l’attenzione della comunità scientifica italiana. Molti meteorologi hanno sostenuto che Sanò e colleghi non avessero il diritto di dare i nomi ai fenomeni meteorologici, e che solo l’Istituto di meteorologia dell’Università di Berlino potesse farlo. Per questo motivo, prosegue il fondatore de ilmeteo.it, «abbiamo contattato l’università di Berlino per capire come funzionava. Ci hanno risposto che non c’era alcun obbligo di adottare i nomi scelti da loro. E che, anzi, anche in Germania esiste un altro centro che a sua volta dà altri nomi». A differenza di quanto succede in America dove i soprannomi degli uragani sono scelti da un centro nazionale apposito, quindi, in Europa non c’è alcuna norma internazionale stabilita. Scegliere i nomi del centro tedesco, insomma, era solo una tradizione consolidata.
Stando così le cose, anche ilmeteo.it può dare origine in Italia a una nuova consuetudine. Una procedura non troppo difficile, visto che l’80 per cento degli italiani che desiderano avere notizie sulle previsioni meteorologiche finiscono su questo sito, che vanta un traffico di 30 milioni di utenti. In questo modo, una volta che il nome del ciclone viene concordato dalla community e dalla redazione, tv e giornali ricevono i comunicati stampa con l’esito del sondaggio. E tutti siamo pronti a parlare, o meglio a lamentarci, di Scipione e Caronte.
L’idea di denominare i fenomeni meteorologici nasce nel Rinascimento. Ma è dal secondo dopoguerra che il servizio meteorologico nazionale americano inizia ufficialmente a dare nomi femminili a uragani e tifoni che si abbattono sul continente. La tradizione dell’istituto di meteorologia dell’università di Berlino comincia invece negli anni Cinquanta dall’idea di una studentessa, Karla Wege. Dal 1954 in poi, in base a un range di dieci nomi in ordine alfabetico, alle basse pressioni vennero dati nomi femminili e a quelle alte nomi maschili. Cosa che creò negli anni le polemiche delle femministe, visto che al bel tempo soleggiato veniva legato il genere maschile e alle turbolenze quello femminile. Così, dalla fine degli anni Novanta, per calmare le acque è stato stabilito che la corrispondenza tra genere e fenomeno meteorologico si alternasse di anno in anno.
Dal 2002, l’istituto berlinese ha creato poi un sistema di vendita dei nomi, senza seguire più alcun ordine alfabetico. Chiunque può “adottare” un ciclone o un anticiclone, scegliendo il proprio nome preferito, purché non si tratti di un nome inesistente o del brand di una società. Il prezzo varia dai 199 ai 299 euro e con i ricavi si finanzia la ricerca scientifica dell’istituto. In dieci anni, più di 1.700 persone dall’Europa, ma anche dal Brasile, dal Giappone e dagli Stati Uniti, hanno adottato la propria nuvola preferita. I nomi, già scelti fino alla fine del 2012, sono indicati sul sito dell’istituto. Il prossimo anticiclone che colpirà l’Europa si chiama Wolfgang. Chissà quale nome imprecheremo noi, in Italia, per lamentarci dell’afa che ci fa sudare.